venerdì 24 novembre 2006

CISL LAVORO

21 Storia delle Sedi CISL di Venezia

Storia delle Sedi
della CISL di Venezia
a cura di Bruno Geromin & C.



A Venezia, ogni cosa
inizia a San Marco

Premessa
La dislocazione e la durata nel tempo delle Sedi
sindacali nel centro storico di Venezia è sempre stata
problematica, sia per il contesto sociale e politico, sia
per la trasformazione radicale che in particolare, dal
tempo della decadenza della Repubblica, ha conosciuto
il tessuto produttivo e residenziale della città di
Venezia, caratterizzato com’è noto da una lunga
incessante decadenza.
Mentre in alternativa, cresceva lo sviluppo
dell’industria di base a Marghera, fin dagli anni
immediatamente successivi alla prima guerra
mondiale, dall’agricoltura all’industria, a partire dagli
anni sessanta, nascevano numerose altre aree
industriali nel territorio della provincia: a Mira e nella
Riviera del Brenta, Santa Maria di Sala, Pianiga,
Noale, Marcon, San Donà di Piave, Chioggia,
Cavarzere, ed anche a Portogruaro e a Fossalta.

La ricerca seppur sommaria, che richiederà senz’altro
ulteriori approfondimenti, vuole coprire il grosso limite
del lavoro già realizzato a più riprese dalla CGIL
veneziana, nelle sue discutibili storie della Camera del
Lavoro, in quanto considera la nascita e lo sviluppo del
sindacalismo veneziano un fatto, ruotante, quasi
esclusivamente, intorno alla cultura socialcomunista.
J. de’ Barbari, Scuola

A ragion veduta senza alcuna velleità di scoperchiare
vecchie ferite od aprire nuove polemiche, dobbiamo
affermare, con ferma pacatezza, che tale processo fu
molto più complesso ed ignorarlo, da parte della
dirigenza della CGIL, non costituisce solo una
inaccettabile semplificazione e distorsione storica, che
rifiuta gli insegnamenti derivanti dai processi sindacali
e sociali, ma pone nuovi steccati al processo unitario.

Foto: Pianta della Zona di S. Maria del Giglio
________________________________________________________
Nell’aticolo 3 dello Statuto della CGL italiana, datato 1892 ed ampiamente riportato anche in quello della nascente Camera del Lavoro Veneziana, si affermava che nella Camera del Lavoro " NON SI POTRA’ ASSOLUTAMENTE TENERE,…ALCUNA RIUNIONE AVENTE CARATTERE POLITICO O RELIGIOSO, ESSENDO LA CAMERA DEL LAVORO AFFATTO ESTRANEA, E TALE DOVENDO RIMANERE, ALLE SUDDETTE QUESTIONI"
Questo ci fa dire che le sensibilità e la propensione per un sindacalismo, rispettoso del pluralismo politico e religioso ma nello stesso tempo autonomo dai partiti e dalle diverse fedi religiose, prima che diventare, negli anni cinquanta, una bandiera illuministica della CISL era già una preoccupazione, seppure non da tutti condivisa, dei padri fondatori della CGL delle origini,
quando il sindacato tentava di darsi una strategia che non si limitasse alla pur importante ed essenziale opera di tutela esercitata allora dalle Società di mutuo soccorso e dall’opera, da esse patrocinata, per il sostegno solidale dei più deboli, l’educazione e l’elevazione sociale del proletariato. In questo senso oggi storicamente si dovrebbero valutare gli effetti negativi sul nascente sindacalismo,
_____________________________________________________________
12. quello di Andrea Costa, di FilippoTurati, Camillo Prampolini e di Rinaldo Rigola a causa della pesante interferenza sulle strategie, sul ruolo e le politiche del sindacato dopo il Congresso di Livorno del 1921 ad opera della componente comunista e massimalista presente nel movimento operaio. Il problema, in questa sede, non è quello di disquisire se il Partito Comunista avesse ragione o torto a volere la rivoluzione

(anche se in questo senso la storia da sola, oggi, dopo un secolo di varieesperienze di regimi comunisti realizzatesi nel mondo è in grado di dire la sua), ciò che invece ci interessa è che allora e per certi aspetti, seppure in proporzioni diverse ed in un contesto socialmente evoluto, ancora oggi, non si voleva concepire o almeno rispettare uno spazio autonomo al nascente sindacalismo,
ma invece imporre il suo totale asservimento alle direttive assunte in altra sede, da un partito o da movimenti, che comunque si proponevano il sovvertimento dell’ordine sociale e politico costituito. Contemporaneamente, quando si parla di ruolo delle masse cattoliche o se ne illustrano le gesta anche con fotografie o parodie deformanti, ci si sofferma a considerare, da parte di cosiddetti storici organici
Foto: 1893: La 1^ Sede della Camera del Lavoro di Venezia.
come Cesco Chinello, i lavoratori cattolici come gente senza materia cerebrale al servizio del parroco o massa di manovra di volta in volta del governo al potere o succubi del padrone della fabbrica, che invece di partecipare alle lotte partecipavano solo ai pellegrinaggi mariani, volutamente, oscurando innumerevoli figure di cristiani che sul campo della solidarietà, della fratellanza, della giustizia,


hanno fatto lotte e subìto condanne non certo inferiori a quelle dei ben più blasonati rivoluzionari marxisti. A ciò si deve aggiungere nello specifico:
l’opera dei congressi stimolata da Romolo Murri che ha costituito l’avvio di un’elaborazione teorica di grande significato sociale e politico per la partecipazione dei cattolici alla vita sociale e politica;
l’azione dei cattolici come Giuseppe Toniolo favorevoli alla nascita
18. delle organizzazioni sindacali e ad uno sviluppo economico dociale che è stato il motore della diffusione di un impegno civile di tanti cattolici. Inoltre, vanno considerate le prime iniziative sindacali all’inizio del secolo, confluite nella CIL e le sue leghe bianche (soprattutto in agricoltura: tabacchine, mondariso e mezzadri e nel settore tessile: lavorazione della lana, del cotone e della bacchicoltura per la produzione della seta).

19. La storia poi ci dirà che quella "rigorosa"distinzione tra lotta sindacale ed iniziativa politica e tra sindacato ed appartenenza religiosa, sarà presto al centro del dibattito sindacale dei primi cinquant’anni del novecento e costituirà dopo grandi tensioni, interne ed internazionali (l’avvento del leninismo e dello stalinismo in Russia, il fascismo di Mussolini e il nazismo di Hitler in Germania),
______________________________________________________________

20. a cavallo di due terribili conflitti mondiali, la principale causa della rottura del patto di unità raggiunto con il protocollo di Roma del 3 giugno 1944, sottoscritto da Giuseppe di Vittorio, Achille Grandi e Emilio Carnevari all’indomani della caduta del fascismo in Italia, alla liberazione dell’occupazione tedesca e all’istituzione della Repubblica Italiana sulla base di una nuova carta Costituzionale.
_______________________________________________________________________________
Non possiamo sottacere il fatto che la ragione della scissione sindacale del ’48 aveva la sue radici su un atto di nascita, il patto di Roma, che fu un editto octroiè dai partiti stessi che nello stesso tempo ne limitava il suo sviluppo all’andamento dei rapporti tra i partiti costituenti il patto. Ma su tutta questa vicenda ritorneremo più avanti.
__________________________________________________________________________

22. La prima Camera del Lavoro

Affermano gli storici, così come effettivamente fu documentato dai giornali e dagli studiosi della materia che la prima Camera del Lavoro di Venezia è stata costituita il 26 novembre 1892 presso la parrocchia di Santa Maria del Giglio, già sede della Società Generale Operaia.

______________________________________________________________

23. Com’è noto, le Camere del Lavoro in Italia sono nate sulla falsariga delle Bourses du Travail francesi. Sbordone, si sofferma in modo del tutto gratuito ed inopportuno a dileggiare questa istituzione ed i suoi promotori perché ritenuta moderata e non ben collocata nel contesto della ineluttabile lotta di classe rivoluzionaria che avrebbe dovuto invece orientare il movimento operaio veneziano in quegli anni.
_____________________________________________________________

Il problema è che queste cose vengono scritte oggi, da uno storico per conto della CGIL che addirittura benedice l’avvenimento con una presentazione appropriata, al massimo livello di responsabilità, dimenticando che almeno formalmente, dopo tanti anni persi a fare la ruota di scorta del PCI, ha anch’essa affermato, rompendo la tradizione del passato,



Foto: Chiesa di S. Maria del Giglio
detta anche Zobenigo.

______________________________________________________________

26. l’autonomia dai partiti politici, pur con un vistoso ritardo e la incompatibilità con il mandato parlamentare ed altri incarichi di partito e solo dopo i processi di liberazione popolare dal comunismo in Ungheria e Cecoslovacchia, ha gettato nelle immondizie la sua affiliazione al sindacalismo sovietico (la FSM). Ma Sbordone sa, come ogni studioso della materia

27. Foto: J. De’ Barbari, Chiesa e Campo di Santa Margherita.
______________________________________________________________

28. che quel sindacalismo moderato e che oggi definiremmo riformista ha costituito a livello mondiale la Confederatione Internationale des Sindicats Libre, la cosiddetta CISL Internazionale (ovvero in inglese l’ICTFU), alla quale la CISL italiana aderì fin dal suo nascere ed è oggi la grande organizzazione che associa, non solo la CES europea ma anche la


stragrande maggioranza dei sindacati dei lavoratori di tutto il mondo. Se le cose stanno a questo modo, almeno un pò di rispetto !.…perbacco. Debbo dire che il tono ed il livello della ricostruzione storica della Camera del Lavoro, fatta qualche anno prima da Daniele Resini, pur registrando anch’essa qualche scivolone che richiederebbe una doverosa messa a punto,


seppure postuma, in particolare nella documentazione fotografica, è decisamente più corretta nel giudizio e nella interpretazione dei materiali storici a supporto. La novità della costituzione della Camera del Lavoro Veneziana, riportano le cronache di allora, trovò consenso non solo tra i diretti interessati allora organizzati nelle leghe di mestiere e nelle società di mutuo soccorso ma anche presso il Comune di Venezia,
_____________________________________________________________

il cui Sindaco Riccardo Selvatico e la Giunta Comunale concedono un sussidio annuo di 10.000 lire e l’utilizzo di una sala per le riunioni presso l’ex Chiesa della Misericordia. Questo sodalizio tra il Sindaco Selvatico e la nascente Camera del Lavoro finirà presto. Alla guida del Comune nel 1895 fu successivamente nominato Filippo Grimani. Il nuovo sindaco provvederà alla sospensione del sussidio ed all’assunzione di una linea di comportamento


32. contestativa rispetto al nascente associazionismo sindacale.
La Camera del Lavoro era divenuta intanto un centro d’elaborazione delle rivendicazioni dei lavoratori veneziani di cui si ricorda in particolare lo sciopero dei fornai del settembre 1897. Ma anche altre categorie si erano costituite ed iniziavano a contrattare il salario: camerieri, macchinisti, sarti, tipografi, carpentieri e calafati,
_____________________________________________________________
33. Foto: Sede della CDL a Santa Margherita.
___________________________________________________________

34. scultori in legno, doratori, muratori, scalpellini, parrucchieri e biadaiuoli.
Ma, anche a seguito dei fatti di Milano del 6-7 maggio 1898, in occasione dello sciopero contro il caro-vita e la scesa in campo del generale Bava Beccaris che farà sparare sui dimostranti, il 12 maggio anche il Prefetto di Venezia, come molti altri suoi colleghi, provvederà allo scioglimento della Camera del Lavoro e alla requisizione dei suoi beni.


Solo dopo l’avvento di Giolitti alla guida del Governo italiano, sarà possibile la ricostituzione della Camera del Lavoro di Venezia, il 12 luglio 1902, nelle sale dell’ex Teatro Ridotto a due passi da San Marco e dopo il 1905, si trasferirà in Calle Larga di S. Lorenzo a Castello e successivamente
nella chiesa sconsacrata
_______________________________________________________________________________

36. Foto: Campo della Guerra
__________________________________________________________

di Campo Santa Margherita, almeno fino al 1910. Successivamente, dal 1910 al 1914, si trasferirà ancora una volta, prima in Rio Marin, quindi in Campo della Guerra e poi in Corte Morosini nei pressi del Teatro Malibran. Ma i tempi della politica e dei rapporti tra gli stati erano in grande fermento, ormai si riscaldavano i cannoni per la prima Guerra Mondiale. Ma proprio in quei giorni si pensava alla realizzazione in proprio di una

Foto: Malcanton



39. nuova sede della Camera del Lavoro che sarà costruita direttamente dalla Compagnia dei Lavoratori Edili a Malcanton fra i quartieri di Dorsoduro e Santa Croce, in una località piuttosto periferica in cui successivamente sarà scavato Rio Novo.
Tale realizzazione è stata sostenuta con una sottoscrizione tra tutti i lavoratori veneziani. Essa però, di fatto, più che la Camera del Lavoro
______________________________________________________________

divenne la Casa del Popolo, in stretto rapporto con i partiti politici e le organizzazioni socialcomuniste.
Quel fabbricato per ironia della storia e ritornato, ad ospitare le sedi sindacali di CGIL, CISL e UIL del centro storico veneziano, guarda caso proprio su iniziativa della CISL Veneziana, nel corso degli anni ’70. Ma anche qui non sarà più la Camera del Lavoro, ma un tentativo di unità d’azione e di condominio
______________________________________________________________
41. Foto: Sedi CGIL, CISL, UIL Venezia, Malcanton – Rio Novo


42. delle tre centrali sindacali come fatto parallelamente nello stesso periodo per la sede di Mestre sul Cavalcavia.
Ma il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra e tale fatto prese il sopravvento su ogni attività sociale anche se quel periodo richiederebbe un discorso a sé, ma non è questo l’aspetto principale di questa breve ricostruzione storica


43. delle sedi sindacali a Venezia.
Dopo il 1918 la vita riprende con i problemi di prima con l’aggiunta di due ismi: quello comunista, dopo il Congresso di Livorno e la presa di potere di Lenin in Russia e quello fascista che com’è noto sfociò nel ’22 con la marcia su Roma e il mandato del Re al governo Mussolini. Seguirono scontri e devastazioni delle sedi sindacali da parte delle squadraccie fasciste
__________________________________________________________

44. e non possiamo dimenticare noi veneti l’eccidio di Giacomo Matteotti.
Qualche anno dopo, nel ‘1926, con il patto di Palazzo Vidoni fu proibito lo sciopero ed il libero esercizio delle attività sindacali con la riedizione delle corporazioni ed il controllo del governo fascista sui sindacati.
Con la caduta del fascismo nel Gran Consiglio del 28 luglio del ‘43

45. la successiva firma dell’Armistizio con gli alleati l’8 settembre ‘43, l’istituzione della cosiddetta repubblica di Salò, a nord della linea gotica, la grande partecipazione popolare alla Resistenza e la cacciata degli occupanti nazifascisti anche con il rilevante contributo delle forze militari alleate, l’Italia volta pagina

e dopo il patto di unità sindacale sottoscritto a Roma, già liberata nel ’44, dalle tre maggiori forze politiche democratiche antifasciste (comunisti, democristiani, socialisti), riprende la ricostituzione della CGIL unitaria, prima nell’Italia liberata e successivamente, dalla primavera del ’45, in tutto il territorio nazionale.




Anche a Venezia il 23 aprile 1945, su delibera del CLN locale, viene ricostituita la Camera del Lavoro aderente alla CGIL nazionale rappresentata nella sua Segreteria unica da Brustolon Arturo in rappresentanza del Partito Comunista, da Nerino Cavallari in rappresentanza del Partito Democratico Cristiano e da Ermanno Giumoni (o Giummoni), in rappresentanza del Partito Socialista.



Foto: Comunicato del CLN di Venezia
____________________________________________________________

Accanto ai fratelli Cavallari, Nerino ed Ercole (componente della segreteria il primo e della Commissione Esecutiva il secondo), figura spesso, fin dai primi anni dopo la liberazione il nome dell’avv. Umberto Chiozzotto che partecipa alla stesura e sottoscrizione dei primi accordi salariali e che ritroveremo più tardi tra i massimi dirigenti della nascente CISL Veneziana.


50. Foto: Nerino Cavallari 1^ Segretario della CISL Veneziana

51. Il 27 aprile del ‘45 fu proclamato con il 1^ Decreto del CLN di Venezia l’assunzione di tutti i poteri di governo locale e dichiarata anche a Venezia "l’insurrezione nazionale", ordinando a tutti i lavoratori, di ogni categoria, lo sciopero generale insurrezionale con termine alla mezzanotte del 2 maggio. A Venezia per dare una sede alla Camera del Lavoro si requisiscono
______________________________________________________________

52. i palazzi che già hanno ospitato le strutture del fascismo, prima Palazzo Sagredo a S. Sofia (già sede dei sindacati fascisti), poi dal ‘45 al ’54 a Palazzo Michiel delle Colonne ai SS. Apostoli (già Sede del Fascio veneziano) e rinominata Ca’ Matteotti, fino allo sgombero governativo, firmato dal Ministro degli interni Mario Scelba,
______________________________________________________________________________

53. Foto: Ca’ Matteotti 1945/54, già sede del Fascio (occupata).
__________________________________________________________

nell’Ottobre del ’54, ne imporrà la restituzione. La Camera del Lavoro approderà il 6 marzo 1955 a Palazzo Querini Papozze in Canal Grande, a S. Leonardo, insieme alle federazioni dei Partiti Comunista e Socialista.
Ma non si potrà più dire che questa è ancora figlia della Camera del Lavoro originaria, pensiamo a quel famoso articolo 3 dello Statuto
______________________________________________________________
Foto: Sede CGIL, PCI, PSI – Venezia S. Leonardo

sulla divisione dei ruoli tra sindacato, partito e religione. La nuova sede sarà un condominio tra le sedi del PCI e del PSI, sede della Camera del Lavoro e sede di alcune categorie. La presa d’atto di un modo diverso di intendere il ruolo e la strategia del sindacalismo in una società democratica, non era ancora un frutto maturo, ma non tanti anni dopo, i germi della guerra fredda



e la subordinazione agli ismi andranno al macero e rinascerà la speranza per un sindacato libero ed autonomo, fulcro e motore della società democratica. Il 18 Luglio 1948, dopo l’attentato a Togliatti e la continua finalizzazione dell’azione del sindacato ad obiettivi connessi esclusivamente alla strategia del PCI, la corrente cristiana ritira i propri rappresentanti dalla CGIL.


La situazione era molto difficile, perché se da un lato c’era stato l’accordo di Yalta sulla divisione delle sfere di competenza dei due blocchi politici e militari fra le potenze militari Alleate e l’Unione Sovietica, è altrettanto vero che c’era un tentativo non sempre condiviso dallo stesso Togliatti, di far saltare tale accordo per creare una situazione insurrezionale che avrebbe portato l’Italia sotto il controllo dell’Unione Sovietica.


Con tutta tranquillità, ad oltre mezzo secolo da quegli eventi possiamo dire che la scelta delle ACLI e di Pastore furono giuste e provvidenziali. Ma il grande intuito di quei momenti non fu tanto la scissione quanto la decisione di dar vita ad un Sindacato Nuovo, autonomo dai partiti e dai governi, che non fosse a priori antagonista verso la giovane repubblica italiana,
______________________________________________________________

Foto: Giulio Pastore, fondatore della CISL.


ma anzi doveva impegnarsi attraverso un marcato sviluppo, alla trasformazione economica del Paese, a stimolare scelte adeguate per aumentare l’occupazione e migliorare il tenore di vita delle famiglie.
Nel ’49 , dopo la scissione della CGIL, venne costituita la LCGIL che riorganizzò le forze dissenzienti dal condizionamento comunista sul sindacato
_____________________________________________________________

62. e l’anno successivo i cattolici insieme ad altre forze democratiche e di ispirazione laica e socialista diedero vita alla CISL. Poi altri gruppi socialdemocratici e repubblicani diedero vita alla UIL.


63. Le Sedi della Unione Sindacale Provinciale CISL
nel territorio veneziano


Bisogna, innanzitutto, contestualizzare la questione delle Sedi della CISL con la situazione generale che si andava determinando in Italia e nel nostro territorio in particolare.
___________________________________________________________


64. La scissione e la creazione del Sindacato Nuovo, fu una sfida colossale. Bisognava creare una rete per tutti coloro che non condividevano l’orientamento assunto dalla CGIL, bisognava costruire una nuova classe dirigente, bisognava dare corpo e coerenza a quelle scelte di autonomia e di iniziativa in grado di competere con la CGIL


65. sia sul terreno dei luoghi di lavoro, sia nei rapporti con le istituzioni.

Quindi, cacciati dalle sedi della CGIL, spesso giustamente requisite dal CLN alle organizzazioni fasciste, ai lavoratori che si richiamavano alla LCGIL, detti anche "sindacati liberi" non restava che andarsi a cercare un tetto per organizzare i primi passi.


66. Il lavoro di Cavallari fu enorme ed anche se non tutta la sua azione fu perfettamente in linea con il sindacato nuovo di Pastore e di Romani, resta ancora incompiuto un adeguato segno di riconoscimento postumo per la sua opera di proselitismo e di difesa dei lavoratori, durante la Resistenza, nel corso della breve esperienza nella CGIL unitaria,


67. nei due anni della LCGIL e poi per oltre un quindicennio, come segretario Generale della CISL veneziana. Fu in larga parte grazie al suo lavoro che la Cisl sarebbe divenuta una protagonista di primo livello del sindacalismo veneziano.
Fu così che Nerino Cavallari, già membro del CLN, ottenne provvisoriamente a Marghera in Via Rizzardi, dei modesti locali a suo tempo requisiti

__________________________________________________________

68. ad un medico fascista, il dott. Nao, giustiziato dal CLN. Detta sede fu inaugurata il 15.05.1949. Da quel centro operativo, Cavallari iniziò a costruire l’organizzazione ed intanto anche a rapportarsi con quanto stava maturando in tutto il Paese.
Anche nel centro storico di Venezia fu aperta provvisoriamente una modesta sede in Riva del Vin fin dal 1949. In queste sedi
____________________________________________________________

69. si costituirono le prime organizzazioni di categoria:

L’11 Luglio ‘49 fu aperto il 1^ Congresso dei liberi metalmeccanici nella sede di Marghera, nel quale venne proclamata l’elezione a segretario di Nerino Cavallari;
Il 22 Agosto ‘49 si tenne il 1^ Congresso dei chimici, e fu eletto a segretario Giuseppe Grandi ;


70. Foto: Venezia Riva del Vin a Rialto.


71. Il 20 Settembre ‘49 a Murano, si celebra il 1 ^ Congresso dei vetrai, abrasivi, ceramica, e venne eletto segretario Mario Canal;

Seguono molti altri congressi di categoria di cui non abbiamo la documentazione ufficiale (pubblico impiego, enti locali, poste, manifattura tabacchi ecc.).

Nell’Ottobre 1949 ha luogo infine a conclusione dei congressi di categoria il 1^ Congresso Provinciale della Unione dei Liberi Sindacati di Venezia


72. che elegge a suo Segretario Provinciale Nerino Cavallari, compongono la segreteria Giuseppe Negrini, Mario Scarpa e Angelo Tasca . Il Congresso si era svolto nella sede di Riva del Vin.
Il 30 Aprile 1950, al Teatro Adriano in Roma, l’Assemblea generale delle organizzazioni aderenti alla LCGIL, alla FIL e alla Ufail (sindacati autonomi), approvano un Patto di Unificazione e provvedono a sciogliere le loro stesse strutture.


73. Il giorno seguente, 1^ Maggio 1950, Giulio Pastore in un’Assemblea Pubblica proclama la costituzione della CISL. Le idee incominciano a prendere forma, la CISL non sarà il sindacato cattolico, né il sindacato democristiano, ne un sindacato giallo al servizio dei padroni.

Il disegno è ambizioso, costruire un Sindacato Nuovo come non era mai stato in Italia,

74. un sindacato senza tutori, con una sua propria classe dirigente che deve servire l’interesse dei lavoratori, una politica economica in grado di far progredire il Paese e con esso l’intera classe lavoratrice. Ci si propone un anno di lavoro per poi arrivare nel 1951 al 1^ Congresso della CISL.

Al 30 giugno 1950 la Sede CISL di Venezia era ancora in Riva del Vin ;


75. E’ così che nella Provincia di Venezia nei mesi di settembre e Ottobre del ’51 si avviano le procedure congressuali, con i congressi di zonali ed i congressi di categoria:

Congresso della CISL zonale del Miranese;

Congresso della CISL zonale Sandonatese nella Sede di Via Bonifica ;

_____________________________________________________________

76. - Congresso della CISL zonale del Portogruarese nella sede CISL di Via Rastrello;

Congresso della CISL zonale di Chioggia in Vicolo S. Andrea;

Congresso della CISL zonale di Cavarzere

Congresso della CISL zonale di Noale e Scorzé in Piazza Mercato a Noale.



77. Contemporaneamente si celebrano i Congressi di categoria.
Finalmente il 1° Novembre 1951, a Ca’ Giustinian, si proclama l’apertura del 1^ Congresso della CISL Veneziana in cui vengono eletti: Nerino Cavallari, segretario generale, Giuseppe Negrini, Umberto Chiozzotto (?) e Angelo Tasca, componenti della Segreteria.

______________________________________________________________

78. Prendendo atto dell’importante impegno organizzativo espresso dalle strutture della CISL veneziana, la Confederazione si impegna a dare alla stessa una sede dignitosa in cui in tutti i luoghi di lavoro ed in tutti i mandamenti del territorio sia possibile dirigere il coordinamento dell’indirizzo politico dell’organizzazione.
______________________________________________________________
Il 18 Luglio 52 avviene alla presenza dei dirigenti nazionali l’inaugurazione della nuova Sede CISL Veneziana di proprietà dell’Immobiliare Unitas-Cisl di Roma, in un edificio in Ramo Callegheri a S. Maurizio. Nel 1953 si inaugura la prima sede CISL a Marghera (naturalmente utilizzata soprattutto dalle categorie dell’industria), in Via della Pila, 2, letteralmente sotto il vecchio cavalcavia di Marghera-Mestre una sede molto modesta e senza riscaldamento.


80. Foto: Pianta della zona di S. Maurizio.
______________________________________________________________

81. Foto: Sede CISL in Ramo Callegheri a S. Maurizio


82. Foto: Prima sede CISL in Via della Pila a Marghera.


83. 17 Aprile 1955 - 2^ Congresso della CISL Veneziana, viene riconfermato alla Segreteria Generale Nerino Cavallari.
Anno 1959 - 3^ Congresso della CISL Veneziana, viene confermato alla Segreteria Generale Nerino Cavallari;
5-6 Maggio 1962 - 4^ Congresso della CISL Veneziana, viene confermato alla Segreteria Generale Nerino Cavallari.


84. 11 Aprile 1965 – Sala delle Colonne della Biblioteca Marciana, 5^ Congresso della CISL Veneziana, viene confermato alla Segreteria Generale Nerino Cavallari (da qualche tempo una parte della CISL, in particolare il settore industriale, avanza le sue riserve nei confronti di Cavallari sul problema dell’incompatibilità tra dirigenza della CISL e mandato parlamentare (Vedovato, Storia della CISL di Venezia, 1 volume).


85. 1967 – La sede della CISL, settore industria ( si trasferisce in locali più idonei presi in affitto dall’INAIL – Casa Rossa- in Via Rizzardi, 1 a Marghera); Sono presenti i rispettivi segretari di categoria e del patronato Sergio Bicego per la FIM, Alfredo Fabbris per la FEDERCHIMICI, Cescato per la FILCA, Silvio Pettenò per i PETROLIERI e Antonino Galletta Direttore dell’INAS. La sede era dotata di un’automobile (una FIAT seicento verde).

______________________________________________________________

86. Foto: Sede CISL di Marghera, Via Rizzardi 1


87. 23 Aprile ’68, Gian Piero d’Errico subentra ad Alfredo Fabbris nella Segreteria della Federchimici di Venezia. (Vedovato, Storia della CISL di Venezia, Volume 1).
11 Giugno 69 – 6^ Congresso della CISL di Venezia, Bicego subentra a Cavallari nella Segreteria Generale della CISL di Venezia, entrano in Segreteria Bruno Agnolin, Umberto Chiozzotto, Luigi Piasentini e Luciano Scarpa.


88. Alla guida della FIM lo sostituisce Bruno Geromin, già dirigente sindacale a Torino.
1969- Su iniziativa di Bicego, la sede CISL del Settore industria di Marghera viene trasferita in locali più capienti in Via Fratelli Bandiera, in cui è tra l’altro, era disponibile un grande salone per le riunioni ed un’ampio parcheggio per moto e bici.


89. Foto: Sergio Bicego parla in Piazza Ferretto, di spalle Geromin


90. Diverrà anche formalmente la Sede provinciale, mentre la Sede di Venezia viene declassata a Sede del centro-storico con particolare riferimento ai lavoratori del Pubblico impiego (Comunali, Poste, Statali, INAM, INPS), Marittimi, ACNIL, Portuali , Vetrai, Casinò e Spettacolo (Fenice).

91. Foto: 1969 – 1975 Sede CISL Venezia in Via Fratelli Bandiera
______________________________________________________________

92. Dopo il congresso della CISL veneziana del ’73 la Segreteria di Bicego entra in crisi e dopo un breve periodo commissariale viene eletto Segretario Generale Bruno Geromin. La presenza di Bicego alla direzione della CISL veneziana è stata breve ma intensa. Con lui la CISL ha migliorato la sua autonomia


93. Foto: 1969 – Manifestazione sindacale a Mestre
______________________________________________________________

94. ed adottato una rigorosa incompatibilità tra incarichi sindacali e di partito. Contemporaneamente ha favorito un vero dibattito democratico sulla linea da assumere sulle grandi questioni territoriali ed avviato un processo di formazione, rinnovamento e qualificazione della dirigenza in tutte le più importanti strutture e servizi.

______________________________________________________________

95. Foto: Comizio a Portomarghera.


96. Si rafforza
la spinta verso l’Unità sindacale
e con essa la proposta di una sede unitaria

______________________________________________________________

Foto: Flavio Grubissa con i lavoratori della SAVA.
____________________________________________________________

98. 1975, il Consiglio Generale della CISL di Venezia, convocato per i giorni 5-7 Settembre ha all’ordine del giorno, tra i vari argomenti, la realizzazione della nuova sede unitaria sul Cavalcavia, acquistando un fabbricato già utilizzato in parte per la produzione e lo stoccaggio di bevande, di proprietà della famiglia Pagnacco.


99. Foto: Ghisini, Geromin e Covolo.

______________________________________________________________

100. Il Progetto prevedeva il trasferimento in quei locali delle tre centrali sindacali CGIL, CISL, UIL e le rispettive strutture categoriali.

Le ragioni di questo ennesimo spostamento delle Sedi sindacali, della CGIL, della CISL e della UIL corrispondevano per la CISL ad alcune considerazioni fondamentali:
______________________________________________________________

101. Foto: Mario Belluz segretario della UILM.


102. - il dibattito in corso all’interno dei luoghi di lavoro ma anche ai diversi livelli delle rispettive organizzazioni, sosteneva l’esigenza di segni tangibili verso una maggiore unità delle organizzazioni sindacali, il progetto prevedeva prudenzialmente un condominio tra le tre organizzazioni con una sostanziale autonomia delle rispettive operatività ed alcuni servizi in comune come il salone per le riunioni ed alcuni servizi per i lavoratori;


103. Foto: ….dalle Mercerie arriva il corteo in Piazza S. Marco.

- dal punto di vista logistico se è vero che la CISL con la sede a Marghera aveva colto una occasione irripetibile per diventare il luogo più accessibile ai lavoratori dell’industria ( meccanici, chimici, edili, portuali, tessili, petrolieri) per cui era ogni giorno la sede praticata per tutte le riunioni dei lavoratori e della dirigenza, mentre la CGIL aveva ancora la Sede a S. Leonardo (Cannaregio), insieme a quella della Federazione del PCI.

105. Foto: Inverno in Piazza San Marco.
______________________________________________________________

106. La CISL però aveva in negativo il fatto che le categorie presenti nel Centro Storico ed in altri locali a Mestre erano molto decentrate e quindi lamentavano il disagio di recarsi frequentemente in una località molto decentrata e poco servita dai mezzi di trasporto pubblico;


107. Nella CISL vi erano poi altre categorie, non industriali, come la scuola, il commercio e turismo, gli elettrici, gli enti locali, gli ospedalieri, il settore agricolo ed alimentare che accusavano l’Unione di eccessiva vicinanza alle problematiche di Marghera e distante dalle particolarità di altri settori.


108. Foto: La…..celere.

_____________________________________________________________

A tutte queste giustificazioni, si aggiungevano inoltre, argomentazioni di carattere pratico anche in considerazione che la maggioranza dei lavoratori dipendenti ormai al 60/70 per cento operavano non più nel Centro-storico ma in terraferma e si rendeva pertanto necessario il superamento della sede provinciale in proprietà a S. Marco (Ramo Callegheri),


110. Foto: Angelo Casson e Gilberto Bellò


111. certo prestigiosa, ma ormai poco frequentata. Puntando ad utilizzare in modo intelligente tale risorsa finanziaria per l’acquisizione di una sede centrale in un punto baricentrico e ben servito dai mezzi pubblici, naturalmente con il concorso di altre risorse finanziarie tra cui una sottoscrizione tra tutti i lavoratori. Del resto anche in sede nazionale la Federazione CGIL, CISL, UIL operava in una sede unitaria.
______________________________________________________________

112. Foto: Solidarietà con il CILE di Allende


113. Tutte queste considerazioni vanno ovviamente contestualizzate, con l’esigenza di un reale processo di unità, che emergeva dalla base e altre giustificazioni di ordine logistico. Sta di fatto che emerse un orientamento generale nel Consiglio Generale dell’Unione verso una soluzione di sede unitaria che pur mantenendo separati i ruoli di CGIL, CISL, UIL, garantisse alcuni servizi in comune, in primis, una capiente sala riunioni.


114. Foto: Manifestazione a Mestre, Flavio Grubissa.

115. Rispetto alla citata ipotesi si registrò un’inopportuna tiepidezza sia della Segreteria Regionale (Bracchi) sia di quella nazionale (Storti). Inopportuna perché anziché favorire questo disegno che avrebbe consentito alla CISL di giocare un ruolo di forza e di parità nei confronti della CGIL, si condannò la CISL veneziana ad una soluzione di compromesso che potremmo definire autolesionista o peggio, forse si temeva l’effetto domino anche in altre provincie del Veneto.


116. Foto: Manifestazione a Mestre, Paolo Forner e Dino Rasera.


117. Nel 1975, comunque, il progetto venne definito con il coinvolgimento dell’UNIPOL che garantiva l’unitarietà dell’operazione immobiliare, con promessa di vendita o di affitto, a condizioni convenute.

Per quanto riguarda la CISL, su richiesta della Segreteria dell’Unione di Venezia l’Unitas- il 12 Novembre 1975 vendette la Sede CISL nel centro-storico.



Foto: Piazza San Marco, Luciano Lama e Bruno Geromin.

119. Il ricavato doveva contribuire, insieme alla sottoscrizione, all’acquisto di una porzione della nuova Sede unitaria in Rampa Cavalcavia a Mestre, eventualmente con una parte di mutuo che l’Unitas doveva garantire. La CISL veneziana non aveva mai avanzato richiesta di proprietà esclusiva dei locali, per cui era possibile che l’acquisto e la proprietà continuassero attraverso l’Unitas.


120. Foto: Corteo a San Marco.


121. Foto: Contratto, Unità e Riforme
___________________________________________________________

122. Al momento della conclusione dell’operazione, su pressione di più parti, la CISL regionale e Nazionale non diedero il consenso dovuto, per cui il ricavato della Sede di Venezia rimase nelle casse dell’Unitas, la sottoscrizione, la quota di competenza delle CISL( il 40% del totale) restò vincolata in un c/c intestato alla CISL di Venezia presso la banca Nazionale del Lavoro e all’Unione CISL di Venezia.


123. Foto: 1970 – dentro la SAVA, Geromin e Ghisini.


124. Non restò altra strada che la gestione in affitto dei rispettivi locali.

La CISL entrò nella nuova Sede in Rampa Cavalcavia di Mestre nel luglio 1976 e venne ad inaugurarla a nome delle Segreterie Nazionali CGIL, CISL UIL Ruggero Ravenna. E’ vero che il risultato della sottoscrizione da solo non fu sufficiente ad acquistare l’immobile,


125. Foto: Comizio a Marghera, silenzio e…ascolto.

126. ma questo era ampiamente previsto, bisognava coerentemente dar corso alla completa operazione finanziaria.

Come spesso succede, le buone idee non muoiono e trent’anni dopo è stato possibile dar corso ad un progetto, nato molto prima, utilizzando anche quelle quote della sottoscrizione che molti lavoratori, trent’anni prima, avevano versato a questo fine.


Foto: Piazza Ferretto a Mestre.



128. Oggi, anche grazie ad un importante sostegno della Segreteria Confederale della CISL di Roma, tutto ciò è finalmente una realtà….peccato che si siano perduti tanti anni ed occasioni propizie per rendere, anche per questa via, più forte e più protagonista la CISL veneziana.



Foto: 17.02.1981 – Luciano Lama e Bruno Geromin
in Piazza San Marco.



130. L’acquisto e la ristrutturazione
della Sede CISL di Via Ca’ Marcello


131. Foto: La Sede CGIL – CISL ristrutturata.


132. Il primo atto ufficiale per l’acquisizione e successiva ristrutturazione della sede di Via Ca’ Marcello è stata la delibera dell’Esecutivo della CISL Veneziana del 19.11.2002, nella quale la Unione CISL di Venezia dava mandato a Unionservizi CISL Srl di procedere all’acquisto e alla ristrutturazione, sulla base di un’intesa che precedentemente era intervenuta tra CGIL, CISL e Unipol sui tempi,. modalità e valori economici di detta operazione.


133. Foto: L’immagine esterna della sede rinnovata.
______________________________________________________________

134. Ma è opportuno fare qualche passo indietro.

Il 5 Febbraio 1951 presso il notaio Chiurlotto i Signori Antonio, Mario e Luigi Pagnacco acquistavano un terreno in Via Ca Marcello, costruendo un fabbricato di uso commerciale composto di sei piani.
Il 9 luglio 1974 presso il notaio Giovanni Calvani di Mestre i Signori Luigi, Mario e Giuliana Pagnacco,


135. Foto: La Sede di Via Ca’ Marcello….tra gli alberi….


136. trasferivano alla UNIPOL Spa i piani terreno, primo e quarto del fabbricato sito in via Ca’ Marcello, 10;

Successivamente il 22 ottobre 1974 sempre presso il Notaio Giovanni Calvani in Mestre si ritrovano la famiglia Pagnacco (Antonio, Matteo e famigliari), per trasferire il resto dell’immobile di loro proprietà,


137. Foto: L’addetto al locomotore guarda sorpreso il nuovo look della Sede CGIL – CISL.

______________________________________________________________

138. cioè l’intero 5^ piano e la terrazza di copertura del fabbricato, con diritto alla sopraelevazione, salvo una servitù d’uso ai condomini, per un valore di 117.000.000 di Lire alla soc. Coldaco srl rappresentata dal sig. Luigi Covolo, segretario della CGIL veneziana. Rimanevano di proprietà della Soc. Autoricambi altri due piani dell’immobile il 2^ e 3^.


139. Foto: I meravigliosi anni….’70.


140. A questo appuntamento avrebbe dovuto partecipare anche la CISL, ovvero l’immobiliare Unitas di Roma, ma come chiarito precedentemente vennero meno gli affidamenti promessi in precedenza in sede confederale, anche attraverso la vendita della Sede di Ramo Callegheri nel Centro storico. Pertanto la presenza della CISL venne invece assicurata attraverso un contratto di affitto riguardante l’intero IV^ piano,



141. Foto: Manifestazione in Piazza San Marco.

142. mentre al Piano Terra e al Primo l’Unipol avrebbe affittato i relativi locali, dopo opportuna ristrutturazione, ad un insieme di categorie, servizi di patronato e Salone per le riunioni, nonché una porzione di uffici per la UIL. Il complesso immobiliare trasferito all’UNIPOL e alla Coldaco venne ristrutturato dall’Impresa cooperativa Cledca su progetto dell’architetto Camerino di Venezia.


143. Foto: 1^ riunione del Tavolo su Marghera

144. L’inaugurazione avvenne l’anno successivo con la presenza di Ruggero Ravenna a nome della Segreteria della Federazione CGIL, CISL, UIL nazionale.
Dopo quasi trent’anni, la questione della sede venne a riproporsi per varie ragioni, da un lato la UIL si era trasferita in altri locali, l’Unipol non riteneva più conservare la parte della proprietà dell’immobile di sua proprietà, ed inoltre l’intero complesso richiedeva una ristrutturazione radicale
______________________________________________________________
145. Foto: Inaugurazione della Sede CISL di Dolo.


146. in ragione anche delle trasformazioni intervenute all’interno delle singole organizzazioni sindacali. Si era anche valutata l’opportunità di un abbandono dell’intero complesso verso altre soluzioni. Infine però prevalse l’idea, almeno per la CGIL e la CISL di rimanere in Via Ca’ Marcello attraverso l’acquisizione della parte di proprietà dell’UNIPOL, con una suddivisione funzionale dell’intero complesso immobiliare, anche con il coinvolgimento della Soc. Macri Srl che nel frattempo era subentrata all’Autoricambi nella proprietà del piani 2^ e 3^.


147. Foto: 17.02.1981, non ha bisogno di commenti.

148. In proposito venne stipulata una convenzione, in data…………….. in cui si definiva la ripartizione delle proprietà tra CGIL e CISL e relativi importi da corrispondere a UNIPOL.

Il progetto di ristrutturazione venne affidato di comune accordo da CGIL, CISL e Macri srl allo Studio degli Architetti Marchetti, Zampiero e Cangialosi di Treviso.


149. Foto: NO ! al terrorismo.

150. Foto: Manifestazione Unitaria a Roma, Baretta, Bellò e Airoldi.
__________________________________________________________

151. Il Progetto è stato presentato al Comune di Venezia il 25 Luglio 2003 che con leggere modifiche è stato approvato.

Sulla base del progetto, si è provveduto ad esperire la gara d’affidamento dei lavori, richiedendo le relative offerte a quattro delle maggiori imprese presenti nel territorio veneto. E’ stata dichiarata vincente l’offerta presentata dalla Soc. SACAIM di Venezia, per un importo complessivo di € 4.936.409.

Foto: Franco Marini e Bruno Geromin
della Paglia, Ignazio Piras.


153. Al fine di reperire le risorse necessarie per l’acquisto della porzione di immobile convenuta e degli oneri di ristrutturaione, la CISL ha chiesto ed ottenuto dalla Banca Etica di Padova un mutuo di 2.300.000 per vent’anni ed ha stipulato in proposito una convenzione con le categorie e servizi operativi per la suddivisione degli oneri relativi ed il trasferimento della proprietà al completamento del piano finanziario.


154. I lavori si sono completati nella primavera del 2005 avviando il successivo trasloco che si è concluso a cavallo del periodo feriale.

Per quanto riguarda la CISL, l’inaugurazione dei nuovi locali è stata convenuta per il 21 gennaio 2006, con la presenza del Segretario Generale Savino Pezzotta.

_____________________________________________________________
155. Foto: Logo CISL.

______________________________________________________________


Le Sedi della CISL
nel territorio della Provincia
di Venezia

Località Indirizzo Categorie e Servizi Inizio operatività

Venezia Riva del Vin tutte le cat. e serv. 1950
Venezia Ramo Callegheri-Ve tutte le cat. e serv. 1952

Venezia Malcanton DD, 3581/b cat e s. del c.s. 1977
Venezia Piazzale Roma cat. e s. del c.s. 2005

Lido Via Mercerie-Malamocco FNP 1990
Giudecca Consiglio di Quartiere FNP 1990
Burano Centro Civico FNP 1990 ?
Ca’ Bianca Cons. di Quartiere FNP 2000
Ca’ SAVIO Cons. di Quartiere FNP 1990
Marghera Via Rizzardi cat. ind. 1949
Marghera Via della Pila, 2 cat. ind e Inas 1953
Marghera Via Rizzardi, 1 cat. ind. e Inas 1967

Marghera Via Fratelli Bandiera tutte le cat. e serv. 1969

Marghera Via Cibrario, 1 FNP 2004

Marghera Patronato S. Michele FNP 1990

Marghera Patronato S. Pio X FNP 1990

Malcontenta Asilo Parrocchiale FNP 1990

Mestre Via Ca’ Marcello, 10 tutte le cat. e serv. 1975

Mestre Via Sernaglia, 43 FNP
Mestre C.sa Rip. SM dei Battuti FNP 1980
Mestre Centro C.o V.le S. Marco FNP 1990
Mestre Posteleg. Via Marcon FNP 1990
Mestre Via Terraglio, 43/c FNP 1990
Mestre Campalto C.Anziani FNP 1990
Carpenedo Via Ca’ Rossa, 47/f FNP 1980
Portegrandi Comune FNP 1990
Zelarino Via Zuccarelli, 6 FNP
Chirignago Piazza S. Giorgio FNP 1990
Gazzera Villa Pozzi FNP 1990
Mirano Via Gramsci, cat+serv. 1980
Mirano Via Gramsci, 73 cat+serv. 1990

Noale Via Polanzani, 40 FNP ?
Scorzè Via Roma, 49 Cat+caf+serv. 1980
Scorzè Via Kennedy, 18 Cat+caf+fnp+inas 2004

Spinea Via Bennati, 15 FNP+Inas 1980
Spinea Via Buonarroti, 8 Caaf/Fnp/inas 2005
Salzano Centro Anziani FNP 1990
Santa M. di Sala Via Roma, 4 cat+inas+fnp 2004

Robegano Centro Civico FNP 1990

Martellago, Giardino S. Stefano FNP
Pianiga Via Patriarcato, 14 FNP 1990

Vigonovo Patronato ANSPI FNP 1990

Dolo Via cat.+ serv. 1980
Dolo Via Foscarina, 20 cat+serv. 1990

Camponogara Piazza Marconi, 54 caaf+fnp

Bojon Patronato ANSPI FNP 1990

Campolongo FNP 1990

Fossò Centro Civico FNP 1980

Mira Via Don Minzoni, 66 FNP

Marano Centro Civico FNP 1990
Borbiago FNP 1990
Oriago Via Monte Fumo, 1
Favaro V.to Via Triestina, 15/b FNP
Marcon Via S. Marco, 54 cat+fnp+caaf+inas 1990
Marcon Centro Anziani FNP 1990
Quarto d’Altino Piazza S. Michele, 59 FNP 1990
Chioggia C.tta S. Andrea, 640 cat.+inas 1950
Valli di Chioggia Cons. di Quartiere FNP 1990
Cavarzere Via Turati, 11 cat.+inas 1950
Cona Centro Anziani FNP 1980
Portogruaro Via Rastrello tutte le cat. e serv. 1950
Portogruaro Via Spalti, 56 tutte le cat. e serv. 1990
San Donà di P. Via Bonifica tutte le cat. e serv. 1950
San Donà di P. Via Calnova, 68 tutte le cat. e serv. 1980

P.S. Per il Veneto Orientale, in ragione dell’autonomia zonale sono state inserite solo le sedi mandamentali di S. Donà e Portogruaro e non quelle territoriali presenti in quasi tutti i comuni del territorio.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
A.V. – 1984 – Il patto contro l’inflazione – Edizioni Lavoro Roma
A.V. – 1984 – Lo sviluppo delle OO.SS. nel Portogruarese
A.V.- 1990 – La nascita della CISL – Edizioni Lavoro Roma
AA.VV - 1994 - Per non dimenticare CGIL, CISL, UIL del Veneto Or.le
Archivio Storico del Comune di Venezia
Archivio Storico di Stato – Venezia
Autori vari – 1981 – La CISL veneziana: un Sindacato di classe nel Veneto.
Bruno Bortolussi – 1994 – Il sindacalismo cattolico del secondo dopoguerra
Bruno Geromin – Itinerario Dentro - CEDA Editore Padova
Bruno Geromin e A.V. – 1979 – Il Problema Venezia – Marsilio Ed.Venezia
Cesco Chinello – 1975 – Storia di uno sviluppo capitalistico - Editori Riuniti
Cesco Chinello – 1979 – Alle origini del Problema Venezia – Marsilio Ed.
Ciampani – 1991 – Lo statuto del Sindacato Nuovo (‘44–‘51) Ed. Lavoro
Comune di Venezia – Il Novecento industriale a Venezia – Ed.Vianello
Daniele Resini – Cent’anni a Venezia – Il Cardo
E. Franzina – Il Nuovo Veneto e le sinistre dalla Liberazione agli anni ’70
F. Piva 1991 – Contadini in fabbrica. Il caso Marghera – Ed.ni Lavoro Roma
Fond.ne Vera Nocentini – Cinquant’anni di storia sindacale – Franco Angeli
G. Candeloro – 1950 – Il movimento sindacale in Italia – Ed.di cultura sociale
Giovanni Sbordone – La Camera del Lavoro – Il Poligrafo
Giuseppe Tattara e Francesco Piva – I primi operai di Marghera – Marsilio
Giuseppe Vedovato – 2004 –Storia della CISL di Venezia – Ed. Lavoro Roma
Guido Baglioni – 1975 – Il sindacato dell’autonomia – De Donato Editore
Il Gazzettino di Venezia
Il Popolo del Veneto
Luciano Babbo – 1979 – Vertenza Papa - Marsilio Editori Venezia
M. Marangon – 1993 – Le radici del Sindacato Nuovo – Fondazione Corazzin
Mario Faini – 1975 – Bianca e santa è la nostra bandiera – Coines Edizioni
Mario Romani – Il risorgimento sindacale in Italia – Franco Angeli Milano
Riccardo Calimani – 1984 - La polenta e la mercanzia – Maggioli Editore
Rosa Pellegrini – 2001 – L’Altro secolo – Nuova dimensione - Portogruaro
Tommaso Di Renzo – 1988 – Eravamo Bonzi – Marsilio Editori Venezia
Umberto Dinelli – 1970 - Rosso sulla laguna – Del Bianco Editore
V. Saba – 1983 – Giulio Pastore sindacalista – Edizioni Lavoro Roma
W. Tobagi – 1980 – Che cosa contano i sindacati – Rizzoli Editore Milano


ELENCO
FOTOGRAFIE
ALLEGATE
2 A Venezia ogni cosa inizia da Piazza San Marco
8 Pianta della zona di S. Maria del Giglio Ve
Chiesa di S. Maria del Giglio
La sede della C del L. Ca’ Matteotti
J. De’ Barbari, Chiesa e Campo S. Margherita
Sede della CDL a Santa Margherita
36 Campo della Guerra
38 Malcanton
41 Sedi CGIL, CISL, UIL a Malcanton, Rio Novo
48 Comunicato del C.L.N. di Venezia
50 Nerino Cavallari 1^ segretario della CISL di Ve
53 Ca’ Matteotti, già sede del Fascio
Sede CGIL, PCI, PSI a S. Leonardo
Giulio Pastore fondatore della CISL
Venezia, Riva del Vin a Rialto
80 Pianta della zona di S. Maurizio
Sede CISL in ramo Callegheri S. Maurizio
82 Prima Sede CISL a Marghera Via della Pila
Sede CISL di Via Rizzardi, 1
1969 – 1975 Sede CISL di Via Fratelli Bandiera
93 Manifestazione sindacale a Mestre
95 Comizio a Portomarghera.
Flavio Grubissa con i lavoratori della SAVA
99 Ghisini, Geromin e Covolo.
101 Mario Belluz segretario della UILM
103 Congresso FIM di Mogliano
105 Inverno in Piazza S. Marco
108 arriva…la Celere
110 Angelo Casson e Gilberto Bellò
112 Solidarietà con il CILE di Allende
114 Manifestazione a Mestre, Flavio Grubissa.
116 Corteo a Mestre: Paolo Forner e Dino Rasera
Piazza S. Marco,
Luciano Lama e Bruno Geromin.
120 Corteo a San Marco
Contratto, Unità, Riforme
123 1970 – dentro la SAVA Geromin e Ghisini
125 Comizio a Marghera, silenzio e …ascolto
127 Piazza Ferretto a Mestre
17.02.1981 – Comizio in Piazza San Marco, Luciano Lama e Bruno Geromin.
131 Sede CGIL – CISL ristrutturata
133 L’immagine esterna della nuova Sede
135 La nuova sede….immersa tra gli alberi
137 L’addetto al locomotore guarda sorpreso
139 I meravigliosi anni ‘70
141 Manifestazione in Piazza San Marco
143 Franco Marini e Bruno Geromin
145 Inaugurazione della Sede di Dolo
147 17.02.1981 …non ha bisogno di commenti
149 NO al terrorismo !
Manifestazione unitaria a Roma,
Baretta, Bellò e Airoldi.

RINGRAZIAMENTI
L’autore della presente ricerca, ritiene doveroso ringraziare tutti coloro che con consigli, suggerimenti e documentazione hanno reso possibile la stesura di questi "Appunti per una storia delle sedi della CISL di Venezia".
Un particolare ringraziamento ai componenti della Segreteria dell’UST – CISL:
Lino Gottardello, Paolo Pozzobon e Andrea Gaggetta,
ed inoltre:


Luciano Babbo, Gilberto Bellò, Giorgio Bezzi, Gianluca
Bianco, Paolo Bizzotto, Mauro Bonato, Vittorino Boso,
Dino Bucci, Fausto Camuccio, Alfiero Caravello, Gian Piero
D’Errico, Icilio Daneluzzi, Carlo De Piccoli, Lorenzo De
Vecchi, Adriano Donaggio, Mario Fabris, Mario Falchi,
Gianni Fanecco, Giovanni Finco, Paolo Forner, Renato
Gorgoni, Flavio Grubissa, Armando Lazzari, Dino
Lazzarotto, Gino Manente, Bertilla Manente, Massimo
Pantano, Savino Perale, Ignazio Piras, Alviero Simionato,
Roberto Soncin, Giovanni Testolina, Adriano Toniolo, Clara
Urlando, Giuseppe Vedovato, Umberto Vianello, Asteo
Zanardi, Italo Zennaro.

Ritorna alla Home Page

IL MOTORE DELLO SVILUPPO























Convegno a Londra
TRAFFICO, TRASPORTO
E L’ECONOMIA GLOBALE

LA QUESTIONE AMBIENTALE
E L’INVECCHIAMENTO
DELLA FLOTTA

Si è svolto a Londra, un importante convegno sull'andamento mondiale dei flussi di trasporto oceanico al quale hanno partecipato oltre 300 delegati: operatori, armatori, costruttori navali, organismi portuali ed interportuali, funzionari ministeriali, banche e società dei cinque continenti.

È significativo il fatto che le prime relazioni in programma abbiano affrontato le questioni della sicurezza, sia dal punto di vista dell'equipaggio che delle conseguenze ambientali. Infatti negli ultimi anni l'opinione pubblica mondiale è stata scossa da una serie di gravi naufragi che hanno messo in discussione seppure con ritardo la caduta del rispetto delle norme di sicurezza della navigazione navale.

In ordine cronologico sono stati ricordati i fatti più gravi, oltre

alla ben nota catastrofe ecologica, causata dalla Exxon Valdez: KhragV, '89; Aragon, '90; Mega Borg, '90; Haven '91; Aegean Sea, '92; Maersk Navigator, '93; Braer, '93.

I punti deboli della situazione sono stati individuati innanzitutto nel progressivo invecchiamento della flotta, nella tendenza ad una progressiva riduzione degli equipaggi, a problemi di gestione societaria e delle bandiere ombra (imputate in particolare le imbarcazioni con bandiera greca, panamense, cipriota, maltese, bahamense, liberiana e coreana) e a rotte pericolose.

Il fatto più grave è certamente quello dell'invecchiamento della flotta e di organismi a valenza mondiale in grado di effettuare le ispezioni e decretarne la demolizione.

In particolare sono state presentate esperienze significative in corso, come quelle assunte dall'Australia che ha realizzato l'AMSA (Australian Maritime Safety Authority) e la sua interconnessione con l'IMO (International Maritime Organisation).

Per quanto riguarda il mercato mondiale che direttamente influenza l'andamento dei trasporti internazionali gli economisti sono pervasi da una grande incertezza per quanto riguarda il futuro.

Per quanto riguarda nello specifico la costruzione navale, c'è stata una netta diversità filosofica tra gli anni '80 e gli anni '90. I primi caratterizzati dal gigantismo navale, una concezione oggi in parte superata sia per ragioni di sicurezza che di logistica e operatività. Se diamo uno sguardo alle statistiche delle navi di grosso tonnellaggio costruite nel mondo dal '70 al '92, registriamo un boom tra gli anni '72/'77, seguito da un forte ridimensionamento fra il '77 e il '92.

Ma se analizziamo le caratteristiche delle grandi navi costruite, possiamo intravedere con chiarezza che la metamorfosi riguarda in particolare la costruzione di grandi "tankers". Una certa ripresa si è determinata nel '92 ma è ancora presto per valutare se si tratta dell'inizio di un nuovo ciclo.



Un aspetto interessante è connesso alle regioni geografiche che sono protagoniste della costruzione navale. La parte del leone la fanno i giapponesi, seguiti dai sud-coreani, mentre l'Europa è nel suo complesso solo in terza posizione.

Le grandi partite di merce trasportate riguardano il petrolio, i minerali di ferro, il carbone per le centrali elettriche, il carbone metallurgico e il cemento, i cereali e prodotti chimici, macchinari e derrate alimentari.

Mentre le rotte del petrolio, dai paesi OPEC ai paesi consumatori sono ben note, è importante invece ricordare ad esempio origine e destinazione del carbone per le centrali elettriche: il più grande esportatore è l'Australia con 56 milioni di tonnellate '92, seguito dal Sud-Africa, dagli USA, dalla Colombia, dalla Cina e dall'Indonesia.

Gli importatori invece sono il Giappone per 41 milioni di tonnellate nel '92, seguito da Taiwan, Korea, Germania, Francia, Regno Unito, Hong Kong, Danimarca, Olanda, Italia.

Per quanto riguarda le infrastrutture portuali la situazione è in grande movimento in conseguenza dei grandi sconvolgi menti avvenuti nella ex Unione Sovietica.

Sul versante Sud-Occidentale dell'ex Unione Sovietica vi sono due grandi porte marittime, quella del Baltico e quella del Mar Nero.

A Nord c'è S. Pietroburgo che movimenta 11,6 milioni di tonnellate, ma c'è anche Muga e Kesklina in Estonia, Klaypeda in Lithuania, Riga e Ventspils in Latavia, ai quali si aggiungono quelli finlandesi di Helsinky e Kotka.

Sul versante sud nel Mar Nero primeggia Od essa, ma si va facendo strada Costanza in Romania in rapporto al nuovo asse Reno-Meno-Danubio che consente oggi il collegamento diretto con il Mare del Nord.

L'altra grande novità che si va affermando è l'integrazione

europea dei paesi CEE. Da un lato c'è il collegamento con tunnel ferroviario sotto la Manica che di fatto "avvicinerà" il Regno Unito al continente, dall'altro l'unificazione della Germania Est-Ovest che rilancerà la funzione dei porti di Rostock e Wismar.

All'interno dell'area mediterranea vi sono due versanti con diversa evoluzione, quello occidentale, dove prosegue lo sviluppo dei sistemi portuali di Barcellona, di Marsiglia e quello LigureToscano, quello sul versante Nord-Orientale risente ovviamente le crisi in atto nella ex-Jugoslavia che impedisce lo svilupparsi di un importante potenziale di comunicazioni strategiche tra l'Adriatico e il centro Europa.

Ma il convegno di Londra, non poteva ignorare quello che oggi costituisce il punto di maggior dinamismo economico e commerciale, cioè la Cina.

La Cina è un paese con una costa marittima di 18.000 kilometri, ma se vi aggiungiamo quella delle sue 5000 isole ne sommiamo altri 14.000.

Il traffico marittimo è di conseguenza molto importante ed in continuo sviluppo. Si calcola che l'incremento sia in media dell'8,4% all'anno e raggiungerà nel 2000 circa 1,1 miliardi di tonnellate.

Sono in corso grandi opere di rinnovamento portuale, in particolare per quanto riguarda i terminals carboniferi di Shanghai, Ningbo, Huangpu, Liaoning e Gao Lang, mentre contemporaneamente vengono potenziati i porti specializzati per il trasbordo di minerali di ferro a Basuo, Zhanjiang, Shanghai e Beilun.

Questi grandi lavori di adeguamento dell'efficienza portuale della Cina sono la dimostrazione più evidente della volontà di quel grande paese di diventare un protagonista essenziale delle relazioni economiche mondiali.

§


A Stresa la 49a conferenza
tra pubblico e privato

LE GRANDI QUESTIONI
DELLA CIRCOLAZIONE
E DELLE INFRASTRUTTURE
ALL'ESAME DEI PROTAGONISTI PUBBLICI E DEGLI OPERATORI PRIVATI LA FUNZIONALITÀ DEI SERVIZI DI TRASPORTO


E' fuori discussione che la questione dei trasporti e più in generale delle comunicazioni e della mobilità delle persone e delle cose, costituisce oggi uno degli elementi centrali da affrontare nel nostro Paese, ovvero in tutti i paesi sviluppati.
Siamo giunti ad un punto in cui necessariamente sono indispensabili decisioni risolutive pena la paralisi del nostro sistema economico e sociale. Queste affermazioni piuttosto perentorie non debbono sembrare una forzatura, tesa a far passare qualche soluzione preconfezionata, come spesso succede,

ma è la semplice constatazione di un'opinione diffusa tra gli operatori economici e la gente comune.

Il nostro Paese che negli anni 60 aveva conosciuto, pur con tutte le sue contraddizioni ed errori uno sforzo importante nella modernizzazione delle infrastrutture di trasporto (soprattutto autostradali) che sono state uno degli elementi decisivi del processo di industrializzazione, vive invece oggi una grande situazione di ristagno e di indecisione che rischia di compromettere il suo rapporto con i paesi dell'Europa centrale.

Non sono necessarie grandi analisi a sostegno di questa considerazione. Qual è ad esempio la situazione del trasporto pubblico delle persone, potremmo affermare che Padova, dopo il fallimento dell'ATP, costituisce un'eccezione, ma così non è; in tutto il Veneto e nel resto dell'Italia le città sono soffocate dalla circolazione delle automobili, mezzo indispensabile per la mobilità delle persone in assenza di un servizio pubblico moderno e competitivo.

Ma se dalla mobilità delle persone passiamo a quella delle merci la situazione non migliora. Nel mentre in tutta Europa il trasporto delle merci è equamente suddiviso tra gomma, ferrovia e navigazione interna, in Italia tutte le merci si muovono sui TIR, le ferrovie sono sostanzialmente quelle costruite nella seconda metà del IXX secolo, mentre la navigazione interna, quella del sistema padano-veneto ed il cabotaggio lungo gli assi Tirreno-Adriatico costituiscono un esempio di indifferenza e di abbandono.

I ritardi non mancano anche nel trasporto aereo, così problemi che si pongono in una situazione del genere sono essenzialmente due: da un Iato l'autorevolezza e la capacità strategica della politica ai vari livelli in cui le decisioni devono essere assunte, dall'altro la questione delle risorse disponibili e del loro reperimento. Per quanto riguarda il primo aspetto, siamo in presenza di un travaglio difficile, il cui solo elemento di chiarezza è costituito dall'esigenza di girare pagina, mentre per quanto

riguarda la prospettiva futura sembra indispensabile una maggiore partecipazione e consapevolezza del contesto sociale ed economico del Paese.

Relativamente alla questione delle risorse, c'è un solo dato certo dal quale partire, al di là del giudizio sulla attuale e trascorsa direzione politica del paese: lo Stato oggi è caricato di una quantità enorme di debiti pregressi che vanno onorati e non dispone risorse adeguate per sostenere un consistente ammodernamento delle infrastrutture, quindi necessariamente, si pone il problema di creare le condizioni per rassicurare una consistente presenza del capitale privato nel finanziamento e nella gestione del sistema trasporti e comunicazioni.

È stato proprio questo: "Il ruolo dei privati nel finanziamento delle infrastrutture di trasporto" uno degli argomenti di maggiore interesse della Conferenza di Stresa. La relazione introduttiva, svolta da Ercole Incalza, amministratore delegato della TAV, treni ad alta velocità che ha posto in modo nuovo il problema del coinvolgimento dei privati nel finanziamento di infrastrutture di trasporto, ponendo due questioni cardine:
il confronto fra pubblico e privato sulle carenze infrastrutturali, oggi presenti nel Paese, deve portare il sistema produttivo a partecipare agli oneri di realizzazione di grandi opere perché questo non solo arricchiscono il territorio, ma generano convenienze per i fruitori diretti e indiretti delle opere stesse;
- il coinvolgimento delle forze produttive e delle loro capacità finanziarie, può essere attuato con la costituzione di un'unica Società per la realizzazione di infrastrutture di trasporto ipotizzando così, a differenza di quanto avviene oggi in molti settori, una netta separazione fra proprietà delle infrastrutture e gestione delle stesse.

Ma la relazione di Incalza non ha trovato terreno facile, il prof. Marco Ponti, docente di Economia dei Trasporti e poi la prof.ssa Maria Rosa Vittadini, hanno posto pesanti "paletti" alla collaborazione pubblico-privato nel settore delle infrastrutture. Il

primo ha sostenuto che le concessionarie autostradali costituirebbero un settore protetto, senza alcun rischio d'impresa, che beneficia di finanziamenti a fondo perduto, che emette obbligazioni con garanzia dello Stato, senza alcuna concorrenzialità per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione e con rilevante flusso di risorse al riparo da controlli e competizione.

Ponti ha proseguito affermando che la SIP pur essendo in condizione di monopolio realizza profitti che a suo dire sono il corrispettivo di inefficienza sociale, in quanto i profitti di un monopolio naturale generano "lobby" e posizioni di potere.

La seconda, ha contestato i "conti" del progetto Alta Velocità sia per l'asserita quantità nella creazione di nuovi posti di lavoro, sia per la dimensione globale dei costi complessivi dell'opera, sia per la debolezza, allo stato attuale, dei progetti stessi. In questo senso Vittadini ha sostenuto la necessità di procedere a profonde riforme, in particolare separando il momento della costruzione da quello della gestione, introducendo nelle autostrade e nelle ferrovie il pedaggio di "efficienza", circa poi l'intervento del capitale privato nella costruzione delle infrastrutture ha sostenuto l'esigenza che tale intervento abbia le caratteristiche vere dell'imprenditorialità, cioè il rischio, e pertanto le attività dei privati ed i loro profitti non devono essere garantiti dallo Stato.

A queste bordate che hanno scosso l'approccio vellutato dell'introduzione di Incalza è seguito uno sbarramento difensivo piuttosto robusto di Domenico Cempella, amministratore Delegato di Autostrade S.p.A.: "... Autostrade è nata negli anni '50 ed in quegli anni le fu affidata dal Parlamento la concessione dell'Autostrada del Sole e successivamente dell'attuale assetto della rete. Eravamo in un'epoca in cui non era sicuramente immaginabile che si potesse mettere in gara la concessione di un'opera pubblica, ha continuato Cempella, e, soprattutto, non esisteva un sistema di imprese che potesse compiutamente farsi carico della realizzazione del Piano autostradale nazionale. In quel periodo, con una mobilità bassissima, era evidente che

lo Stato offrisse un proprio contributo finanziario, a fronte degli alti rischi connessi alle costruzioni autostradali. Ben presto però quei contributi iniziali furono azzerati.

È pur vero, ha proseguito Cempella, che è difficile immaginare per il settore autostradale un sistema di competitività interna, quale si realizzerebbe se mettessimo in concorrenza due tracciati autostradali. La competitività è intersettoriale e si gioca sul più generale mercato del trasporto e i numeri portano a dire che su circa il 2% della rete viaria italiana (tanto pesano le autostrade sul totale delle infrastrutture stradali), si svolge circa il 25% della mobilità nazionale. Si sostiene, ha concluso Cempella, che l'aver puntato sul settore autostradale ha alimentato l'espansione della mobilità privata. Può essere, ma stiamo attenti a non confondere l'effetto con la causa. Nel periodo del blocco delle costruzioni autostradali disposto dal Parlamento, che è andato dal 1975 al 1984, a fronte di un fermo dell'offerta la domanda d'uso delle autostrade è cresciuta del 50% circa.

Oggi si apre una fase diversa rispetto al passato, in linea con i cambiamenti strutturali che si stanno verificando nel Paese, coerenti con l'esigenza di aggregare e veicolare verso il settore delle infrastrutture e dei servizi di trasporto capitali e capacità di iniziativa dei privati. Per la Società autostrade, consideriamo chiusa l'epoca delle grandi costruzioni, ciò implica una maggiore spinta in termini di innovazione tecnologica, puntando sull'automazione, l'informatizzazione delle attività gestionali, lo sviluppo delle telecomunicazioni, le integrazioni operative gestionali con altre reti di trasporto (ferroviaria, aeroportuale, portuale, parcheggi e valichi di frontiera) ma anche con altre reti di servizio (trasmissione dati, radiofonica, televisiva, commerciale, distributiva, ecc.), per l'attivazione di servizi a più alto valore aggiunto. "La risposta di Incalza si è invece limitata su tre questioni centrali:
La costituzione del CIPET che oggi è stata messa in discussione, nasce da una legge dello Stato che aveva come obiettivo fondamentale la realizzazione del Fondo Unico dei Trasporti che doveva consentire una pianificazione unitaria

degli interventi in rapporto alle priorità. Ma il Fondo Unico non piace al Governo e ai politici, e questo è uno dei nodi con i quali fare i conti.
Nel corso del dibattito è stato sollevato l'eccessivo numero di interporti che si dovrebbero realizzare nel nostro Paese. Voglio ricordare che la lista ne comprendeva 112 rispetto ai 7 contenuti nel Piano Generale dei Trasporti. Ci sono state evidentemente forti spinte localistiche che abbiamo dovuto valutare, è indubbio che il numero attuale è al di sopra delle esigenze reali del nostro sistema e comunque non abbiamo le risorse per sostenerli tutti.
Per quanto riguarda l'Alta Velocità bisogna avere la consapevolezza che essa si realizzerà a condizione che vi sia una adeguata partecipazione di capitali di rischio del settore privato .
§





Il punto sulla mobilità

ANALISI E PROSPETTIVE
DEL TRASPORTO NEL NORD - EST

IL SISTEMA CAMERALE POTREBBE DIVENTARE L’AUTHORITY DELLA RETE CABLATA TRIVENETA
L'area del Nord-Est è certamente in una fase di grande sviluppo quantitativo e qualitativo; basti in proposito valutare non solo il trend di sviluppo del prodotto interno lordo ma anche la sua capacità di relazionarsi nel mercato europeo e internazionale, affrontando cioè con successo la competizione anche sul terreno della qualità e dell'innovazione.

Ma è evidente a tutti che la crescita del sistema economico non è stata accompagnata parallelamente da un proporzionale sviluppo delle infrastrutture viarie che costituiscono la condizione indispensabile per garantire la mobilità oggi e nel futuro delle persone e delle merci.

Se questi ritardi continueranno ad accumularsi, è certo che ne deriveranno inevitabilmente conseguenze negative che fin d'ora vanno messe in conto:


. una penalizzazione in termini di costi e di efficienza a carico del sistema economico;
. una più marcata emigrazione di aziende verso aree meglio posizionate sul mercato europeo o meglio servite dalle infrastrutture;
. un aggravamento del disagio sociale connesso alla mobilità delle persone e al congestionamento del traffico.

Questa relazione tende quindi ad analizzare la situazione specifica del NordEst, considerato come un'area sufficientemente omogenea e vasta, in grado di confrontarsi quindi con altre aree economiche come la Lombardia ed il Piemonte e quelle dell'Europa comunitaria. Il Nord-Est è costituito certamen

te dal Triveneto, ma anche da appendici che lambiscono da un Iato certe aree del Mantovano e del Bresciano che interagiscono con il Veronese e dall'altro alcune realtà contigue dell'EmiliaRomagna, come il Ravennate e alcune realtà del Bolognese e del Ferrarese che interagiscono con Rovigo, Padova e Venezia: un'area caratterizzata da un'economia fondata sulla piccola e media imprenditoria, protagonista in tutti i settori più qualificati dell'industria, dell'agricoltura e dei servizi.

Se da un lato constatiamo una grande crescita dell'insieme del sistema economico del Nord-Est, dall'altro registriamo una situazione di abbandono della mano pubblica, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti in opere pubbliche essenziali, quali le infrastrutture viarie. Ad esempio, nel mentre da anni il Nord-Est pone la questione della nuova galleria del Brennero come infrastruttura essenziale per connetterci con la Baviera ed il Centro-Europa, per questo obiettivo, salvo episodiche e ricorrenti dichiarazioni sulla stampa, di concreto poco o nulla si è fatto, salvo alcuni interventi marginali.

Dall'altro stanno invece camminando scelte che finiranno per agevolare ulteriormente il vecchio triangolo industriale.

Ci riferiamo al traforo ferroviario, dopo quello autostradale, del Frejus per il collegamento ferroviario ad alta velocità tra Torino e Lione, ci riferiamo al progetto per le nuove gallerie del Got

tardo e del Sempione, alle scelte prioritarie sull'Alta Velocità approvate e finanziate dal Parlamento (la Napoli-Roma-Milano e la Torino-Milano), ci riferiamo a nuove iniziative in atto per la realizzazione dello Spluga.

Con ciò, non intendiamo affermare che le opere appena citate non siano importanti e che le stesse non costituiscano comunque anche elementi che possono migliorare seppur indirettamente la connessione del Nord-Est.

Ciò che vogliamo affermare è che ancora una volta si tende a privilegiare determinate aree, quasi che il Nord-Est sia ancora quello dell'immediato dopoguerra, fondato essenzialmente su un'economia contadina o per il quale ragioni politico-militari consigliavano una certa prudenza nelle comunicazioni viarie transalpine, e l'Unione Europea, Austria compresa, non costituisca già una realtà e l'89 non abbia determinato la caduta del muro di Berlino.

I flussi di traffico

L'aumento delle esportazioni ed ovviamente, essendo l'Italia sostanzialmente un paese trasformatore di materie prime importate, l'aumento delle importazioni, hanno determinato una crescita considerevole dei flussi del traffico merci e delle persone, mettendo a dura prova il sistema trasportistico nazionale.

Questa situazione di difficoltà nella gestione dei flussi di traffico in Italia è accentuata in relazione allo squilibrio modale che poggia sostanzialmente sull'autotrasporto.

Nel Nord-Est abbiamo in corrispondenza dei principali sistemi portuali di Trieste-Monfalcone, Venezia-Chioggia e Ravenna ed i valichi di confine di Tarvisio e Brennero un grave congestionamento che si ripercuote nelle principali arterie di adduzione.

La situazione è particolarmente grave:
nel bacino del Porto di Trieste e nei valichi di confine verso Capodistria e Fiume, nella circonvallazione di Mestre, nel tratto autostradale Venezia-Padova e nelle tangenziali di Padova, nella Romea nel tratto Ravenna-Chioggia-Venezia, nella direttrice

del Brennero, dal nodo di Verona fino al confine con l'Austria.

Nel Nord-Est il tracciato stradale e dei valichi è sostanzialmente ancora quello dell'impero romano, mentre nuove iniziative quali quelle verso Monte Croce Carnico, dell'Autostrada di Alemagna e della Valdastico, per ragioni diverse, non hanno trovato a tutt'oggi un effettivo completamento.

Ma nel cuore del Nord-Est, nell'arco pedemontano da Cittadella a Bassano, da Castelfranco a Montebelluna, e da Vittorio Veneto a Pordenone esiste un'altra fascia di congestionamento della mobilità delle persone e delle merci per la presenza di un fitto tessuto urbano ricco di migliaia d'imprese piccole e medie ma privo di un moderno asse di scorrimento veloce in grado di inserire efficacemente quest'area nella rete autostradale e nei grandi centri portuali, intermodali ed aeroportuali.

I problemi che abbiamo quindi di fronte sono quelli di un potenziamento-completamento della rete stradale ma, senza farci illusioni di sorta, dobbiamo contemporaneamente affrontare la grande questione di una diversa distribuzione modale dei flussi di traffico, anche perché, come indica la tabella riportata, le limitazioni imposte dalla Svizzera e dall'Austria avranno, in assenza di soluzioni alternative, effetti dirompenti che si ripercuoteranno sulla nostra economia.

Parlando della situazione dei trasporti nel Nord-Est non possiamo dimenticare la tradizionale ingessatura del sistema portuale Alto Adriatico, che a fronte dello straordinario sviluppo economico ed incremento complessivo dei flussi di merci, in questi ultimi cinquant'anni, non è riuscito a competere con i porti del Tirreno nonché con quelli del Mare del Nord anche per molti traffici con origine/destinazione nel Nord-Est.

Seppure con grave ritardo e con evidenti limiti, la legge di riforma dei porti è oggi nel momento della sua grande prova.

Bisogna liberare queste infrastrutture da troppe posizioni di rendita, che sono certamente anche quelle delle compagnie dei lavoratori portuali, ma anche dalla miriade di situazioni di indebito potere che si traducono spesso in tariffe

spropositate rispetto al lavoro effettivamente svolto (agenzie, piloti, rimorchiatori, ormeggiatori, guardie fuochi, bunkeraggi ecc.), tutto frutto di logiche corporative determinatesi nel tempo, che non hanno più senso e che costituiscono, nel loro insieme, la causa principale dell'inefficienza e di costi portuali fuori mercato che hanno determinato il dirottamento delle principali linee marittime dall'Adriatico e dal Mediterraneo verso i Porti del Mare del Nord e del Mar Baltico.

La riforma, la liberalizzazione e la privatizzazione dei porti, opportunamente coordinata dalle nuove Authority, dovrà però essere accompagnata da un diverso ruolo degli uffici pubblici, sia in termini di efficacia che di supporto (capitanerie, dogana, finanza). In questo contesto va rivisto il regime degli orari di lavoro e delle interruzioni, comparandolo con quanto ormai avviene nei principali porti europei.

Le infrastrutture autostradali
È necessario trovare delle soluzioni ad una serie di punti critici autostradali. Mi riferisco alla necessità di sbloccare l'imbuto costituito dalla tangenziale di Mestre con una soluzione che potrebbe dare anche uno sbocco all'area pedemontana, certo facendo attenzione a tutti i delicati problemi di impatto ambientale, storico ed archeologico, ma nello stesso tempo togliendo dall'isolamento tutto l'arco pedemontano.
Anche per la Valdastico si ipotizzano soluzioni concertate di un suo sbocco a Rovereto; ciò costituirebbe per il Vicentino una importante risposta ad un inaccettabile isolamento dalla provincia di Trento e nello stesso tempo avvicinerebbe il Trentino e l'Alto Adige al litorale Adriatico.

La situazione è più complessa per l'Alemagna, a fronte del permanere di una netta opposizione austriaca e altoatesina al suo completamento. Un tracciato autostradale che non sia connesso ad un'altra rete è un non senso logico. Bisognerebbe quindi lavorare intorno ad una proposta innovativa in coordinamento con i paesi confinanti tesa a trasformare il terminale dell'Alemagna in un grande centro intermodale strada/rotaia a servizio del Bellunese e che possa proseguire in Alto Adige sull'asse della

Vai Pusteria o in Austria con una galleria fino a Lienz, per connettersi con la rete ferroviaria austriaca.

L'Alta Velocità

L'annuncio dell'Alta Velocità ferroviaria nel Veneto ha avuto per molti lo stesso impatto che ebbe l'apparizione della locomotiva a vapore per Carducci. È certamente sulla base di un effetto eminentemente emotivo che la Regione Veneto ripudiò la proposta.

Ciò non significa che tale progetto non contenesse elementi inaccettabili per un territorio dalle caratteristiche geologiche, ambientali e urbane quali sono quelle esistenti nel tracciato da Verona a Venezia. L'errore della regione Veneto, diversamente dalle altre Regioni italiane interessate al progetto, è stato quello di restituire il progetto al mittente anziché avviare una trattativa che facesse emergere i principali elementi negativi per ricercare le opportune compatibilità.

E stato proprio sulla base di questi fatti che il tratto Alta Velocità da Milano a Venezia è stato escluso dai finanziamenti a suo tempo decisi dal Parlamento.

Ma veniamo agli elementi essenziali della proposta. Il progetto Alta Velocità consiste nel quadruplicamento dei principali assi ferroviari, cioè della costruzione di nuovi binari lungo la direttrice Est-Ovest (Torino-Milano-Venezia) e la direttrice Nord-Sud (MilanoRoma-Napoli).

Questo progetto si inserisce nel più generale progetto di velocizzazione ed integrazione del trasporto ferroviario in Europa deciso dagli organismi competenti dell'Unione Europea.

È noto a tutti che in Italia ormai larga parte della rete ferroviaria esistente è satura o ha caratteristiche fisiche ormai datate che non consentono un'adeguata velocizzazione. Quindi sulla base dell'esistente non è possibile migliorare qualitativamente e quantitativamente il servizio.

Contemporaneamente, il miglioramento della modalità di trasporto ferroviaria è essenziale allo sviluppo del nostro

paese, sia per il trasporto delle persone, sia per le merci. È evidente a tutti che aver insistito su un mero sviluppo del trasporto stradale ha determinato una situazione di grave degrado ambientale, di congestionamento del traffico ed impone agli utilizzatori una modalità di trasporto che costa, inquina e consuma energia più delle altre.

Il problema non è quello di demonizzare il trasporto stradale ma piuttosto bisogna renderei consapevoli che non si può scaricare su tale modalità tutta la mobilità del nostro paese.

L'altro elemento che va precisato è che il progetto ad Alta Velocità non è un mero servizio per passeggeri snob e facoltosi. Il trasporto ferroviario è e sarà necessariamente un trasporto di massa, ove, anche per ragioni di gestione economica i costi del servizio dovranno necessariamente competere con le altre modalità, così come l'Alta Velocità dovrà connettersi con il sistema portuale ed interportuale.

Ma il fatto decisivo è che il trasporto ad Alta Velocità è essenziale al servizio merci, sia perché su tali linee possono transitare i treni porta container e del trasporto combinato, sia perché rendono meno congestionata la rete esistente che potrà quindi ospitare nuovo traffico, sia merci che passeggeri anche di carattere metropolitano.

L'investimento Alta velocità prevede una partecipazione mista (pubblico-privato). Ciò dovrebbe consentire il superamento di un'anomalia tipica della realizzazione delle opere pubbliche in Italia, spesso rimaste incompiute per la carenza di mezzi finanziari. Ciò non dovrebbe accadere per il progetto Alta Velocità, nel quale è stata introdotta la formula "chiavi in mano".

Allo stato attuale il programma italiano Alta Velocità presenta la seguente situazione. Nella primavera scorsa sono stati aperti i primi cantieri sulla nuova linea Roma-Napoli.

Pur trattandosi della tratta economicamente e geograficamente più marginale di tutto il programma, il suo avvio ha avuto il merito di dare il segnale positivo a tutto il paese che il progetto Alta Velocità è ora irreversibilmente avviato. Per le tratte

Milano-Bologna e Bologna-Firenze, le conferenze dei servizi sono ancora aperte anche se sembrano esserci buone possibilità di chiuderle nei prossimi mesi e di aprire i cantieri entro l'anno.

Per la Bologna Firenze, restano però ancora da risolvere alcuni problemi relativi ai nodi urbani. Nel frattempo è stato previsto un aumento del costo di circa il1 0% (circa 320 miliardi) dovuto alle prescrizioni del Ministero dell'Ambiente dopo la valutazione dell'impatto ambientale. Per la Torino-Milano, che rimane per ora la sola tratta finanziata della direttrice Est-Ovest, gli ultimi mesi sono serviti soprattutto ad avviare a soluzione i problemi relativi all'attraversamento di Novara.

Con la bocciatura da parte della Regione Piemonte dell'attraversamento sotterraneo, si è avviata una concreta trattativa tra il General Contractor e i Comuni interessati su un progetto di ampie opere di mitigazione di impatto ambientale. La chiusura della Conferenza dei servizi potrebbe avvenire entro il prossimo autunno.

La Milano-Genova non è ancora ricompresa tra le tratte finanziate, ma è aperto un rapporto forte tra la città di Genova e l'Italferr, per definire tutti i profili delle soluzioni relative al nodo ligure e al trasporto merci.

Per la Lione-Torino sono da segnalare due fatti assai importanti avvenuti nel1994. In primo luogo i Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea, sia nella riunione di Corfù dello scorso giugno che in quella di Essen dello scorso dicembre, hanno definitivamente affermato la priorità nel campo delle infrastrutture di trasporto europee della realizzazione della Torino-Lione.

L'opera potrà così accedere ai finanziamenti comunitari, qualora il progetto esecutivo sia concluso entro il 1966.In secondo luogo, nel dicembre 1994, i Governi d'Italia e di Francia hanno deciso di destinare 250 miliardi di lire per la progettazione esecutiva della linea, e le ferrovie dei due Paesi hanno creato a tal fine un Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE) denominato "Alpentunnel".



Alla progettazione esecutiva della Torino-Lione la Finanziaria '95 ha destinato i primi 50 miliardi.

Questa breve panoramica della situazione dimostra che il progetto Alta Velocità, nonostante le difficoltà ed i molti problemi ancora da risolvere, si è messo in moto. Non a caso in aprile la TAV ha approvato l'aumento di capitale da 100 a 1000 miliardi. Contestualmente la finanziaria '95 ha previsto lo stanziamento di 8.300 miliardi per l'ammodernamento del sistema ferroviario. Di essi, nel Contratto di Programma FS-Ministero dei Trasporti 1994-2000, è prevista l'attribuzione di 2.700 miliardi per l'Alta Velocità. Il Contratto di programma dovrà passare al vaglio del Parlamento.

Nei mesi scorsi, su queste tematiche si è già sviluppata una intensa azione delle Camere di Commercio del Veneto, che ha contribuito ad una riflessione serena su tale progetto. Forse anche in ragione di ciò si è sensibilmente modificato l'atteggiamento della Regione Veneto, a tal punto che sono ripresi i contatti con gli uffici competenti della Società Ferrovie dello Stato.

Il danno comunque determinatosi sarà difficilmente recuperabile almeno in termini temporali. Per ben che vada il tratto Milano-Venezia sarà realizzato più in là nel tempo, naturalmente se sarà possibile reperire le risorse necessarie. Ma pur con queste carenze va ripresa con forza l'iniziativa di pressione sulle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia e sul Governo in occasione della discussione della prossima finanziaria.

Contestualmente la Regione e gli Enti Locali dovranno aprire un tavolo di negoziato con le Ferrovie dello Stato per risolvere i problemi dell'impatto ambientale e dell'integrazione del sistema Alta Velocità con la rete attuale e le realtà produttive ed i centri portuali ed interportuali, ed infine i problemi connessi all'integrazione del Sistema metropolitano.

In questo quadro non dobbiamo tralasciare nessuna occasione per ottimizzare l'attuale rete ferroviaria nel Nord-Est.


Insufficienze dell'infrastruttura ferroviaria
Il territorio del Nord-Est è servito da una rete ferroviaria i cui assi principali sono costituiti dalle linee: Torino-Milano- Verona-Padova-Venezia-Trieste-Villa Opicina, Mestre-Padova-Bologna, Mestre-Treviso-Pordenone-Udine/Tarvisio, Bologna –Verona-Brennero.

Tale rete presenta delle criticità in corrispondenza del tratto Padova-Mestre, Verona Brennero, Udine-Tarvisio, ed in corrispondenza degli attraversamenti fluviali in particolare sul Po. Questo insieme di punti critici negli assi principali della rete ferroviaria del Nord-Est ed altri non prioritari ma comunque importanti, che si sommano all'assenza totale di iniziative di quadruplicazione connesse al Progetto Alta Velocità, costituiscono un gap che non potrà che incidere pesantemente sul sistema economico e sulla qualità della vita nel territorio del Nord Est.

Questa situazione non è nuova, ed è il retaggio di una mentalità del passato che considerava il Nord-Est una realtà secondaria rispetto al triangolo industriale. Oggi le cose sono cambiate e le statistiche dimostrano con grande evidenza il dinamismo economico e la capacità competitiva all'estero di questa importante area economica del Paese.

Ma non c'è solo un pregiudizio dei poteri centrali, c'è anche una questione di nostra iniziativa specifica con le istituzioni preposte del nostro Paese e della Unione Europea con quelle dei Paesi delle aree di confine.

Oggi, diversamente da quanto avviene in Lombardia, in Piemonte ed in Emilia-Romagna, esiste da noi una scarsa incidenza dell'autorità locale ed in particolare della Regione, nell'agire verso gli organismi centrali di programmazione per influire sulle grandi opzioni degli investimenti infrastrutturali assunte tra i soggetti imprenditoriali e lo Stato, vedi ad esempio il contratto di programma FS-Stato 94/2000.

Bastano solo pochi dati ad indicare la gravità e lo stato di

abbandono del Nord-Est. La prima fase del contratto di programma 94-96, già finanziata, prevede somme globalmente impegnabili per 17.711 miliardi per l'intera rete nazionale, così ripartite: potenziamento direttrici 9.439; nodi 6.876; efficientamento reti bacino 1.396; a ciò vanno aggiunti ulteriori interventi di spesa per un ammontare di 12.639 miliardi comprendenti la prima tranche per l'alta Velocità (8.331 miliardi).

Per le aree del Nord-Est, su un totale generale di 30.350 miliardi sono previste le seguenti quantità: Veneto mld. 987; Trentino-Alto Adige mld. 880;Friuli Venezia Giulia mld. 1.187; totale complessivo mld. 3.054.

La seconda fase del contratto di programma 97/2000, prevede somme globalmente impegnabili di 7.316 miliardi per l'intera rete nazionale, così ripartite: potenziamento direttrici 4.989; nodi 1.527; efficientamento reti di bacino 800.

A ciò vanno aggiunti ulteriori interventi di spesa per un ammontare di 5.884 miliardi comprendenti la seconda tranche per l'Alta Velocità ( mld.1.260).

Per le aree regionali del Nord-Est, su un totale generale di 13.200 miliardi sono previste le seguenti quantità: Veneto mld. 174; Trentina Alto Adige mld. 60; Friuli Venezia Giulia mld. 44; totale complessivo mld. 278.

Dev'essere inoltre ripreso, nei rapporti tra Ferrovie e Regione Veneto, il progetto per il Servizio Metropolitano veneto che si fonda sulla ottimizzazione di un insieme di binari già esistenti ed altri che potranno liberarsi nella prospettiva del quadruplicamento.

Tutti i collegamenti dal Nord-Est verso la Germania e la Russia dipendono dal Brennero. Esso costituisce l'anello debole di tutta la direttrice Nord-Sud Europa. Da anni le Camere di Commercio del Nord-Est, tramite il Comitato promotore per la nuova Galleria del Brennero, sono impegnate per la realizzazione di questa indispensabile grande opera.

Ma sappiamo bene che le situazioni politiche intervenute in

Europa dopo la caduta del muro di Berlino hanno modificato gli scenari globali del continente e questi hanno modificato anche le strategia nelle direttrici di tra
sporto.

In particolare la Germania, che a suo tempo era molto impegnata su questo versante, oggi si dimostra alquanto tiepida in relazione ai suoi impegni verso la ex-Germania Est e le prospettive di connessione con i paesi dell'ex-Unione Sovietica. A ciò si aggiungono le pressioni lobbistiche dei grandi porti del Nord e del Baltico, contrari a rafforzare i flussi di traffico verso i porti del Mediterraneo.

Bisogna quindi riprendere con forza e determinazione l'iniziativa. Alla fase di progettazione in corso deve seguire il finanziamento e la realizzazione dell'opera nei primi anni del terzo millennio. Va infatti ribadito che tale opera rientra nei grandi progetti infrastrutturali dell'Unione Europea per il cui studio di fattibilità ha previsto un contributo a parziale copertura dei costi.

Il recente ingresso della Repubblica Federale Austriaca nell'U. E., deve costituire un'occasione di rilancio e di impulso di nuove iniziative. In tal senso è auspicabile un allargamento dell'iniziativa delle Camere di Commercio del Triveneto con le consorelle austriache e bavaresi, puntando ad 'un coinvolgimento delle rispettive Regioni e Land interessati.

Infrastrutture stradali
e prospettive dell'autotrasporto
Il trasporto delle merci su strada è un fenomeno in grande espansione non solo nel Nord-Est, come nel resto del paese, ma accresce progressivamente il suo peso specifico in tutt'Europa, nonostante una diversa offerta infrastrutturale sulle diverse modalità. Complessivamente il traffico delle merci sulle strade europee dall'80 all'88 è cresciuto del 3% anno.
Le ragioni di questa crescita sono molteplici a seconda delle situazioni specifiche ma risiedono tra l'altro nei costi diretti, abbastanza contenuti e nella grande flessibilità del trasporto stradale che, diversamente dalle altre modalità, consente il

servizio door to door.

Il trasporto su strada è caratterizzato nel nostro paese da una struttura sostanzialmente costituita da micro-imprese, oltre 155.000 per un totale di 380.000 addetti. Questa composizione, dal punto di vista sociale costituisce un problema rilevante e delicato. Un'altra caratteristica è costituita, oltre che dalla forte questione occupazionale, dal rilevante investimento per posto di lavoro che colloca il comparto, per questo aspetto, tra i più elevati nel settore dei servizi.

C'è da chiedersi però se questa struttura artigianale è in grado di reggere il nuovo rapporto di competitività determinatosi in Europa con la realizzazione del mercato comune. Va detto che questa condizione accomuna in particolare l'Italia e la Spagna, mentre per i restanti paesi, anche la dove è comunque forte il trasporto su strada, esso è caratterizzato da imprese più strutturate in grado di offrire in termini di quantità e qualità un ventaglio maggiore di servizi.

Un esempio valga per tutti: mentre in Italia le aziende di trasporto con una unità lavorativa costituiscono 1'80% delle imprese, in Olanda queste raggiungono appena il 30%.

Dal punto di vista più generale, inoltre, è evidente che questa struttura dell'offerta comporta una frammentazione orizzontale e quindi una modalità di concorrenza essenzialmente basata sul prezzo, alla quale si aggiunge la complessità di una regolazione verticale dei rapporti contrattuali tra imprese.

Questa situazione del trasporto su strada in Italia trovava una giustificazione in parallelo alla ristrutturazione territoriale dell'organizzazione industriale nel nostro paese negli anni 70 e 80, in cui primeggiava il detto "piccolo è bello", E evidente però che con il 1/1/93, a seguito del trattato di Maastricht, lo scenario si è radicalmente modificato.

Ma mentre il comparto industriale, seppure in modo ancora insufficiente è stato in grado di sviluppare risposte all'altezza del nuovo quadro di competitività, il trasporto invece si trova ad

essere ingessato in una struttura fortemente frammentata ed individualista, con il risultato che tutti stiamo constatando, di apertura progressiva del mercato "domestico" alla concorrenza straniera.

Accanto a queste dinamiche, proprie del settore trasportistico, va aggiunto che contemporaneamente si è evoluta la filosofia dell'organizzazione industriale, nel senso che prima il trasporto veniva considerato una realtà separata dall'industria con la quale dover necessariamente fare i conti, ora invece il trasporto connesso alla logistica costituiscono un anello dell'organizzazione industriale stessa.

Infatti poter intervenire sull'efficienza ed efficacia del trasporto significa poter affrontare da un Iato le nuove esigenze di distribuzione del prodotto basate sul "just in time" e dall'altro alla domanda sempre crescente di maggiore qualità.

In conclusione di questa panoramica è evidente che il nodo del trasporto su strada deve necessariamente essere posto nell'agenda delle priorità che questo paese deve risolvere se vuole continuare a competere ad armi pari nel nuovo contesto internazionale.

Il sistema idroviario padano e l'idrovia Venezia-Padova

In questi ultimi mesi si è sviluppata una forte polemica sul ruolo del sistema idroviario e nello specifico sul completamento dell'Idrovia Venezia Padova.

Innanzitutto va detto che in relazione alle specifiche situazioni geografiche del nostro paese la funzione idroviaria deve necessariamente basarsi sull'utilizzo dell'intero sistema idrico padano. Ciò comporta la sistemazione di taluni tratti del fiume Po, almeno fino a Cremona, il completamento del Canale Cremona-Pizzighettone-Milano, il completamento dell'Idrovia Fissero-Tartaro-Canal Bianco e della Padova-Venezia, nonché alcune importanti opere di manutenzione nel tratto Chioggia-Conca di Volta Grimana e lungo la Litoranea Veneta.

Questo impianto generale è previsto dalla legge 380/90, la cui gestione è affidata all'intesa interregionale delle Regioni Piemonte,

Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, con l'autoesclusione del Friuli Venezia Giulia.

Ma oltre a ciò, la navigazione fluviale può realisticamente integrarsi con la navigazione fluvio-marittima ed il cabotaggio in tutto il Mediterraneo ed il Mar Nero, consentendo per tale via di entrare nei territori dell'Est Europeo attraverso il sistema Volga-Don o nel centro- Europa oggi che è stato completato l'itinerario Reno-Meno-Danubio.

L'ottimizzazione delle infrastrutture deve tendere ad accogliere, nei loro percorsi principali, natanti fino alla SA categoria CEE, che notoriamente consentono una portata fino a 2.700 tonnellate.

In questo contesto riteniamo che il completamento dell'idrovia Padova-Venezia sia utile al sistema Veneto e vantaggiosa per tutti gli operatori economici del settore.
Gli interporti e la logistica
Nel sistema del trasporto del Nord-Est la rete degli interporti inizia a far sentire i suoi effetti, sia in termini di intermodalità ma anche come luoghi in cui si assolvono importanti funzioni della catena logistica.
Nel Nord-Est sono presenti e funzionanti tre significativi interporti: Verona, Padova e Bologna, ai quali si aggiungono quelli di Rovigo, Trento e lo scalo di Cervignano. Nei tre principali interporti le difficoltà sono connesse alla necessità di programmare e realizzare il loro sviluppo sulla base della legge 240 con i tempi e le modalità richieste dalla domanda.
Lo sviluppo di queste infrastrutture intermodali è molto dinamico, mediamente dell'ordine del 25/30% annuo. A titolo di esempio, l'Interporto di Padova ha raggiunto nel 1994 il numero di 106.000 TEU (unità di misura di un container da 20 piedi), un risultato superiore a quello della VECON, il terminal container del Porto di Venezia.

Anche Verona sta sviluppando con grande impegno il suo ruolo soprattutto come terminai di entrata delle importazioni automobilistiche dalla Germania e per il trasporto

combinato, con la tecnica delle casse mobili, consistente nel trasferimento dei TIR su vagoni speciali o delle casse da essi trasportate su vagoni piani. È evidente che il futuro dell'Interporto di Verona è fortemente condizionato dalle soluzioni concrete che saranno adottate per la direttrice del Brennero.

L'altra frontiera degli interporti è costituita dalla capacità di predisporsi ad assolvere una funzione più ricca di servizi alla produzione, quindi più complessa e flessibile per rispondere anche ad una diversa qualità della distribuzione dei prodotti, non solo per dare le risposte agli imperativi del just in time, ma anche per alleviare gli effetti negativi del traffico disordinato e per non degradare l'ambiente, soprattutto nelle grandi aree urbane.

Abbiamo affermato che oltre alla funzione intermodale gli interporti stanno crescendo nella funzione logistica, un'esperienza che partendo dai luoghi di scambio tra caricatori e trasportatori si sta evolvendo verso il concetto di parco delle attività logistiche in grado anche di costituire un polo di animazione dell'integrazione tra il prodotto ed i servizi: logistica, attività semindustriali, uffici e sedi sociali, servizi alle imprese ed agli operatori, infrastrutture telematiche.

Gli aeroporti
Nel contesto generale dei trasporti non va certo considerato in modo residuale il trasporto aereo, sia per il trasporto delle persone, sia per il cargo merci.

Attualmente nel Triveneto esistono quattro aeroporti con linee regolari e voli charter nazionali ed internazionali (Venezia, Verona, Treviso, Ronchi dei Legionari), più altri minori che terzo livello per servizi locali. È evidente che l'importante attività svolta richiede un maggiore coordinamento, accentuando la specializzazione e l'integrazione dei diversi scali.

Si pone comunque l'esigenza di una maggiore qualificazione del servizio offerto ai viaggiatori, sia in relazione alla puntualità dei voli e delle coincidenze, sia per i servizi a terra (parcheggi, autotrasporti ecc.). Per quanto riguarda il servizio merci sta

emergendo l'esigenza nel Nord-Est di un punto di raccolta e di logistica, specifico per il trasporto aereo, al fine di favorire lo sviluppo di tale modalità soprattutto per merci pregiate e ad alto valore aggiunto.
Il ruolo della telematica per l'ottimizzazione e l'efficienza del sistema
Questa messa a punto delle problematiche del trasporto nel Nord-Est non può ignorare la questione della telematica, ossia lo scambio elettronico dei dati tra diversi centri informatici e trasmissione di documenti e messaggi.

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una forte indroduzione dei processi informatici nei posti di lavoro. Uno stimolo importante in tal senso è certamente venuto anche per iniziativa delle Camere di Commercio con la realizzazione tramite CERVED dell'anagrafe elettronica delle imprese.

Ma a fronte di alcuni settori ed aziende che registrano un notevole progresso, esistono peraltro ancora aree di arretratezza e disorganicità sconcertante.

Tra queste va sottolineato il sistema trasportistico, la cui modernizzazione, com'è noto, costituisce una delle condizioni fondamentali per l'intero sistema economico. Una delle difficoltà con le quali necessariamente bisogna fare i conti è che allo stato attuale, quasi ogni centro operativo dispone di un suo modello informatico, incapace di dialogare e connettersi con i suoi simili.

Spesso questa situazione non è casuale, è nasconde forme di riservatezza e di autodifesa, ma tutto ciò consente anche di perpetuare forme di arretratezza ed inefficienza.

Anche in questa direzione il ruolo delle Camere di Commercio può rilevarsi prezioso! Infatti nel Nord-Est sarebbe ipotizzabile, senza grandi sforzi, la realizzazione di intere aree cablate con reti di fibra ottica, utilizzando come dorsali le reti già esistenti nel sistema autostradale, realizzando gradualmente delle isole telematiche interconnesse negli interporti, porti e aeroporti, nelle zone industriali e nelle aree urbane con l'ausilio delle aziende

comunali o provinciali detentrici delle reti gas e acqua.

Si tratterebbe di realizzare nel Nord-Est quel "condominio" che Internet ha realizzato a livello planetario. Il problema da risolvere è quello dell'Authority che potrebbe efficacemente essere assicurato dal sistema camerale. Tutto ciò in vista della fine del monopolio ad iniziare dal 1998.
§


Una proposta che interessa l’Interporto
EURET,
NUOVA LINEA INTERMODALE PADOVA-EUROPA

1. Presentazione
In ordine alla preparazione del quarto Programma generale dell'Unione Europea che si svolgerà dal '94 al '98, TECHNICATOME in coordinamento con il progetto SIMET (Smart Intermodal European Transfer) del programma EURET propone un nuovo progetto denominato FLITE (First Line of the Intermodal Transport in Europe).

Il principale obiettivo del progetto FLITE è il proseguimento della realizzazione della prima linea Nord-Sud in Europa della SIMET. Successivamente al progetto SIMET, un nuovo equipaggiamento di trasbordo e un nuovo processo verrebbe usato per il disegno delle stazioni che saranno incorporate dalle specifiche di FLITE per la gestione dei beni.

2. Descrizione generale di FLITE. Tutti gli studi europei hanno dimostrato la grande convenienza delle linee intermodali che hanno inizio nel Nord Europa ed arrivano nel Nord Italia. Ciò che propone FLITE è l'avvio di un collegamento da Rotterdam in Olanda fino a Padova nel Nord Italia.

A Rotterdam, noi abbiamo un grande porto ove esiste un ottimo trasbordo tra porto e ferrovia.
A Padova noi abbiamo un grande terminal ferroviario, stradale e

idroviario al servizio del Nord Italia e paesi dell'Est europeo e Grecia. Tra queste città, la linea passerà da Parigi in un grande trasbordo in stazione ferroviaria per servire altre linee similari: Le Havre, Spagna, Marsiglia, Est della Francia e Sud della Germania.

Con FLlTE, Le Havre costituirà il prototipo di un medio porto per la futura rete Europea. Lontanamente, una stazione strada rotaia sarà realizzata da FLITE in una grande città, lontana da linee simili a quelle di Bruxelles o di Lione.
La capacità di questa linea sarà approssimativamente di 50 treni al giorno entro la fine del secolo.

3. Descrizione tecnica dell'attività del porto di Rotterdam per il progetto FLITE
Nel Terminal Delta, attualmente al servizio di varie compagnie (per esempio: Sealand, Maersk...). Chiudendo questi terminal noi incorporeremo solo una grande stazione di caricamento per tutti i terminal ed un grande caricatore per i battelli idroviari.

I containers arriveranno a questa stazione con l'AGV (veicoli guidati avanzati con o senza rotaie) e saranno caricati sul treno con nuovi equipaggiamenti per il trasbordo, progettati con il SIMET-project.

L'obiettivo dell'ECT per la fine del secolo è quello di far lavorare 50 treni (bloccati) al giorno per tutta l'Europa (900.000 containers all'anno per treno).

4. Descrizione tecnica del terminal intermodale di Padova
Il terminal attuale ha molte attrezzature, quali una stazione merci ferroviaria e stradale ed un accesso per l'idrovia che in futuro si connetterà al Po. Perciò, i partners italiani vogliono incrementare la capacità produttiva di questo terminal, usando i nuovi progetti proposti nel SIMET.

Questo terminal costituirà una nuova stazione ove i containers saranno trasferiti tra i vari treni, camion e chiatte usando alta tecnologia e serviranno, in particolare modo, i paesi dell'Est e la Grecia.



5. Descrizione tecnica della stazione di trasbordo nelle vicinanze di Parigi
Una stazione per il trasbordo verrà costruita da FLITE vicino a Parigi e sarà in grado di smistare automaticamente e contemporaneamente la composizione dei treni a seconda della destinazione dei containers. Non bisogna fermare i treni più di 15 minuti, sempre che tutti gli equipaggiamenti abbiano alte performance e siano completamente automatici.

La progettazione di queste macchine è legata ai risultati del progetto SIMET. La progettazione di questa stazione è la stessa di quella del nodo per il trasporto aereo. Otto treni arrivando in sequenza alla stazione sono trattati simultaneamente per risistemare la loro composizione di containers.

6. Descrizione tecnica dell'attività del Porto di Le Havre per il progetto FLITE

La maggiore caratteristica del porto di Le Havre, come molti porti in Europa è di avere diversi terminals di containers medio-piccoli per mancanza di spazio nell'area. In questa situazione, ci sono molti scambi tra questi stessi terminals e tra loro e la stazione ferroviaria.
Il progetto prevede un collegamento automatico ferroviario tra tutti i terminals, realizzato da uno shuttle e compatibile con il progetto generale di FLITE.
7. Descrizione tecnica di una piccola stazione strada-ferroviaria
Sarà necessario creare lungo la linea una piccola stazione stradale e ferroviaria che serva l'area locale. Ad oggi, la localizzazione di questa stazione non è stata ancora decisa.
Un treno si fermerà per un tempo limitato per caricare e scaricare automaticamente pochi containers (10 minuti per 10 containers). Questi containers dopo un immagazzinamento temporaneo saranno caricati su camion per la distribuzione locale. Il sistema di trattamento dei camion dovrebbe essere convenzionale e ma

nuale. La piccola stazione strada-rotaia può essere creata in Germania.
8. Proposta industriale
8. 1 In Italia, è stato raggiunto un accordo per il FLITE tra: - Ferrovie dello Stato; - Assointerporti; - Assodocks e Costamasnaga (azienda industriale specializzata in questo campo). Il nome di questa associazione è EURET ITALIA S.r.l., il suo scopo principale è quello di compiere gli studi preliminari per FLITE. L'associazione diverrà successivamente una S.p.A. per la realizzazione della stazione in Padova. Un accordo industriale tra TECHNICATOME e EURET ITALIA è pronto per essere firmato.
8.2 In Francia, le ferrovie nazionali (SNCF), il Porto di Le Havre e TECHNICATOME sono d'accordo di supportare il progetto.
8.3 In Olanda, ECT per il Porto di Rotterdam vuole partecipare attivamente a questo progetto. Un accordo industriale tra TECHNICATOME e ECT è pronto per essere firmato.
9. Aspetti finanziari
È stata convenuta una suddivisione del costo complessivo del progetto come da prospetto: (valori in milioni di ECU)
10. Evoluzione futura di FLITE per le reti europee
È ovvio che questa linea FLITE diverrà la principale per il futuro della rete Europea. È stata inoltre approvata la proposta che la successiva linea sia un'altra Nord-Sud, anche questa con inizio da Rotterdam con arrivo in Nord-Italia ma incrociando Germania e Austria. Dopodiché una Est-Ovest che incroci gli altri due migliori nodi come Parigi e Manheim nel sud della Germania.
Ciò permetterà di servire i paesi del Nord-Est europeo e così via, come descritto sulla mappa. .

(traduzione dall'inglese di Luca Geromin)

§



Alla Conferenza di Stresa

PRESENTATA LA LEGGE QUADRO DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

QUAL’E’ L’ONERE PER PRODURRE I SERVIZI INDISPENSABILI ALLA MOBILITA’ DELLE PERSONE


Il disegno di legge proposto dal governo (relatore on. Cesare Corsi) per la riforma del trasporto pubblico locale si propone di creare le condizioni di una migliore e più economica gestione del trasporto pubblico.

La dimensione di risorse pubbliche assorbite dal settore dei servizi di trasporto è ormai troppo elevata (circa 7.000 MLD anno di contributi tra autolinee e ferrovie concesse); in più, la normativa fin qui operante (legge 151) non è stata in grado di tenere sotto controllo la spesa, visto che dall'87 al '93, il settore ha cumulato disavanzi aggiuntivi ai contributi pari a 14.600 MLD (13.000 le autolinee e 1.600 le ferrovie concesse).

Il governo, attraverso la presentazione alle Camere di questo disegno di legge intende affermare i seguenti principi:
I compiti e le responsabilità della programmazione dei


trasporti e dell'insieme dei servizi devono essere nettamente separati dai compiti e dalle responsabilità di produzione dei servizi.

I primi fanno capo agli Enti locali o loro organismi, i secondi alle aziende di produzione che non possono e non debbono farsi carico di obiettivi di natura pubblica o sociale ma unicamente devono garantire la migliore efficienza tecnica e finanziaria delle loro gestioni.
- La responsabilità di decidere quanti e quali servizi produrre deve coincidere con le responsabilità di sostenere gli oneri. In altre parole chi decide paga.
Il rapporto tra gli Enti locali che decidono la programmazione dei servizi e le aziende che li producono non deve più essere regolato da meccanismi di sostegno finanziario, cioè da contributi di esercizio, comunque garantiti, bensì da meccanismi di tipo contrattuale così come previsto dalle norme CEE.

Ciò comporta che la scelta da parte dell'Ente locale di affidamento dei servizi sia fatta attraverso procedure concorrenziali, con cui l'Ente affidatario finisce per essere maggiormente garantito sul livello dei costi dei servizi stessi.

Tuttavia non è possibile garantire l'effettivo risanamento che la legge vuole assicurare nel settore se non si annulla il grave peso del debito pregresso. Per questo il disegno di legge prevede un intervento in tal senso da parte dello Stato, attraverso il concorso, al 50%, del pagamento dei mutui che saranno autorizzati allo scopo di ripagare i debiti.

Il concorso solo parziale da parte dello Stato vuole evidenziare che anche le Regioni e gli Enti locali devono assumersi analoghe responsabilità per risanare situazioni che, in qualche modo hanno concorso a generare.

Infine il disegno di legge governativo prevede interventi e norme di sostegno a processi di ristrutturazione delle imprese di trasporto al fine di consentire, ove necessario, in conseguenza dei programmi di razionalizzazione dei servizi, la riduzione del

personale eccedente.

In relazione ai principi sopra indicati, il disegno di legge definisce i seguenti elementi chiave della disciplina e dell'organizzazione del trasporto pubblico locale:

a) Una nuova definizione del trasporto pubblico locale, comprendendo in questo settore l'insieme di tutti i servizi di trasporto offerti per il soddisfacimento della domanda di mobilità locale. I trasporti pubblici locali non saranno più soltanto i trasporti urbani e le autolinee regionali, come sostanzialmente dettava la Legge 151/1991, ma anche i servizi di trasporto ferroviario, siano essi delle FS che in concessione o in gestione governativa, nonché quelli effettuati per vie d'acqua.

b) L'unificazione, allo stesso livello di governo, delle responsabilità di programmazione e di quelle finanziarie; in modo da evitare il formarsi di meccanismi di reciproca deresponsabilizzazione tra chi decide i servizi (le Regioni) e chi decide la spesa (lo Stato) quali quelli di fatto generati dal Fondo Nazionale Trasporti. In base a tale unificazione delle responsabilità, le regioni dovranno programmare la quantità e la qualità dei servizi di trasporto pubblico sulla base delle risorse finanziarie che saranno effettivamente disponibili.

c) La netta separazione dei ruoli e dei compiti degli enti di governo e delle società di gestione. Il settore del trasporto pubblico locale dovrà essere organizzato su due livelli funzionali nettamente distinti: da un Iato, l'ente di governo, che predispone i piani di trasporto ed i programmi dei servizi, reperisce e gestisce le risorse finanziarie, affida la gestione del servizi contrattandone preventivamente il costo, controlla la quantità e la qualità dei servizi effettivamente resi; dall'altro lato, le società di gestione che effettuano il servizio richiesto, avendo certezza delle risorse finanziarie ed organizzandosi quindi su basi di efficienza e di competitività imprenditoriali.

d) L'attribuzione al livello generale della determinazione delle risorse necessarie per i servizi di trasporto pubblico locale.
Queste saranno costituite:
dai trasferimenti dello Stato corrispondenti al soppresso

Fondo Nazionale dei Trasporti;
- dai trasferimenti dello Stato corrispondenti alle attuali spese sostenute per i servizi locali delle FS e delle Ferrovie concesse e in gestione governativa;
- dalle risorse proprie regionali;
- dagli introiti tariffari sia del trasporto pubblico, sia della sosta, sia, se necessario, dell'uso delle infrastrutture stradali.
Certamente le politiche tariffarie dovranno produrre un flusso di risorse che dall'attuale 20/25% rispetto ai costi, passi a livelli più prossimi alle medie europee (cioè 40/45%).

e) La definizione delle nuove modalità di affidamento dei servizi.
I rapporti tra gli Enti di governo e le società di gestione regolati dai contratti di servizio, nei quali sono indicati i programmi di esercizio da svolgere ed indicate le risorse finanziarie ad essi destinate.
La scelta delle società di gestione avverrà di norma attraverso procedure di gara, secondo il criterio del miglior offerente. Il che dovrebbe promuovere comportamento competitivi da parte delle imprese e quindi maggior stimolo alla riduzione dei costi.

Eliminare gli esuberi, riducendo il numero degli addetti per servizio in termini di maggiore produttività e a livelli degli altri paesi europei, richiede però che vengano assicurati al Lp.1. (trasporto pubblico locale) quegli ammortizzatori sociali (mobilità, prepensionamenti, ecc.) concessi già ad altri settori produttivi in crisi.

Nel disegno di legge il pensionamento anticipato è previsto per i lavoratori dipendenti nel settore mentre la mobilità obbligatoria è riconosciuta per il personale delle aziende dipendenti da enti locali territoriali, così come sono previsti una serie di interventi sia in materia di personale che in materia fiscale.

Il trasferimento alle regioni delle linee ferroviarie in concessione e in gestione governativa avviene dopo l'attuazione del processo di societarizzazione così come previsto e disciplinato dall'articolo 2 della Legge 385/90.

Uno dei punti innovativi della nuova organizzazione sarà

costituito dall'affidamento dei servizi che dovrebbe avvenire secondo il rispetto delle regole della concorrenza e del mercato con il ricorso a procedure concorsuali che possano assicurare il miglior rapporto qualità/prezzo.

La gestione diretta dei servizi da parte delle società e aziende degli enti locali dovrebbe essere l'eccezione motivata e comunque espletarsi secondo le maggiori garanzie di economicità dei servizi e con la disciplina dei contratti di servizio in ogni caso.

Ma proprio allo scopo di migliorare la qualità del servizio e nello stesso tempo di conseguire le maggiori economie possibili, appare opportuno favorire l'esigenza di imprenditorialità ed efficienza con la trasformazione in S.p.A. miste anche con capitali pubblico minoritario (ai sensi della stessa legge 142/90 e delle leggi 385/90 e 498/92 delle gestioni appartenenti agli Enti locali).

Ai fini di garantire le libere condizioni di mercato, il disegno di legge prevede per il concessionario l'obbligo di non gestire più del 10% dei servizi nazionali di trasporto su gomma.

Infine per quanto riguarda gli investimenti, occorre dire che i costi di investimento che le imprese sosterranno nel rinnovo del parco rotante saranno compresi nel costo di esercizio del servizio; tuttavia l'intervento che lo Stato riterrà di effettuare a sostegno di investimenti nelle infrastrutture necessitano di apposite leggi di spesa.

§






Litoranea Veneta
e sistema Padano

APPROVATA DAL PARLAMENTO
LA LEGGE 380
CHE FINANZIERA’ E REALIZZERA’ LA RETE IDROVIARIA
PADANO - VENETA

GLI INTERVENTI PRIORITARI RIGUARDANO LA MESSA IN SICUREZZA DELLE CONCHE

Il Consorzio Litoranea Veneta, istituito fin dal 1985, ha avuto per vari anni una vita difficile in conseguenza della miopia dei molti che vedevano il futuro dei trasporti italiani ben soddisfatto dalla rete autostradale italiana.

Con il tempo però la realtà è inevitabilmente cambiata, i trends di sviluppo del paese hanno portato con sé anche uno sviluppo della quantità di merci trasportate e il sistema stradale e

ferroviario del nostro paese è andato saturandosi fino alla situazione che tutti conosciamo ogni giorno.

Il nostro paese, solo ora tocca con mano la carenza delle infrastrutture di trasporto ed in particolare l'assenza di un sistema idroviario che generalmente in Europa, ma anche negli USA, Canada e Unione Sovietica consente una migliore distribuzione del traffico tra gomma, ferrovie e idrovie.

Nel Veneto e nel Friuli V.G. è andata crescendo la consapevolezza e la necessità di utilizzare con appropriati interventi strutturali e gestionali una vasta rete di canali artificiali e fiumi che un tempo non lontano sostituivano le ferrovie e le strade del sistema dei trasporti.

È su questa realtà che si è andata sviluppando !'iniziativa di alcune Camere di Commercio attraverso il Consorzio Litoranea Veneta per l'iniziativa di uomini autorevoli come il Conte di Maniago, Carlo Bernini attuale Ministro dei Trasporti e Mario Bernardo recentemente defunto.

Oggi il Consorzio Litoranea Veneta e diramazioni comprende tra i suoi soci tutte le Camere di Commercio del Litorale Adriatico da Rovigo a Trieste ed attendiamo la promessa adesione delle Regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.

Il primo obiettivo del Consorzio Litoranea Veneta è quello di offrire ai vettori che intenderanno fruire del sistema idroviario padano l'opportunità di connettersi con i sistemi industriali e civili del Nord-Est italiano che com'è noto costituiscono una vasta realtà in forte crescita (Rovigo, Padova, Venezia, Treviso, Pordenone, Udine, Gorizia, Monfalcone), Trieste).

La realizzazione di questo obiettivo non richiede grandi opere infrastrutturali.

Si tratta invece di connettere e sistemare opportunamente una realtà che già in passato aveva una sua funzione specifica. nnanzitutto il tracciato della Litoranea che dalla Laguna di Venezia, attraverso la Laguna di Caorle, di Marano e di Grado raggiunge Monfalcone e in fregio al Golfo, Trieste.



È un tracciato in parte utilizzato dai natanti fin dalla I Guerra mondiale per rifornire materiale bellico al fronte.

Oggi l'insieme di opere (chiuse, conche e rive lungo il tracciato) resistono della vetustà e di una scarsa manutenzione, ma non tale da impedire un modesto traffico di sabbia, carbone e ghiaia, nonché di imbarcazioni da diporto turistiche e della pesca in prevalenza nel periodo estivo.

In questo senso, la nuova legge n. 380 sul sistema idroviario padano Veneto costituisce per la Litoranea Veneta un riconoscimento ufficiale essenziale perché è compresa nel sistema idroviario di preminente interesse nazionale.

Ma vi sono altri ragionamenti che consentono di valutare con la dovuta attenzione il ruolo della Litoranea Veneta.

Innanzi tutto la connessione con il sistema Po, il Porto di Venezia, il Porto di Chioggia (e prossimamente il Porto di Val da Rio) e il Porto di Rovigo. Non va dimenticato, che la portualità veneziana, fin dalle sue origini, ha sempre avuto una forte interconnessione fra traffico marittimo e traffico fluviale e lagunare.

Quindi Padova con il suo Interporto di I Livello e l'asse idroviario in fase di ultimazione che ricollega alla Laguna di Venezia ; poi Treviso, tramite il fiume Sile grazie alla Conca di Portegrandi.

Ma proseguendo verso Est si incrociano con la Litoranea Veneta importanti fiumi in parte navigabili da sempre:

Il Piave verso S. Donà e Zenson;
il Livenza verso Portobuffolè e poi con il Meduna e Noncello fino a Pordenone;
il Lemene dalla Laguna di Caorle e del Nicesolo verso Concordia e Portogruaro;
il Tagliamento verso Latisana e con le due conche di Bevazzana verso Grado e Porto Baseleghe;
lo Stella, da Marano Lagunare verso Precenicco e Palazzolo,
l'Ausa-Corno in connessione con Portonogaro, Torviscosa e il grande nodo ferroviario di Cervignano;
il Natissa verso Aquileia;
l'Isonzo da Monfalcone e Duino verso Gorizia.

Ma vi è un altro aspetto non meno importante, quello della connessione tra L'idrovia e il vasto tessuto turistico costituito dai lidi e dalle spiagge dell'alto Adriatico ed un ampio entroterra culturale, ricco di storia, reperti archeologici e prodotti culinari d’eccellenza.

È noto infatti che il sistema strutturale del turismo Adriatico registra delle difficoltà in parte collegate ad una concorrenza sempre più agguerrita di altre località turistiche, ma anche per una obsolescenza dei modelli dell'ospitalità turistica eminentemente costituita dallo sfruttamento della spiaggia.

La Litoranea Veneta rappresenta invece un'irripetibile opportunità di pensare ad un turismo diverso che parte dal mare ma che penetra nel territorio litoraneo ricco di realtà faunistiche come le lagune e di centri archeologici come Concordia, Aquileia, Grado.

Ma accanto a queste lusinghiere prospettive non poteva mancare una certa doccia fredda costituita dalla decisione delle Regioni dell'Intesa di non inserire la Litoranea Veneta nel piano di stralcio per l'utilizzo dei 110 miliardi nella fase transitoria.

Ovvero, se nei documenti dell'Intesa la Litoranea Veneta figura tra i tronchi idroviari è però riscontrabile l'assenza della Litoranea tra le opere da realizzare previste dal piano di stralcio ed è ancora più incomprensibile è l'assenza di un qualsiasi intervento in proposito nella Regione Friuli Venezia Giulia.

È pur vero che questo intervento per essere significativo non poteva disperdersi in mille rivoli ma è altrettanto incomprensibile che la legge indichi un alveo di interventi che vanno dalla Padania al Friuli Venezia Giulia e che poi quest'ultima regione venga almeno per ora non contemplata dagli interventi operativi.


In questo momento pertanto noi auspichiamo l'esigenza di mantenere l'unitarietà e l'equilibrio degli interventi rispetto al territorio interessato per cui auspichiamo le necessarie correzioni di rotta in sede di verifica di governo.

In questo senso il Direttivo della Litoranea Veneta si era espresso per un intervento prioritario nei confronti delle Conche di Bevazzana sul Tagliamento che costituiscono la connessione tra le due Regioni (Veneto e Friuli V. Giulia).

Con questa amarezza che speriamo transitoria, dobbiamo però registrare che grazie alla recente legge sul sistema idroviario Padano-Veneto la questione del trasporto per vie d'acqua in Italia è passata dal livello delle ipotesi futuribili a quello di una lenta, graduale realizzazione.

Si tratta di una strada in salita perché dobbiamo recuperare anni di vuoto e di imprevidenza.

Siamo consapevoli però che ormai il peggio è passato e non mancheranno le energie per dotare il nostro paese, proprio alla vigilia della realizzazione del mercato unico Europeo, di una chance (quella idroviaria) che altrimenti avrebbe gravemente compromesso le capacità competitive del nostro sistema economico.

§












Il 29 Ottobre 1993 a Bruxelles

IL CONSIGLIO D’EUROPAAPPROVA LE RETI DEL TRASPORTO EUROPEO (TEN)
IL PROVVEDIMENTO RIGUARDA LE RETI DEL TRASPORTO COMBINATO, STRADALE, FERROVIARIO E DELLA NAVIGAZIONE INTERNA

II consiglio d'Europa ha deliberato la rete del sistema dei trasporti: rete transeuropea del trasporto combinato, rete stradale transeuropea e rete transeuropea delle vie navigabili.

Il Consiglio dell'Unione Europea riunitosi a Bruxelles il 29 ottobre 1993 ha assunto una serie importante di decisioni riguardanti le reti del trasporto negli stati dell'Unione Europea e la loro connessione con le reti degli altri paesi d'Europa.

Come si vedrà di seguito, molte delle decisioni hanno un valore determinante per il futuro del trasporto nel nostro paese, ma va rimarcata una sostanziale distrazione della stampa italiana rispetto a queste questioni che sono alla base di una necessaria

razionalizzazione e modernizzazione delle infrastrutture relative se vogliamo aumentare le condizioni della nostra competitività.

In sostanza si tratta di tre delibere, rispettivamente per la rete transeuropea del trasporto combinato, per la rete stradale transeuropea ed infine la rete transeuropea delle vie navigabili.
Per entrambe le delibere il Consiglio d'Europa, prima di decidere, si è avvalso di una serie di lavori ed atti istruttori, rispettivamente della Commissione (Governo), del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale.
Delibera relativa alla realizzazione del trasporto combinato:

Il Consiglio dell'Unione Europea considera (sintesi) che l'obiettivo del trasporto combinato è quello di contribuire al rapido sviluppo degli scambi di merci grazie alla interoperabilità delle varie reti modali, favorendo quelle meno inquinanti.

Il trasporto combinato va quindi inquadrato in un più ampio contesto dello sviluppo del trasporto multimodale aperto oltre che alle infrastrutture stradali e ferroviarie a quelle idroviarie e marittime.

Il Consiglio ha valutato che la realizzazione di tale progetto, entro il 2005, dovrà consentire il passaggio di unità di carico normalizzate autorizzate e pertanto saranno necessarie notevoli adeguamenti alla rete che verranno definiti in appositi progetti che saranno ammessi al contributo della Comunità, dopo la necessaria verifica dei costi e dei vantaggi economico-sociali ed ambientali.

In questo contesto, il Consiglio dell'Unione Europea definisce la rete europea del trasporto combinato che è costituita da assi ferroviari e fluviali che con i loro eventuali assi stradali iniziali e/o finali rivestono notevole importanza per il trasporto delle merci su lunga distanza e offrono collegamenti con tutti gli stati membri.

Si deve inoltre prestare attenzione ai lavori per l'adeguamento dei collegamenti ferroviari alle dimensioni e alle condizioni idonee al trasporto dei container e delle strutture amovibili conformi alla

direttiva CEE 85/3 del 13 dico '84.

Inoltre, ai progetti relativi alle strutture per il trasbordo (impianti fissi e mobili) e alla messa in servizio del materiale rotabile adeguato ai fini di un rapido sviluppo dei collegamenti di trasporto combinato, qualora lo richiedano le caratteristiche dell'infrastruttura.

Il Consiglio, deliberando alle condizioni previste dal trattato, adotterà una nuova regolamentazione orientata verso una concezione multimodale in materia di reti transeuropee nel settore delle infrastrutture di trasporto che entrerà in vigore al più tardi il1° luglio 1995.

Delibera relativa all'istituzione di una rete stradale transeuropea
Il Consiglio dell'Unione Europea considera (sintesi) che il funzionamento del mercato interno implica l'aumento dell'efficienza delle reti di infrastrutture e quelle stradali svolgono un ruolo economico e sociale fondamentale per cui occorre collegare le reti nazionali costruendo i raccordi mancanti e apportare i miglioramenti necessari sui collegamenti esistenti per migliorare l'accessibilità delle regioni e rafforzare la coesione economica e sociale all'interno della Comunità.

Il Consiglio afferma che i piani generali delle reti infrastrutturali di trasporto hanno carattere indicativo ed evolutivo e mirano a realizzare progressivamente un sistema di trasporto multimodale, per cui saranno predisposti una serie di orientamenti in materia di reti transeuropee nel settore delle infrastrutture di trasporto in cui saranno precisati i criteri in base ai quali saranno scelte le azioni o i progetti inerenti alle diverse reti.

Il piano della rete stradale transeuropea è composto di autostrade e superstrade. Per quanto possibile, e tenuto conto dei vincoli finanziari degli Stati membri, le azioni di interesse comunitario sotto elencate devono essere avviate nell'arco di dieci anni:

a) realizzazione dei raccordi mancanti, in particolare quelli situati sugli assi che interessano le regioni periferiche o intercluse;


b) miglioramento dei principali collegamenti esistenti sugli assi transfrontalieri e sugli assi che interessano le regioni periferiche o intercluse o che collegano tali regioni alle regioni centrali della Comunità;
c) collegamenti tra i paesi terzi e la Comunità;
d) collegamenti intermodali, segnatamente ai fini degli assi di trasporto combinato;
e) tangenziali per i principali centri urbani situati sulla rete transeuropea;
f) progetti di gestione del traffico comprendenti progetti dimostrativi.

Delibera relativa allo sviluppo di una rete transeuropea delle vie navigabili
Il Consiglio dell'Unione Europea considera (sintesi) che per il corretto funzionamento del mercato interno occorre potenziare ed aumentare l'efficacia delle infrastrutture di trasporto della Comunità fra i principali porti marittimi e le regioni industrializzate del centro Europa, in particolare attraverso una rete di vie navigabili per il trasporto di merci, a tal fine è necessario coordinare bene gli obiettivi, tenuto conto dei vantaggi sotto il profilo dei costi, dello scarso impatto sull'ambiente e del consumo limitato di energia.

La navigazione interna dispone di notevoli riserve sia in termini di capacità di flotta fluviale che di possibilità di utilizzazione delle infrastrutture che consentono di garantirne l'effettiva complementarità rispetto agli altri modi di trasporto.

A questo scopo il Consiglio ritiene indispensabile l'elaborazione di uno schema direttivo che tenga conto degli obiettivi di coerenza tecnica delle idrovie e che precisi le azioni prioritarie da intraprendere.



Il Consiglio afferma che la rete transeuropea delle vie navigabili corrisponde in linea di massima ai bacini fluviali esistenti ed è costituita da un certo numero di assi di trasporto principali su fiumi e canali nonché dalle diverse diramazioni e ramificazioni di collegamento.

Tale rete consente di servire zone industriali e agglomerati urbani importanti e di collegarli con i grandi porti marittimi.

Le caratteristiche tecniche minime adottate per le idrovie della rete sono quelle corrispondenti alle dimensioni dei battelli della classe IV (idrovia che consente il passaggio di un battello o treno a spinta di lunghezza da 80 a 85 metri e larghezza pari a 9,50 metri).

In caso di ammodernamento o di creazione di una via navigabile integrata a detta rete, le specifiche tecniche dovrebbero corrispondere almeno alla classe IV e permettere di raggiungere successivamente:
la classe Va (idrovia che consente il passaggio di un battello o treno a spinta di lunghezza pari a 110 metri e larghezza pari a 11,40 metri);
la Vb (idrovia che consente il passaggio di un treno a spinta di lunghezza da 172 a 185 metri e larghezza pari a 11,40 metri), nonché permettere il passaggio, in condizioni soddisfacenti, dei battelli utilizzati per il trasporto combinato.

La rete si sviluppa conformemente allo schema direttivo descritto nel tracciato .


§








Stresa, 47° edizione
SOTTO ESAME
LA MOBILITA’ ANNI NOVANTA

LE CITTA’ STANNO DIVENTANDO SEMPRE PIU’ INVIVIBILI PER IL TRAFFICO PRIVATO, MENTRE LE METROPOLITANE SONO QUASI INESISTENTI

La tradizionale conferenza di Stresa, organizzata dall'Automobile Club d'Italia, ormai alla sua 47a edizione aveva quest'anno uno slogan suggestivo: 'Mobilità anni 90: fattore di crisi o di sviluppo?', lo stesso programma dei lavori prospettava una tematica non strettamente 'automobilistica' in quanto proponeva una riflessione sui costi sociali ed economici della mobilità, la fluidificazione del traffico urbano, la realizzazione delle reti metropolitane, la mobilità delle merci e l'intermodalità, l'alta velocità ferroviaria, il monitoraggio dell'inquinamento da traffico.

Il programma dei lavori dà una dimensione delle preoccupazioni dell'automobilista contemporaneo, cioè della stragrande maggioranza della popolazione che usa normalmente l'automobile per lavoro, affari studio, turismo.

Ma le soluzioni ai molti problemi che angustiano chi frequentemente usa l'automobile non sono semplici innanzitutto

perché ci troviamo oggi a doveri i affrontare con urgenza e senza alternative per il fatto che in passato ci siamo lasciati trascinare dall'improvvisazione e dallo spontaneismo, non abbiamo programmato lo sviluppo, non abbiamo equilibrato lo sviluppo dell'automobile con altri modi del trasporto delle persone e delle merci.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le città stanno diventando sempre più invivibili per effetto del traffico automobilistico privato, le autostrade non riescono più a contenere una quantità di passeggeri e merci in continua espansione. A fronte di ciò permane una crisi atavica del settore ferroviario, le metropolitane sono quasi inesistenti (salvo Milano e Roma), permane un ruolo del tutto residuo del trasporto sulle vie d'acqua, nonostante la favorevole condizione fisica dell'Italia.

Secondo i dati dell'ACI forniti dalla conferenza di Stresa i veicoli circolanti nel 1990 hanno raggiunto i 37 milioni, erano 25 ne11981. Ci sono stati però 286.000 incidenti che hanno provocato quasi 7.000 morti e 220.000 feriti: una vera guerra.

Se poi analizziamo più nello specifico il fenomeno abbiamo che solo 56.000 incidenti sono avvenuti nelle autostrade e strade statali e ben 210.000 nelle aree urbane, ma autostrade e aree urbane quasi si equiparano in termini di morti per incidenti (2.475 le prime 2.655 le seconde) il rimanente 1.028 nelle strade provinciali e 488 nelle strade extraurbane. Questi dati però sono largamente al di sotto della realtà perché non contengono le morti avvenute successivamente in conseguenza dell'incidente.
A questo aspetto pur grave e drammatico della sicurezza per chi viaggia si aggiungono altri elementi che potrebbero essere catalogati come fattori di crisi della mobilità: la perdita di tempo, il consumo energetico, la inefficacia economica del capitale investito, l'aumento dell'inquinamento ambientale e il peggioramento della qualità della vita.

La conferenza di Stresa si è sviluppata quindi necessariamente in un confronto tra specialisti delle diverse materie connesse alla mobilità, così come era ampia la presenza di 'politici' tra i quali Carlo Bernini Ministro dei Trasporti.



Il messaggio che esce da questo importante avvenimento non è contrastato. C'è su tutta la materia della mobilità una analisi sufficientemente 'unitaria' ed univoche sono anche le terapie d'intervento. Non si assiste più alle diatribe del passato che dividevano il partito della rotaia dal partito del trasporto su gomma, così come è ampiamente superata la visione ideologica tra trasporto pubblico e privato.

L'indicazione che scaturisce da Stresa è quella di una grande consapevolezza di dover intervenire subito con razionalità per impedire che la mobilità da fattore di sviluppo si trasformi in fattore di crisi, non dimenticando l'interdisciplinarità che è essenziale per affrontare il sistema trasporti in Italia.

Si è parlato quindi giustamente di una indilazionabile rivitalizzazione del sistema ferroviario (merci e passeggeri) evitando un intervento esclusivo sull'Alta Velocità, così come è urgente dotare i grandi sistemi urbani in Italia di ferrovie metropolitane.

Per ridurre la quantità di TIR che affollano il nostro sistema viario è necessario agire contemporaneamente sulle strutture ferroviarie e sulle vie d'acqua (le ferrovie italiane. diversamente dalla realtà dei principali paesi europei svolgono nel settore del trasporto merci un ruolo del tutto insignificante, nonché si tratta di ampliare la quantità di merci che potrebbero viaggiare sul sistema idroviario padano-veneto nonché lungo le due dorsali marittime Tirreno-Adriatico adeguando strutturalmente e organizzativamente la funzione del cabotaggio).

Nelle aree urbane la situazione della mobilità è ancora più complessa perché spesso ci si addentra in un tessuto urbano nato prima dell'automobile e quindi mal disposto ad accoglierla. Le grandi città ormai prigioniere del traffico hanno la necessità di liberare le strade dalla sosta automobilistica e da una quantità eccessiva di auto in circolazione.

Ciò si può risolvere realizzando un sistema efficiente di trasporto pubblico inter connesso con un sistema di parcheggi distribuiti nei luoghi strategici del sistema urbano. L'automobile quindi

non viene espulsa dalla città ma deve connettersi con le regole e con le scelte che la città si dota per assicurare mobilità efficiente quale fattore essenziale dello sviluppo.

Nel corso dei lavori della conferenza, un contributo in tal senso è stato offerto da Carlo Patrucco vice-presidente Confindustria.
Innanzitutto Patrucco ha affermato che non si può immaginare che gli imprenditori intervengono nel settore con spirito di benefattori ma solamente se ciò costituirà motivo di remunerazione degli investimenti.

In questo senso l'attenzione dei privati nel settore ferroviario dell'Alta Velocità. Ma Patrucco ha indicato una strada già sperimentata da altri paesi come il nostro assillati da problemi analoghi, cioè quella di coinvolgere il capitale privato per la realizzazione di determinati impianti ed infrastrutture attraverso l'esercizio i n concessione degli stessi per un periodo prestabilito.

In definitiva il meccanismo simile a quello, perché le società erano pubbliche, che ha consentito in periodi non facili al nostro paese di dotarsi di un sistema autostradale di tutto rispetto.

Il percorso potrebbe essere il seguente:

individuazione delle opere prioritarie per la realizzazione delle quali potrebbe essere stipulata, con un consorzio composto anche da privati, una apposita convenzione (esempio: centrointermodale, sistema di trasporto metropolitano, parcheggi scambiatori, tangenziali di attraversamento e sopraelevate, garages, ecc.);

realizzazione di una società ad hoc che diventa concessionaria e realizza in accordo con le istituzioni il progetto dell'iniziativa nonché degli obblighi sociali prioritari;

lancio di un prestito a medio termine concorrenziale con quello dei BOT e CCT che può essere sottoscritto sia da aziende pubbliche, sia da privati cittadini.




Naturalmente una tale ipotesi farà certamente discutere e vi sarà chi sosterrà l'opportunità delle tradizionali soluzioni 'pubbliche'.

Il fatto però è che con questo livello di risorse e del loro discutibile impiego continuiamo a registrare una grave dicotomia tra le esigenze dello sviluppo e la velocità di decisione e di realizzazione della politica. Se si continuerà di questo passo sarà inevitabile constatare che l'Olivetti investe a Singapore e Morganti ad Evian.

Bisogna quindi trovare una terza via possibile ed è quella che modestamente ho delineato sollecitato dal dibattito a margine della 47° Conferenza del Traffico di Stresa.

§














A Venezia il 16 Ottobre 1995
un Convegno di Unioncamere

IL TRASPORTO MOTORE PER LO SVILUPPO DEL NORD – EST

FERROVIE, PORTI, VALICHI: OCCORRE UNA POLITICA GLOBALE, PER NON ESSERE ISOLATI IN EUROPA
Si è svolto a Venezia il 16 ottobre scorso, presso la Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista un importante convegno organizzato dalle Unioni Regionali del Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige sulle questioni prioritarie del trasporto nel Nord-Est.

Il Convegno ha visto la partecipazione di studiosi, responsabili delle istituzioni e degli enti preposti, nonché rappresentanti del sistema camerale e del sistema politico italiano e dei paesi confinanti.

La prima relazione è stata svolta da Lanfranco Senn, docente della Università Bocconi di Milano e componente del Comitato scientifico di Uniontrasporti, il quale si è soffermato sulle caratteristiche economiche e sociali che caratterizzano lo sviluppo

in atto nel Nord-Est, ma anche sui pericoli che la stessa area corre nel prossimo futuro se non sarà adeguata la sua infrastrutturazione che la connette alle altre regioni dell'Europa.

Senn afferma che "... alla fine degli anni Ottanta una buona parte del sistema produttivo italiano era entrato in crisi e perdeva competitività sul lato dei prezzi man mano che a livello macroeconomico andavano maturando regole rigide del sistema monetario europeo e si riduceva la fascia di oscillazione dei cambi. Gli effetti però non si sono distribuiti in modo omogeneo in tutto il paese: la Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia hanno saputo esprimere un potenziale esportativo che si è mosso in contro tendenza e ha guadagnato all'interno dell'export italiano una quota di quasi un punto percentuale.

Nel '93 il sistema produttivo del Nord-Est aveva raggiunto una capacità esportativa nettamente superiore alla nazionale: la quota percentuale dell'export sul valore aggiunto totale era infatti del 29,1%, superiore al dato nazionale di ben 12 punti percentuali ...".
Ma quali sono i fattori di questo successo? Il Senn afferma che "... se un primo fattore di successo del Nord-Est può dunque sicuramente essere individuato nella forte differenziazione produttiva, che consente di diversificare il rischio territoriale garantendo al sistema la flessibilità necessaria per far fronte alle impreviste oscillazioni della domanda, il successo dell'area è assicurato anche dalla coesistenza con il tessuto di piccola e media impresa di diversi impianti di grandi dimensioni.

La multispecializzazione si accompagna alla presenza di alcune delle aziende più rappresentative del made in Italy nel mondo ... oggi il Nord-Est non si identifica più soltanto con i sistemi locali di piccole e medie imprese. Anzi la sua forza deriva proprio dall'integrazione tra i vari settori e dall'equilibrio tra piccola e grande impresa ...".

Ma se questa è l'analisi del passato e del presente, il professor Senn sostiene che nel futuro la congiuntura potrà riservare sorprese non positive se il sistema non accrescerà la propria capacità di confrontarsi con nuove sfide nei confronti di altre regioni d'Europa.



"Reinterpretare l'identità del sistema produttivo e renderla adeguata alle sfide del 2000 significa individuare un quadro strategico di riferimento che riduca ad unità le diverse realtà produttive e gli strumenti più idonei per permettere al sistema produttivo di fare quel salto che i mutamenti strutturali in atto richiedono. L'apertura del sistema economico passa attraverso la creazione di nuove infrastrutture di mobilità che inseriscano l'area nel contesto economico italiano. Paradossalmente oggi la Germania è più vicina della Lombardia o del Lazio per gli operatori del Nord-Est ... Infatti, pur riuscendo a conquistare i mercati esteri, lo sviluppo del Triveneto è ancora estremamente fragile, poco terziarizzato, gracile dal punto di vista finanziario e patrimoniale, con molta strada da percorrere nel campo delle nuove tecnologie dell'informazione ...".

Ha fatto seguito l'intervento di Antonio Frigo, Presidente di Unioncamere Veneto. Non è stato un intervento di uno che sta studiando dall'esterno le ragioni del successo dell'economia del Nord-Est ma di un protagonista che conosce anche nei dettagli l'impegno quotidiano di tanti imprenditori "...

Il Triveneto non è solo un luogo di transito per le merci e per le persone sulle grandi distanze. Con la sua apertura all'internazionalizzazione è anche centro di produzioni di merci, per il 40% collocate all'estero, specie sui mercati comunitari, con indici di ampio incremento sia verso la penisola Iberica che verso i Paesi dell'Est Europeo. Infatti ben il 20% del complessivo interscambio nazionale ha origine dal Triveneto con una movimentazione di merci che, in termini quantitativi, corrispondono a 40 milioni di tonnellate ..."

In questo contesto afferma Frigo "o.. la richiesta infrastrutturale che anche oggi viene ribadita, non è solo una esigenza localistica, ma è di preminente interesse nazionale ed internazionale. Mi sembra di poter dire che tale aspetto è stato ben recepito a livello comunitario, ma non apprezzato sufficientemente sul piano nazionale, come dimostra il quasi completo disinteresse nei confronti del triveneto nei programmi operativi previsti dai finanziamenti concessi dallo Stato, non solo per le

infrastrutture ...".
Frigo ha puntato il dito su questa importante questione, consapevole che la carenza di infrastrutture moderne ed efficienti, già ora ma ancor più nel futuro si trasferirà sul costo delle merci, incidendo negativamente sulla loro capacità competitiva soprattutto quando gli effetti della svalutazione della lira tenderanno a svanire mentre crescerà invece il prezzo delle materie prime di cui siamo largamente importatori.
Frigo ha quindi proseguito affermando che "... come enti camerali del Triveneto si è ritenuto necessario procedere ad alcune scelte definitive e prioritarie, individuandole in tre obiettivi essenziali:
- la direttrice del Brennero (Galleria di Base) come indicato dal Parlamento Europeo;
- quadruplicazione veloce della linea ferroviaria ad est di Milano, verso Verona, Venezia, Trieste/Udine;
razionalizzazione e liberalizzazione competitiva della portualità richiedendo un ruolo attivo delle authority nella prospettiva di un sistema alto Adriatico in grado di valorizzare le specificità ...".

È quindi seguito l'intervento di Carlo Andreotti, Presidente della Comunità d'Azione per il Brennero, che in apertura si è soffermato sulle luci ma anche sulle ombre del vertiginoso sviluppo del Nord-Est. Andreotti ha successivamente affermato che "... per aiutare il Nord-Est a consolidarsi è indispensabile dotare quest'area di collegamenti avanzati, sia con il potenziamento di quelli esistenti sia creandone di nuovi ad iniziare proprio dall'asse ferroviario del Brennero, storico e ideale collegamento fra il Nord-Est italiano e l'Europa continentale, la Germania in particolare, ovvero la cosiddetta area del Marco Tedesco ...".

Andreotti ha inoltre sottolineato che "... nel 1984, le proiezioni riferite al traffico su strada ipotizzavano per il 2000 un transito dal Brennero di 22 milioni di tonnellate di merci all'anno. Nel 1994 sono passate attraverso il Brennero 29 milioni di tonnellate di merci, quindi un volume superiore di circa il 30%.

Oggi il trend futuro è calcolato nell'ordine del 5% annuo. Nel

2000 si delinea quindi un volume di traffico di circa 38 milioni di tonnellate annue, milioni che diverranno 50 nel 2020. Ma se questi incrementi di traffico si riverseranno in larga misura sul trasporto stradale, la vivibilità del territorio, innanzitutto per le popolazioni residenti, la conservazione dell'equilibrio ambientale e quindi il dialogo transfrontaliero ne sarebbero gravemente compromessi ...". In tal senso, ha concluso Andreotti, gli! obiettivi che la Provincia di Trento intende perseguire d'intesa con la Comunità d'Azione del Brennero sono sostanzialmente due:
occorre in primo luogo completare il potenziamento già in corso della linea attuale del Brennero, perché il numero dei treni in transito possa passare da 130 a 200, promuovendo al tempo stesso l'intermodalità, a partire da una decisa valorizzazione dell'area interportuale di Trento nord, non tanto peri fare un'impossibile concorrenza a Verona ma per dare risposte precise alle esigenze del traffico pesante locale ed a quelle indotte dall'auspicato potenziamento della ferrovia della Valsugana a vantaggio dell'intero Nord-Est e dell'area veneto-pedemontana;
il secondo obiettivo è una forte pressione politico-istituzionale di tutti i soggetti interessati, per sollecitare l'immediato avvio dei progetti esecutivi che si riferiscono alla nuova linea ferroviaria del Brennero ad alta capacità, con la quale soltanto sarà possibile sopportare l'ulteriore aumento del traffico merci previsto per il 2020 ...".

Ha quindi preso la parola Santo Passaia, Presidente della Camera di Commercio di Verona, il quale ha precisato che attraverso il Brennero passa circa il 18% delle merci destinate al nostro Paese, con circa 5 milioni di tonnellate per ferrovia e 14 milioni per strada; Verona a sua volta si inserisce come punto vitale in questo sistema di import-export con il mondo germanico ed i paesi del centro-nord Europa con oltre 1.630.000 tonnellate di merci spedite dal Quadrante Europa, per ferrovia pari al 43% del movimento regionale. Si calcola che i rapporti d'affari tra Verona e la Baviera superino da soli i 10 miliardi di marchi l'anno. A ciò si aggiunge il ruolo di primo piano assunto dall'Interporto di Padova nel comparto containers e, nonostante le ristrutturazioni, mantengono il loro ruolo strategico Marghera ed il Porto di Venezia.


Passaia ha poi affrontato le vicissitudini del progetto Alta Velocità nel Veneto dichiarando che "... importante nella fase attuale è recuperare il tempo perduto per il Nord-Est ove per vicissitudini politico-urbanistiche a tutti note, si è subìto negli scorsi anni uno stallo anche sotto il profilo progettuale oltre che di accettazione della nuova filosofia del trasporto. Ora è il momento del progetto esecutivo dell'intera tratta da Milano a Verona, a Venezia, a Trieste/Udine, connessa con l'altrettanto importante e decisiva "nuova" linea del Brennero; così da inserire in una rete organica la nuova linea trasversale veloce ai porti e agli interporti ...".

L'intervento a nome della Camere di Commercio del Friuli Venezia Giulia è stato svolto da Guglielmo Querini che in apertura ha ricordato che nel nostro Paese il numero dei porti commerciali è sicuramente eccessivo anche con l'attenuante dell'estensione della costa italiana che, per la verità, giustifica in qualche modo un maggior numero di porti rispetto ad altri stati.

Tale numero secondo l’ISTAT ammonta a 134 e in esso trova compresi anche porti e porticcioli a servizio turistico, porti pescherecci ecc., si riduce a 53 se si considerano solo i porti che operano più di 500.000 tonnellate o 44 se si considerano solo quelli che movimentano più di 1.000.000 di tonnellate.

Querini ha proseguito affermando che "... tale numero è eccessivo soprattutto se si continua a pensare che ciascuno dei 53 o 44 porti commerciali possa fare tutto, dal container ai minerali alla rinfusa, dal traffico roll-on/roll-off, agli alimentari refrigerati, continuando a realizzare doppioni di infrastrutture con denaro pubblico, a prescindere dalla redditività degli investimenti in termini di traffico, accrescendo quindi l'eccesso di offerta statica e creando aspettative che sicuramente non potranno essere soddisfatte ... sono troppi, se ciascuno poi pretende di avere una propria authority portuale con oneri a carico della collettività e quindi a carico delle merci ...

A questo proposito ricorderò che in alcuni porti le Camere di Commercio, con sensibilità e lungimiranza, precorrendo di molti anni le teorie di apertura dei porti ai privati, hanno costituito

delle proprie Aziende Speciali per il Porto che, senza gravare di una sola lira sull'erario, hanno provveduto, in accordo e a supporto delle Autorità Marittime locali, a fare ne più ne meno di quello che sono oggi chiamate a fare le authority portuali.

Le Aziende Speciali, caso tipico quelle di Monfalcone e Chioggia, hanno incentivato l'inserimento del privato nel porto, realizzando le infrastrutture richieste e necessarie affinché l'operatore privato potesse investire sul porto, garantendo una continuità di traffico ...". Questa, ha concluso Querini, è la sfida che devono assumere in tutta la sua valenza anche i due porti principali di Trieste e di Venezia. Senza perdere ulteriore tempo vanno attivate le condizioni della separazione dei ruoli tra enti pubblici ed operatori privati, riconoscendo ai primi il ruolo di coordinamento e di programmazione, mentre ai secondi vanno affidate le responsabilità della gestione operativa in un contesto di competitività di mercato che costituisce la molla essenziale dell'efficienza e del continuo aggiornamento tecnologico ed organizzativo.

Al Convegno di Venezia non sono certo mancate le presenze di autorità rappresentanti dei paesi confinanti e dell'Unione Europea. Per ragioni di spazio accenneremo solo sinteticamente ai loro interventi.

Thomas Martin Jamnick, sottosegretario del Ministero dei Trasporti della Repubblica di Slovenia, ha ricordato che nel suo Paese "... vi è un solo scalo portuale, quello di Capodistria con capacità effettive che le consentono di movimentare dai 6 ai 7 milioni di traffico annui e vanta notevoli potenzialità territoriali di espansione della propria attività; visto che il potenziale commerciale della Slovenia è ridotto, tutto il futuro dello scalo poggia sui mercati di transito ...".

Giacomo Santini, parlamentare europeo membro della Commissione Trasporti dell'Unione Europea, ha affermato che in questo panorama europeo ci muoviamo su una base di 14 progetti prioritari, il cosiddetto gruppo Christophersen, messo a punto e definito nel Consiglio dei Ministri di Corfù e ufficialmente varato come prioritario dal Consiglio dei Ministri di Essen. L'Europa ha già dato un'ulteriore prova di questa

scelta quando ha stabilito le priorità nei finanziamenti. Nell'ultimo piano di finanziamento per 12 mila miliardi per le reti transeuropee, alle Ferrovie sono stati assegnati il 69% dei fondi, alle autostrade il 20%, alle via navigabili interne il 4%, alle vie navigabili marittime il 2% e agli aeroporti il 5%.

Michel Snaider, direttore ministeriale dell'Economia dei Trasporti e della tecnologia della Baviera, ha categoricamente affermato che "... la decisione per il progetto del Brennero è assolutamente urgente: noi sappiamo che dei grandi progetti infrastrutturali di questo tipo hanno un lungo periodo di gestazione, ma sarebbe fatale perdere tempo e superare il limite dell'anno 2000.L'unica scusa è la mancanza di soldi, ma questa è una specie di escamotage che noi non possiamo accettare ...".

Marcello Ferrari ha esordito portando il saluto di Dun Valder, presidente della provincia autonoma di Bolzano, e affermato che lo stesso ente ritiene necessario oggi destinare il massimo dell'impegno al completamento di questo grande disegno infrastrutturale che comprende appunto il potenziamento della linea ferroviaria del Brennero. E sotto questo punto di vista, ha proseguito Ferrari "... mi sento di esprimere l'impegno della Provincia autonoma di Bolzano, per un intervento nei confronti del Governo e di tutte le entità oggi potenzialmente interessate affinché si realizzi il progetto esecutivo del Brennero e si creino le premesse per l'intervento del capitale privato al fine di rendere maggiormente possibile la realizzazione di un'opera di queste dimensioni ...".

Ad un convegno sul trasporto di così grande interesse non poteva mancare il contributo delle Ferrovie dello Stato, che si sono fatte rappresentare dal numero uno dell'Area Trasporto Merci e Logistica, dott. Giuseppe Pinna che ha esordito:

"Credo di poter portare, a nome dell'avv. Necci, una piena adesione alla vostra iniziativa sotto due principali angolazioni: uno molto egoistico ferroviario, se la vostra iniziativa avrà il risultato che si propone, cioè quello di realizzare un punto d'incontro tra tutte le forze sociali e politiche con le istituzioni interessate allo sviluppo del Paese. Noi non solo auspichiamo il successo dell'iniziativa ma vorremmo aiutarvi concretamente

offrendoci come Unità Logistica Trasporto Merci, che dirigo, come punto di riferimento per conto delle Ferrovie nell'ambito di un eventuale Comitato ristretto sui tre punti prioritari che avete deciso di affrontare con carattere di priorità: Brennero, Alta Velocità, Porti e intermodalità.

Ma vi è un quarto progetto di cui dovrebbe farsi carico questo Comitato ristretto. Lo dico in termini concreti e collaborativi: nel periodo in cui pensiamo ai tre grandi progetti, domandiamoci quali sono gli utilizzi sugli impianti esistenti, in maniera che il migliore utilizzo degli stessi sia il primo incentivo per i finanziamenti futuri. Pinna prosegue il suo ragionamento con alcuni accenni all'ottimizzazione delle infrastrutture esistenti:
. Tarvisio, con il completamento della Pontebbana, può darci una crescita fino a 300/350 treni, di cui 1'80% solo merci; inoltre bisogna lavorare per migliorare i percorsi origine/destinazione coinvolgendo la Slovenia, la Polonia, l'Ungheria e l'Ucraina;
. operare sul Iato organizzativo della formazione dei treni affrontando i relativi problemi con l'Austria, affinché insieme a noi compongano i treni in modo tale da aumentarne il numero e renderli più veloci e quindi ridurre i costi del trasporto in modo da dimostrare con i fatti che le opere del futuro renderanno molto prima rispetto ai 100 o 200 anni, relativamente ai 40 mila miliardi di investimenti previsti.
. realizzare un'alleanza con Austria, Slovenia e Germania per l'utilizzo di locomotive policorrenti, per eliminarne la sostituzione ad ogni confine;
. come nell'autotrasporto, anche per il servizio ferroviario gli equipaggi non devono essere sostituiti ad ogni frontiera; ciò presuppone un grosso confronto sindacale a livello europeo.

Pinna affonda il coltello e non si sa bene se si rivolge al pubblico o se invece i suoi input riguardano anche in buona parte l'establishment burocratico e sindacale delle stesse Ferrovie " bisogna affrontare i problemi della imprenditorialità, della ragionevolezza, dei comportamenti adeguati, di risultati immediati affinché si crei il successo del futuro ottimizzando da ora le risorse comuni che esistono a Trieste, a Venezia a Padova o a Verona, tali da separare le manovre ferroviarie o le attività attinenti la terminalizzazione dal punto a punto di un determinato itinerario ferroviario.


Non è possibile che un treno che già oggi va a 120 kilometri orari, una velocità che dipende dal carro ferroviario e non dalla locomotiva o dalla rete, sia condizionato dai tempi di fermata e di stazionamento, tempi che abbassano disastrosamente la velocità media, o da colli di bottiglia come la Bologna Verona ancora ad un solo binario.

"Queste tre cose del quarto progetto che sono le locomotive, gli equipaggi e la manovra sono tre cose importanti da discutere anche con i paesi confinanti e le altre società ferroviarie. L'Austria è entrata in Europa, l'Austria deve accettare un'impostazione tariffaria europea. Se l'Austria ha dei costi in più dovuti a nostre inefficienze o ad inefficienze di altri Paesi, dobbiamo separare l'inefficienza e farla pagare a chi la crea ".

Interviene Michele Lacalamita, Presidente dell'Autorità Portuale di Trieste che esordisce affermando che parlerà di una sola problematica tra le tante, quella del rapporto tra il porto ed i clienti. I clienti, afferma Lacalamita, non hanno voglia di sentire telenovelas, i clienti non hanno bisogno di perdere tempo
su programmi megagalattici che forse verranno tra 10 o 20 anni. Soprattutto i clienti del Nord-Est hanno bisogno di sapere con chiarezza in quanto tempo le loro merci raggiungeranno i mercati di consumo, a quali costi e prezzi, con quali sicurezze assicurative e con quale conservazione ecologica.

L'Authority è una figura mediana fra la burocrazia che non si muove o non fa ed i clienti. 'Authority ha a disposizione la leva della riforma portuale che prevede il passaggio dal Porto imprenditore pubblico al Porto delle imprese private, quelle che hanno mezzi da investire sulle banchine per tutte le attrezzature ausiliarie. Per un terminale di contenitori ad esempio si parla di investimenti dell'ordine di 50/60 miliardi. Questi interventi sono strettamente connessi alla possibilità di aumento del traffico.
Ma, afferma Lacalamita, finché lo Stato italiano non risolve i problemi a monte, non ci sarà un solo privato che investirà 10 mila lire in un porto italiano. Ed i problemi a monte riguardano 1.600 prepensionamenti di persone che ondeggiano fra i 40 e i 45 anni. I prepensionamenti sono necessari per eliminare uno stato di fatto di persone che lavoravano sei, sette, otto giorni al

mese ed erano pagati per trenta, non era colpa loro, era un andazzo che si è verificato in Italia. Cosa significa dal punto di vista finanziario tutto ciò? che il costo di questi signori è di 95 milioni l'anno mentre il costo medio per privatizzare è di 48 milioni l'anno.
Non c'è impresario serio che lasci il volano della sua azienda nelle mani di altri: il fattore lavoro e la disciplina del fattore lavoro. Vi è poi la grossa questione delle concessioni. Non è possibile che a chi dovrebbe investire molte decine di migliaia di miliardi si offra una concessione per qualche anno. Ma Lacalamita, coglie anche le proposte di altri precedenti interventi " il Range dell'Alto Adriatico è importantissimo ma se mettiamo insieme Venezia, Marghera, Portonogaro, Chioggia, Monfalcone, Trieste, Capodistria, Fiume e Ravenna si muovono appena 120 milioni di tonnellate, una capacità ricettiva che è il 40% del solo porto di Rotterdam, con l'aggravante che ognuno dei porti citati vuoi fare tutto. Se si continua così quei porti continueranno ad essere catini di miseria che di tanto in tanto cercheranno di agguantare i soldi dello Stato e dall'altro fanno crollare le tariffe. Così non si va avanti ".

Ma Lacalamita afferma che se saranno realizzate le riforme necessarie le prospettive non mancheranno "... le opportunità non mancano, rispetto al più grande mercato mondiale che è oggi l'Estremo Oriente, approdare al Range Alto Adriatico rispetto ai Porti del Nord Europa significa un risparmio di 2.851 miglia, cioè 5 giorni di andata e 5 giorni di ritorno in meno che rapportati al costo nave, 45 mila dollari al giorno, sono 450 mila dollari al viaggio in meno. Ritornando al concetto iniziale significa che se realizzeremo queste condizioni avremo i clienti, perché il cliente non guarda le bandiere, il cliente pensa alle possibilità di risparmio dei costi ".

È seguito quindi l'intervento di Marco Ponti, consigliere Economico del Ministro dei Trasporti, il quale ha esordito affermando che lo Stato non c'è, c'è invece una enorme macchina erogatrice di denaro (circa 30 mila miliardi l'anno) ma priva di cervello pensante. Una delle voci principali di spesa sono le Ferrovie dello Stato, che hanno un piano di investimenti di 54 mila miliardi, più altri 20 mila sotto forma di prestiti garantiti dallo stato per l'Alta Velocità. Di questi 54 mila non è mai

stata fatta un'analisi costi-benefici né finanziaria. Solo per l'alta velocità qualche ragionamento economico-finanziario si è fatto.

Il Ministero dei Trasporti ha cercato quindi di restituire un minimo di capacità di valutazione e decisionale alla macchina dello Stato, proponendo il rilancio della pianificazione nazionale, cioè il Piano Generale dei Trasporti ed il rilancio di un'Autorità per controllare proprio la parte dei monopoli naturali che non può essere demandata all'antitrust, perché non è di sua competenza ".

Venendo al Brennero e al Frejus, cioè questioni sollevate dal dibattito di questo convegno, ha ricordato il consigliere Ponti, devo ricordare che sono opere dell'ordine del tunnel sotto la Manica, sono 53 Km di galleria di base ciascuno ma con le gallerie per accedere, anche in relazione a giuste sensibilità ambientali la lunghezza raddoppia e quindi sono dell'ordine del doppio della Manica che collega l'Inghilterra con la Francia.
I costi sono dell'ordine di 20/25 mila miliardi. Quindi in totale vengono fuori circa 50.000 miliardi. Sulla finanziabilità autonoma di questi progetti qualche dubbio è lecito. Se la Galleria del Brennero costa 20.000 miliardi, per ripagarsi deve generare profitti netti dell'ordine dei 2.000 miliardi l'anno che sono uguali ai ricavi totali delle Ferrovie dello Stato per le merci. Sulla base delle precedenti considerazioni, Conti conclude che occorre un piano per i grandi investimenti nazionali, un piano che misuri con un minimo di strumenti tecnici la redditività e l'urgenza. La decisione finale dev'essere politica, su questo non si sono dubbi !

Ha quindi preso la parola Luca dal Pozzo, in rappresentanza del Governo dell'Unione Europea, portando innanzitutto il ringraziamento ed i saluti del Ministro dei Trasporti Kinnock.
Dal Pozzo ha ricordato che "... Il trattato sull'Unione Europea entrato in vigore il 10 novembre 1993 prevede una nuova politica delle reti transeuropee.
Questo riconoscimento implica la partecipazione della Comunità quale attore di primo piano nella scelta degli orientamenti per permettere la realizzazione del mercato interno, attraverso l'attenuazione delle barriere fisiche alla libera circolazione delle persone e delle merci sul territorio dell'Unione, nonché per

rafforzare la coesione economica e sociale con nuovi collegamenti tra le regioni più svantaggiate e isolate e quelle del centro Europa.
La Commissione è anche incaricata di garantire lo sviluppo dell'interoperabilità delle reti (tra di loro): ci sono molti progetti in corso, non solo per le grandi reti transeuropee, ma per garantire l'uniformità del sistema di segnalamento lungo la linea di alta velocità, per uniformare le sagome dei vagoni merci. L'azione della Comunità si è rivolta verso la promozione e lo sviluppo dei modi di trasporto più rispettosi dell'ambiente quali il trasporto marittimo ed in maniera più generale verso l'intermodalità dei mezzi di trasporto.

Vi sono stati inoltre vari interventi tra il pubblico presente:
il sen. Luciano Merigliano,
Renzo Sacco presidente della Provincia di Padova,
l'on. Giuliano Godino,
Bruno Podbersing direttore delle Stazioni Doganali di Gorizia
e l'avv. Danilo Andrioli di Verona.

I lavori sono stati conclusi da Danilo Longhi, Presidente della Unione Italiana delle Camere di Commercio, che ha esordito ringraziando, a nome di tutti, le Unioni del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige per aver pensato, organizzato e diretto l'incontro.

Il Triveneto, ha affermato Longhi, non è solo un'espressione geografica, ha una lunga cultura, è il crocevia di tre grandi culture, quella mediterranea, quella mittel-europea e quella slavo-danubiana. In questo senso bisogna sempre tenere presente che l'hinterland a monte della portualità dell'Adriatico arriva lontano, se è vero che dove ha sede il Parlamento Europeo, ossia Strasburgo, il porto più vicino è Venezia.

È emerso dal convegno, ha proseguito Longhi, che il Triveneto è un'economia vitale e lo è per il PIL, lo è per l'occupazione, è un'economia aperta, che un'altissima percentuale di ciò che viene prodotto viene esportato, che vi sono decine di migliaia di imprese in joint venture con altre realtà, altre regioni italiane ed

europee. Il Nord-Est ha un'economia fortemente decentrata: il policentrismo ne è la sua caratteristica, c'è un sistema produttivo che abbisogna assolutamente della gomma per raggiungere la ferrovia e mai le ferrovie potrebbero arrivare in tutte le aree produttive del Triveneto.

E allora c'è il tema della logistica del trasporto, c'è il tema degli interporti, della intermodalità come fatto necessario per usare le infrastrutture fondamentali, per la mobilità sia interna che internazionale.

"In conclusione di questo importante convegno - ha affermato Longhi - non possiamo non puntualizzare che in vista del semestre italiano, in cui l'Italia avrà la guida della Comunità Europea, vi sia la necessità di presentare in quella sede non tanto progetti fideisti ma che abbiano una compatibilità economica e quindi contengano un'analisi costi-benefici.

Credo che debba essere ripreso in sede comunitaria quel Master Plan europeo che assegnava al Corridoio Adriatico un ruolo importantissimo come porta della Comunità a Sud. In questo contesto diventa fondamentale il Brennero nella sua plurimodalità, sicuramente con la Ferrovia come punto forte, ma anche con Tarvisio come collegamento per il Centro-Europa, per Trieste proprio per i legami ai Paesi slavo-danubiani e quindi verso l'Est".

C'è, come secondo punto, !'esigenza di una valorizzazione della cultura mediterranea dentro la Comunità Europea. Finché ci sarà un'Europa governata dall'asse carolingio Bonn-Parigi, è evidente che poco spazio noi avremo nella Comunità Economica Europea. Sotto questo profilo, dalla Catalogna, da Sud della Francia, la Padania ed i Balcani, sicuramente ogni collegamento Est-Ovest diventa fondamentale e strategico.

Quindi velocizzazione Est-Ovest, la Lione-Torino-Trieste e oltre, valorizzando il corridoio plurimodale padano e la sua connessione al sistema portuale Adriatico.

Questi porti vanno collegati fra di loro in forma telematica nel contesto di una liberalizzazione che preveda la presenza dei

privati e dove va data la necessaria importanza al tema della qualità nel trasporto merci.

Ma al governo vanno chieste con forza delle politiche di valico perché il paese rischia di essere strangolato. Se la regione Rhone-Alp si allinea alla Svizzera e all'Austria, l'Italia sarà tagliata fuori senza possibilità di aggancio con l'Europa.

§














Il traffico merci tra l’Italia e il Centro Europa
IL BRENNERO:
UN VALICO ORMAI INACESSIBILE
PESA UN DIVERSO
POSIZIONAMENTO
DELLA GERMANIA
A SEGUITO DEL RIDISEGNO TERRITORIALE EST - OVEST
Era già opinione comune che anche in relazione al prossimo appuntamento con il Mercato unico Europeo un'opera quale quella della nuova galleria ferroviaria del Brennero avrebbe avuto il via libera dai governi interessati dato il suo carattere di priorità nella strategia degli scambi commerciali NORD-SUD dell'Europa.

Ma su questa aspettativa molto sentita dalle istituzioni interessate del Nord-Est italiano e del Tirolo si è riversata una doccia fredda che ha raggelato i facili entusiasmi. Il fatto è venuto a galla in occasione della riunione del Comitato Promotore per i traffici del Brennero che si è riunito mercoledì 30 Gennaio a Bolzano nello storico Palazzo Mercantile, simbolo di una borghesia da sempre in funzione di cerniera e protagonista degli scambi commerciali tra la ricca Baviera, la Padania e l'Adriatico.

Le prime avvisaglie di nuove difficoltà sono state enunciate dal Presidente del Comitato avv. ANDRIOLI che ha denunciato la tiepidezza dei responsabili politici verso una opera resa ancora più indispensabile dalle limitazioni imposte dal governo austriaco contro l'eccessivo transito dei TIR. In tal senso il Presidente ha proposto un ordine del giorno di sollecitazione che è stato successivamente votato all'unanimità dai presenti.

Ma è stata la lunga e dettagliata relazione dell'ing. PEROTTI, Presidente del Consorzio Internazionale studi e progettazioni ferroviarie che ha fatto il punto della situazione ed affondato il bisturi sulle cause dei ritardi e dell'indeterminatezza delle decisioni.

L'elemento di maggior rilievo che è emerso dalle relazioni e dal dibattito è costituito da un diverso posizionamento della Germania sul problema Brennero motivato sia da un ridisegno dei flussi di traffico e relative infrastrutture a seguito delle nuove relazioni EST-OVEST nonché della riunificazione tedesca alla quale si aggiunge un rilancio del traforo dello SPLUGA sostenuto dalla regione Lombardia, mentre invece la Svizzera conferma le proprie preferenze al rammodernamento del Gottardo e del Sempione.

Il progetto di massima del Brennero prevedeva quattro fasi di realizzazione in un arco di tempo entro il 2.000. Allo stato attuale però siamo fermi al palo della realizzazione preliminare della progettazione per cui è da prevedere che anche i tempi di realizzo subiranno un grave ritardo.

L'ing. Perotti ha detto a chiare lettere che il problema della linea ferroviaria a scorrimento veloce tra Verona e Monaco, attraverso il Brennero non ha più ostacoli e riserve sul lato tecnico, così come il Consorzio Internazionale costituito dalle maggiori imprese italiane, austriache e tedesche ha assicurato la piena disponibilità finanziaria assicurata da autorevoli istituti di credito per la completa realizzazione dell'opera.

In tal senso il nodo è costituito dall'affidamento al consorzio della realizzazione progettuale, materiale e gestionale dell'opera.
Il nodo è quindi politico ed è rappresentato dal fatto nuovo

costituito dalla pausa di riflessione imposta dal governo tedesco.
C'è chi ha chiarire lettere intravede in questo ripensa mento tedesco i segni di una forte pressione contraria alla galleria del Brennero che da tempo viene sviluppata dai porti del Nord-Range (Amburgo, Brema, Anversa, Rotterdam).

Infatti è indubbio che la nuova galleria del Brennero rilancerebbe la funzione portuale dell'Alto Adriatico e dell'Alto Tirreno che amplierebbero così la loro capacità di penetrazione dalla Padania al Tirolo e alla Baviera e più in là in tutta la pianura della Pannonia.

Se il nodo è quindi politico, è in quella sede che va affrontato e quindi va inserito il problema Brennero tra le questioni prioritarie dei rapporti ITALIA-AUSTRIA-GERMANIA a livello di presidenza del Consiglio.

Nel corso della riunioni del Comitato promotore del Brennero si è ricordato con amarezza che la vecchia galleria del Brennero, nata nel 1860 è stata realizzata in 6 anni, superando allora grandi difficoltà tecniche. È triste oggi constatare che nell'era della tecnologia elettronica da trent'anni si discute della necessità di realizzare un nuovo valico ferroviario e si rimane bloccati su dilazioni tattiche e continui rinvii.

Le Camere di Commercio del Triveneto, del Tirolo e della Baviera hanno invece insistito perché in tempi brevi siano assunte tutte le decisioni formali per sciogliere un nodo che penalizza il sistema produttivo padano nei suoi rapporti con il centro Europa.

§










Visita al Porto di New York

IL SISTEMA PADOVA
ANALIZZAGATEWAY AMERICA

LA MODERNA STRUTTURA DI PORT ELIZABETH DELLA PORT AUTHORITY DI NEW YORK AND NEW JERSEY

Tra il 10 ed il 16 luglio scorso una delegazione padovana promossa dalla Camera di Commercio di Padova, ha visitato alcune infrastrutture intermodali nel campo delle comunicazioni della città e dello stato di New York di proprietà della Port Authority di New York & New Jersey, le due università Polytechnic di Brooklyn e New York University in Washington Square (Manhattan), la Camera di Commercio di New York a Lower Manhattan, dove si sta conducendo una iniziativa per la concentrazione di imprese specializzate nella produzione di software e prodotti multimediali .La delegazione era composta da Bruno Geromin, Diego Salmaso e Paolo Giaretta per la Camera di Commercio, Cesare De Zanche e Paolo Pandolfo per l'Interporto, Renzo Sacco per la Provincia, Roberto Ongaro e Amedeo Levorato per il Consorzio Zona Industriale, Paolo Zampieri per i Magazzini Generali.
Nel dossier sono presentati tre brevi specifici saggi e quattro interventi, i cui autori hanno partecipato alla missione. Amedeo Levorato, economista, illustra

in dettaglio alcune infrastrutture e in particolare il Teleporto di New York (Teleport), che sono state accuratamente esaminate dalla delegazione in previsione del varo di analoghe esperienze nel complesso infrastrutturale padovano Paolo Giaretta, dell'Ufficio promozione della Camera di Commercio, compie una sintetica analisi di Metrotech Center, un'esperienza di parco scientifico del terziario promosso in area urbana, che presenta alcune caratteristiche e una scala dimensionale per alcuni aspetti applicabili alla realtà padovana. Bruno Geromin, vice presidente dell'Interporto, si sofferma sulla portualità e l'intermodalità, cogliendo le principali differenze con le strutture padovane.
Intervengono successivamente, cogliendo particolari aspetti, Renzo Sacco presidente della Provincia, Cesare De Zanche ingegnere e professore universitario, Roberto Ongaro presidente della Zona Industriale, Paolo Zampieri direttore dei Magazzini Generali. Le foto che illustrano il dossier sono in parte fornite dalla stessa Port Authority, in parte opera di Paolo Zampieri.


L’evoluzione dei container per il trasporto delle merci

Va innanzitutto precisato che quando si parla del Porto di New York non si intende esattamente ciò che un tempo fu tale scalo, in quanto ormai da decenni attraverso una gigantesca opera di razionalizzazione urbanistica l'attività portuale di New York è stata trasferita al di là del fiume Hudson nello stato del New Jersey, in località Elizabeth.

Oggi vi possiamo ammirare una gigantesca struttura intermodale per il carico e lo scarico delle grandi navi e le connesse attrezzature di stoccaggio, immagazzinamento, trasferimento dei container sui grandi trailer per il trasporto stradale o su vagoni

ferroviari, ad uno o a due piani di carico, trainati lungo i tracciati ferroviari del continente da tre, quattro e anche cinque locomotive. Nel sito ove risiedevano parte delle attrezzature portuali a Manhattan sorge ora un prestigioso quartiere costituito dai due famosi grattacieli gemelli in cui hanno sede tra l'altro il World Trade Center e la Port Authority di New York and New Jersey, da un grandioso complesso sede delle maggiori società finanziarie multinazionali e dal prestigioso Hotel Vista. Nei piani sotterranei è stata collocata una importante stazione della metropolitana. L'insieme di queste costruzioni hanno rinnovato la skyline di quella zona della West Side, ivi compresa la radicale trasformazione di alcuni moli nelle vicinanze di Fulton Street, completamente rinnovati in strutture di accoglienza per turisti.

Il porto di New York o più precisamente la Port Authority di New York and New Jersey dopo un lungo periodo di crisi si propone di ritornare ad essere la grande porta di ingresso del continente nordamericano, non solo per le merci che provengono d'oltre Atlantico ma anche per quelle dell'area del Pacifico, via Panama, ponendosi in diretta concorrenza con S. Francisco e Los Angeles.

Storicamente il rapporto commerciale del porto di New York è sempre stato prevalentemente rivolto agli scambi commerciali con l'Europa, prospettiva ulteriormente rafforzatasi in questi ultimi anni, con l'allargamento dell'Europa comunitaria e, dopo la caduta del muro di Berlino che ha sciolto il COMECON, l'allargamento delle relazioni commerciali con tutti i paesi dell'ex Unione sovietica.
Un primo aspetto nella complessa architettura del governo della portualità newyorkese riguarda l'intreccio tra pubblico e privato. Infatti al pubblico giustamente sono state demandate le funzioni di programmazione, promozione e controllo, mentre al privato viene concessa la gestione temporanea di specifici scali, magazzini, centri intermodali, servizi logistici e quant'altro connesso all'attività portuale.
Questa realtà che abbiamo attentamente esaminato in occasione della nostra missione dello scorso luglio è molto diversa da quella che preesisteva sui moli dell'Hudson fino a trent'anni fa. Era una realtà portuale totalmente condizionata dai "camalli" e da varie organizzazioni criminali, che ha ispirato il famoso film

"Fronte del Porto" con protagonista Marlon Brando (nel corso della visita i nostri accompagnatori ci hanno anche fatto vedere, nella zona di Brooklyn, alcuni scorci del vecchio porto che sono stati utilizzati per la sceneggiatura).

La realtà portuale che si prospetta oggi è completamente diversa dal vecchio scenario. Innanzitutto è cambiata la regia, tutto lo sviluppo della portualità e dei maggiori flussi di traffico delle merci e delle persone è sottoposto alla Port Authority, non solo i siti portuali ma anche i tre aeroporti (J.F. Kennedy, La Guardia e Newark), i tunnel sottomarini ed i grandi ponti che collegano le varie località dell'area newyorkese e del New Jersey, alcuni tratti della rete metropolitana e varie linee del trasporto pubblico automobilistico. Nell'ambito più propriamente portuale quali sono in definiti va le diversità che abbiamo riscontrato rispetto alla realtà presente nel nostro paese?

Innanzitutto la dimensione gigantesca delle strutture, non solo quelle dell'attracco e della movimentazione a bordo e sulla banchina, realizzata quasi esclusivamente con numerose, moderne e gigantesche grù Paceco, ma soprattutto quelle a terra, sia che si tratti delle aree di stoccaggio di automobili d'importazione giapponese, sia di container. Proprio nel settore della importazione automobilistica la Port Authority di New York and New Jersey ha recentemente riacquistato importanti clienti automobilistici del sol levante, grazie ad una nuova organizzazione del lavoro e prezzi competitivi rispetto alle tariffe praticate dai moli della California. Ma le vere novità si possono toccare con mano nel Terminai Container di Port Elizabeth. Innanzitutto il gate è costituito da trenta porte di ingresso e di uscita totalmente automatizzate. Sembra quasi l'ingresso autostradale alla barriera Nord di Milano.
Ma a parte la grandiosità e l'efficienza telematica, ci sono quattro elementi che differenziano l'organizzazione del lavoro a New York rispetto alla realtà dei terminai in Italia:
. la prima riguarda l'instradamento dei container via strada: l'operazione viene effettuata predisponendo i container su appositi carrelli che vengono parcheggiati in una apposita area e successivamente agganciati e trainati da appositi trattori verso la destinazione finale. Questa organizzazione del lavoro, a

gevolata anche dalla normativa della circolazione stradale, consente una grande velocità nelle operazioni di carico e scarico delle gigantesche navi full-container e quindi una riduzione dei costi portuali a carico dell'armatore;
. la seconda riguarda l'instradamento dei containers su ferrovia. La diversità con la realtà presente in Italia e in Europa riguarda la lunghezza massima di un convoglio ferroviario che da noi non supera i 500 metri mentre in America è anche tre volte tanto ed inoltre si caricano ormai generalmente due livelli di container su ogni vagone. Ciò è stato possibile da una radicale ristrutturazione della sagoma delle gallerie ferroviarie. Questi elementi hanno reso fortemente competitivo il ruolo del trasporto ferroviario delle merci;
. un terzo elemento è costituito dalla dimensione dei container.
In Italia e in Europa il codice della strada stabilisce che questi scatoloni metallici possono circolare se non hanno una lunghezza massima superiore ai 40 piedi, (metri12,20) mentre in America stanno generalizzandosi i container della seconda generazione lunghi fino a 55 piedi ( metri 16.70).

Per l'Italia e l'Europa questo è un problema molto serio in quanto, diversamente dalla realtà americana, da un lato la caratteristica strutturale delle nostre città e del rapporto tra territorio ed urbanizzazione impone serie limitazioni alla dimensione delle infrastrutture di trasporto, ma dall'altro non possiamo non chiederci quali saranno le ricadute sulla competitività del nostro sistema economico se le dimensioni e modalità di trasporto oggi affermatesi in America faranno breccia in Cina, in Australia, in Canada, nel Sud America e 'via dicendo, determinando per questa via un vero e proprio accerchiamento della vecchia Europa;
. infine un ulteriore aspetto che caratterizza l'intermodalità del trasporto delle merci in America è costituito dal ruolo crescente del trasporto aereo delle merci.
E' un settore che particolarmente in Italia è largamente arretrato, e ogni ritardo può costituire in prospettiva un serio limite per lo sviluppo della nostra competitività sui mercati. Ad esempio il Porto di New York è fortemente integrato con l'Aeroporto di New York ed inoltre, come viene illustrato in un altro servizio, il servizio di Teleporto assicura una efficiente connessione telematica tra tutti i siti del trasporto delle persone e delle

merci.

In conclusione, questa visita alle strutture del Porto di New York ci può aiutare ad interpretare lo scenario che si prospetta nel settore del trasporto delle merci nel mondo. Tutto ciò non risolve automaticamente il problema dei grandi ritardi che caratterizzano la nostra realtà, ma ci può aiutare ad avviare un processo di modernizzazione e di adeguamento agli standard che vanno affermandosi nelle realtà più progredite.
§
















La riunione di Bolzano
del 14 Gennaio 1993

IL PROGETTO
PER LA NUOVA GALLERIA DEL BRENNERO PER
LA FERROVIA VERONA–MONACO
PROSPETTATA
L’INTERCONNESSIONE
CON LA LINEA AD ALTA
VELOCITA’ TORINO - TRIESTE

Si è svolta a Bolzano il 14 gennaio 1993 la riunione del Comitato Promotore per i Traffici del Brennero a cui la Camera aderisce come socio.

Nel corso dell'incontro è stata valutata la situazione attuale del progetto per la realizzazione di un nuovo collegamento ferroviario tra Verona e Monaco di Baviera.

Il Presidente del Comitato ha rilevato come nelle dichiarazioni di principio dei Ministri dei Trasporti dei paesi interessati, l'opera sia stata valutata come essenziale, tenuto conto dei flussi di traffico che interessano questa direttrice. Tuttavia nonostante l'opera di sensibilizzazione attuata dal Comitato a tutti i livelli politico-istituzionali, attualmente non si è ancora giunti ad una definizione del progetto completo di fattibilità per la realizzazione dell'opera.

In proposito, nel corso dell'incontro sono stati evidenziati alcuni problemi che riguardano in particolare l'opposizione dei comuni della Valle dell'Isarco alla realizzazione della nuova linea.

Secondo i rappresentanti di questi comuni la nuova linea determinerebbe un impatto ambientale negativo dal punto di vista geologico e dell'assetto del territorio in un area (quale quella della Valle dell'Isarco) già congestionata dalle attuali infrastrutture di trasporto.

E' stata quindi sottolineata la necessità di approfondire gli aspetti di impatto ambientale per fornire le opportune assicurazioni ai comuni interessati circa il rispetto dell'ambiente.

Tra l'altro è stato fatto notare che se la nuova linea non venisse realizzata, l'aumento dei flussi di traffico, previsti per i prossimi anni, darebbe luogo ad un aggravamento della situazione soprattutto per l'aumento della circolazione di mezzi pesanti lungo l'asse autostradale con conseguente maggiore inquinamento ambientale.

I rappresentanti delle Camere di Verona, Bolzano e Trento presenti all'incontro hanno sottolineato l'importanza dell'opera e il pieno sostegno alla sua realizzazione. In particolare è stata rilevata l'importanza della interconnessione tra la nuova linea del Brennero e la linea ad alta velocità progettata lungo l'asse Torino-Trieste.
Queste opere, è stato evidenziato, vanno inquadrate in una dimensione continentale anche alla luce dei processi in atto nell'Europa Orientale e alla crescente richiesta di collegamenti tra i vari paesi europei.

La nuova linea del Brennero avrebbe riflessi positivi anche per i porti dell'Adriatico che potrebbero disporre di collegamenti più rapidi con l'Europa Centrale con vantaggi per la loro competiti

vità rispetto agli scali del Mare del Nord.

In conclusione, il Comitato ha approvato all'unanimità la proposta di inviare un documento a tutti gli organismi locali interessati all'opera e al Ministero dei Trasporti per un intervento che consenta di sbloccare l'attuale fase di incertezza.

Questo documento dovrà contenere l'indicazione dei costi e benefici sul piano economico e ambientale del progetto ed evidenziare l'importanza della nuova linea nel quadro complessivo del sistema dei trasporti europeo.

Inoltre verrà inviato un documento alle istituzioni aderenti al Comitato Trentino-Tirolo per un coordinamento delle iniziative sul progetto in questione (coordinamento che sino ad oggi è mancato).

Verrà anche sollecitato il ministero dei Trasporti per il raddoppio della linea Verona-Bologna (il cui progetto, non ancora attuato, risale addirittura al 1911), linea che appare essenziale per la connessione della direttrice del Brennero con il resto del sistema ferroviario italiano ed europeo.

§















La politica dei trasporti
vista dall’Università di Padova

REGIONE VENETO:
QUALE RUOLO NELLA POLITICA DELLO SVILUPPO
L’ISTITUTO STRADE E TRASPORTI PROPONE LA COSTITUZIONE DI UN OSSERVATORIO


Presupposti

L'attuale momento evolutivo, pur caratterizzato da numerose incertezze e contraddizioni, può offrire opportunità importanti di riflessione sui modi e sulle misure della partecipazione della regione al processo decisionale per quanto riguarda la gestione delle trasformazioni in atto e la definizione di nuovi interventi, particolarmente nel settore insediativo e nel settore dei trasporti.

Una più corretta formulazione ed una più chiara esplicitazione degli obiettivi, unitamente ad una loro più estesa condivisione sono i presupposti inderogabili di un radicale rinnovamento

metodo logico ed applicativo. Appaiono evidenti le prospettive in base alle quali la Regione potrebbe ricuperare, consolidandolo e rinnovandolo, il proprio ruolo nella ricerca di convenienti configurazioni territoriali dello sviluppo sociale, rappresentando essa l'ambito più idoneo, nello stato attuale delle cose, a cogliere il dinamismo e l'articolazione interna e i fenomeni e dei problemi dello spazio insediato e dei trasporti; ovviamente senza ignorare la partecipazione degli altri livelli di governo.

La dimensione e la rilevanza socio-economico-ambientale degli interventi nei sistemi di trasporto richiedono oggi modalità di approccio culturalmente avanzate e sperimentalmente fondate ed aggiornate e soprattutto adeguate alla complessità dei fenomeni da esplorare e gestire; ciò riguarda non solo gli aspetti di natura tecnologica ed organizzativa (sistemi integrati), ma anche e soprattutto gli aspetti di natura sociale e politica (livello o qualità della vita individuale e collettiva) secondo un processo globale rivolto a superare le conflittualità degli interessi in gioco in vista delle esigenze effettive della popolazione.

Obiettivi e problemi

Non è realistico procedere secondo uno scenario (come quello proposto dall'ultimo Piano Regionale dei Trasporti veneto) che senza specificazioni attendibili di priorità o di sequenze attuative, propone un elenco non graduato di numerose e rilevanti opere nuove (Alta Velocità Ferroviaria, Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, Metropolitane Leggere, Passanti Autostradali, Varianti Locali alle Strade Statali ecc.).

Senza una verifica approfondita delle compatibilità, non è possibile stabilire un qualsiasi confronto corretto delle opere proposte secondo piani alternativi e secondo sequenze alternative di attuazione.

La strategia attuale degli interventi regionali nel settore dei trasporti appare complessivamente conturbante:
- per la scarsa o confusa se non addirittura assente precisazione degli obiettivi di sviluppo;
- per la quantità di proposte avanzate o di progetti, concepiti prevalentemente al di fuori di una logica programmatoria accettabile;
- per l'impossibilità di gestire con un minimo di razionalità le scarse risorse messe a disposizione dall'autorità centrale (a causa della rigidità dei meccanismi attivati con leggi speciali, in base al concetto dell’"emergenza" che vanifica ogni tentativo di corretta programmazione) ;
- per la sostanziale inconsistenza delle procedure di valutazione, appoggiate a basi informative qualitativamente e quantitativamente carenti, ed a forme partecipative improvvisate che hanno fatto decadere il senso ed il contenuto del momento decisionale con gli effetti distorcenti oggi chiaramente avvertiti.
Le fasi processuali

Un programma organico di lavoro sul tema del governo della mobilità regionale dovrebbe in linea di massima articolarsi nelle fasi seguenti.
- Processo informativo rivolto alla definizione fisico-morfologica ed economico-sociale-insediativo-ambientale del sistema regionale, consentirà alla fine di identificare gli obiettivi fondamentali per il controllo programmatico dello sviluppo della rete dei trasporti).
- Processo informativo specifico sulla mobilità con l'esterno.
- Processo informativo sull'offerta della rete complessiva delle infrastrutture e dei servizi di trasporto.
- Processo informativo sulle trasformazioni in atto del sistema territoriale.
- Costruzione, dello scenario attuale della mobilità di persone .
- Processo informativo sulle tendenze e sui piani di sviluppo degli insediamenti e delle reti di trasporti a livello interno.
- Definizione, sulla base di un lavoro approfondito e permanentemente aggiornato, di obiettivi di sviluppo.
- Confronto dello scenario attuale con gli obiettivi di sviluppo e ricerca di definizione delle risorse disponibili nei tempi successivi.
- Definizione, di un programma di interventi per lo sviluppo complessivo del sistema regionale.

Adeguamento degli strumenti

Una delle condizioni per assicurare alle autorità di governo regionale una valida gestione coordinata e integrata dei processi decisionali riguarda la possibilità di ottenere un migliore

livello di conoscenza dei fenomeni reali.

Ciascuna delle fasi del processo complessivo di pianificazione aperta, richiede uno sforzo considerevole di carattere concettuale ed operativo, da attuare conciliando per quanto possibile la correttezza dei metodi con la tempestività decisionale richiesta dall'urgenza dei problemi di sviluppo.

La partecipazione delle competenze necessarie, il coordinamento delle diverse analisi, la raccolta e l'utilizzazione delle risorse disponibili, potrebbero trovare più efficace e pronta attuazione in un organismo centrale "Osservatorio" gestito dall'Ente Regione.

L'Osservatorio dovrebbe assicurare all'Ente Regione la collaborazione degli Enti gestori di dati, di Università e di Centri specialistici di studio, di Camere di Commercio, nonché di organi di governo interni ed esterni.

Un punto importante da chiarire per l'attuazione del processo globale di programmazione, riguarda la netta distinzione fra le attività relative alla gestione decisionale del processo stesso e le attività progettuali in senso esecutivo.
Insomma ricercatori e studiosi dovranno collaborare direttamente con la Regione, sotto il controllo della medesima, per tutte le operazioni connesse alla programmazione dello sviluppo, mentre l'operatore tecnico, nell'ambito delle strutture istituzionali esistenti dovrà assumere esclusivamente la responsabilità esecutiva di interventi già decisi.

Proposte per un lavoro preliminare

Siccome le iniziative prospettate per la realizzazione di un quadro programmatorio regionale richiedono un impegno di notevole, appare necessario avviare tempestivamente una prima fase orientativa per gli aspetti generali, ma già indicativa per le scelte più urgenti, fondata in linea di principio sui punti seguenti:
- avviare procedure sistematiche di raccolta dati ;
- un esame, dei e documenti programmatici finora elaborati;
- una rassegna degli studi in materia di interventi regionali;
-la formazione di scenari realistici del fabbisogno di risorse;
- lo scenario dei nodi problematici.


Osservazioni finali

Fra i problemi che richiedono decisioni urgenti e determinate ricordiamo in particolare:
- la riqualificazione della rete ferroviaria;
- la razionalizzazione della mobilità delle merci;
- lo studio di nuove forme di gestione del trasporto pubblico;
- l'affermazione del ruolo di coordinamento della Regione.

§




















Non ci sono i soldi
per la nuova Galleria


PER IL BRENNERO
UNA PRIORITA’ PER L’EUROPA
E PER L’ITALIA


I RITARDI ACCUMULATI PESANO OGNI GIORNO SULLA NOSTRA COMPETITIVITA’ IN EUROPA

In questi ultimi mesi abbiamo assistito ad una nuova serie di iniziative che ripropongono con forza la questione del Brennero, vista non tanto come un problema locale ma, come giusto che sia, con una valenza nazionale.

Mi riferisco in particolare :
al documento del Gruppo di Lavoro Trasporti e Telecomunicazioni del sistema camerale Triveneto,
alla riunione della Commissione Trilaterale tenutasi il 22 maggio presso l'Università Bocconi di Milano,
alla Conferenza organizzata dalla Provincia Autonoma di Trento nei giorni 13/14/15 giugno


ed infine alla riunione del comitato ristretto del Comitato d'Azione per la Galleria del Brennero tenutasi a Verona lo scorso 2 luglio.

L'analisi e le proposte prodotte da questa pluralità di iniziative hanno una larga base di omogeneità su vari punti focali della questione del Brennero.

Innanzitutto si parte da uno scenario profondamente modificatosi in questi ultimi dieci anni.

Mi riferisco in particolare alle decisioni assunte dalla Svizzera e dall'Austria in materia di attraversamento dei mezzi dell'autotrasporto merci, alla delibera della Unione Europea sulle grandi infrastrutture prioritarie, tra cui appunto il tracciato ferroviario Verona-Monaco che comprende la "Galleria di Base" del Brennero.

Ma sullo sfondo dello scenario non possiamo dimenticare anche altri aspetti del problema: essi riguardano un certo raffreddamento dei tedeschi, sulla opportunità e l'urgenza di realizzazione della Galleria del Brennero, principalmente determinato dal fatto che l'unificazione politica ed economica della Germania.

Infatti, dopo la caduta del muro di Berlino, essa costituisce un grave salasso per le finanze dello Stato federale tedesco, così come non possiamo ignorare l'azione di lobby delle potentissime Authority dei Porti del Nord, da sempre contrarie alla modernizzazione del valico alpino europeo verso l'Adriatico.

Infine, una nota pesante riguarda le Ferrovie dello Stato ed il Governo italiano.

Essi ritengono infatti che una tale opera non sia prioritaria ed urgente, almeno per il prossimo decennio ed inoltre si afferma che lo stato attuale della finanza del nostro paese non consente il finanziamento di un'opera così costosa.

Relativamente al problema dell'urgenza, le Ferrovie dello

Stato ed il Ministero dei Trasporti italiano ritengono che con il completamento dei lavori in corso su tal une gallerie di valico del vecchio tracciato del Brennero non vi saranno problemi almeno fino al 2005.

Inoltre si afferma che in ragione della stima degli investimenti necessari per la galleria di base e per la velocizzazione della Verona-Brennero, investimento - si dice - dell'ordine di 35.000 miliardi, lo Stato italiano non ha le risorse necessarie a tale scopo.

Ma questa tesi, ribadita anche dal Ministro plenipotenziario italiano presso la C.E. Vincigiacchi in occasione della riunione della Commissione Trilaterale a Milano, è duramente contestata dai tecnici, dalle associazioni imprenditoriali, dal sistema Camerale e dal Comitato d'Azione per il Brennero.

Ecco in sintesi le argomentazioni.

Per quanto riguarda la capacità di traffico, indubbiamente i lavori programmati dalle ferrovie ed in buona parte in via di ultimazione dovrebbero senz'altro avere un impatto positivo.

Ciò però sarà un vero e proprio palliativo se pensiamo alle restrizioni già in atto e a quelle ancora più gravi annunciate per il prossimo futuro che coinvolgono il traffico stradale che sarà giocoforza costretto a riversarsi su quello ferroviario, determinando conciò uno sconvolgimento delle previsioni di traffico a suo tempo ipotizzate dalle Ferrovie.

Secondo il Ministero dei Trasporti austriaco detto miglioramento della capacità di trasporto sul versante italiano non avrà alcun effetto pratico in quanto sul versante austriaco, dal Brennero a Innsbruk, la tratta ferroviaria è già satura.

Tutto ciò dal punto di vista teorico e dei dati statistici, ma basta andare di persona sul Brennero per rendersi conto della gravità estrema che corre il sistema economico italiano, soprattutto nei rapporti Nord-Sud.

Come accennavamo, però, esiste un'altra grossa questione rappresentata dalla possibilità di risolvere il problema dal

punto di vista finanziario.

Innanzitutto va ricordato che l'onere complessivo, quei 35.000 miliardi, va ripartito opportunamente tra i tre Stati direttamente interessati, cioè Italia, Austria e Germania.

In secondo luogo, siccome il progetto prevede, per tutta la tratta, da Verona a Monaco dai 12 ai 15 anni di lavori, bisogna necessariamente distribuire tale cifra complessiva per stati di avanzamento quindicinali.

Terzo elemento da valutare è la flessibilità del progetto stesso: il progetto prevede che la cosiddetta "galleria di base del Brennero" sia costituita da un Tunnel Pilota per il monitoraggio geologico, affiancata a destra e a sinistra da due grandi gallerie, ognuna delle quali dovrebbero consentire il transito

di due treni contrapposti, la prima per l'Alta Velocità e la seconda per i treni tradizionali.

Com'è stato ampiamente illustrato nel corso della Conferenza di Trento, esiste un'ampia flessibilità nella realizzazione dei progetti, nel senso che prima si farebbe la galleria pilota per "assaggiare il terreno", successivamente si darebbe corso alla galleria per l'Alta Velocità, anche perché i treni tradizionali potrebbero continuare a viaggiare sopra il valico.

Quindi si realizzerebbe il tratto da Bolzano a Verona e solo alla fine la seconda galleria di Valico. Con questo insieme di interventi graduali ma per tratti funzionali, si può operare una opportuna dilazione degli interventi finanziari.

Ma la questione finanziaria è stata affrontata anche dal punto di vista della partecipazione del capitale privato.

Lo studio della galleria di base, che è stato presentato ai diversi Land, alle Regioni e alle Camere di Commercio, oltre che ai rispettivi Ministeri dei Trasporti ed aziende ferroviarie dei tre Stati, affronta in modo organico il problema, assicurando un grande interesse alla realizzazione dell'opera da parte dei più qualificati interlocutori finanziari internazionali.

A tal fine è stata firmata una "lettera d'intenti" per la costituzione di un GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico), cioè una specie di consorzio riconosciuto dalla normativa dell'Unione Europea.

In conclusione, non vi sono allo stato dei fatti, soluzioni impercorribili, né oneri di livello tale da non poter essere sopportati dai tre Paesi interessati.

Il vero problema è politico, cioè capire per tempo che senza questa grande opera il sistema economico italiano sarà strangolato nei suoi rapporti commerciali con il centro Europa.

Se tutto andasse per il meglio e se decidessimo tale priorità da subito, la prima galleria non sarebbe pronta prima del 2005: significa che siamo già in forte ritardo e ogni giorno che passa peserà come un macigno sulla nostra competitività in Europa.

§















Intervista al Presidente della COMETRA

I PORTI MEDITERRANEI CONTRO LE "REGOLE" D’AMBURGO

MAURIZIO PASINI SPIEGA IL DISAGIO PROVOCATO AGLI OPERATORI DEL TRASPORTO

La Comunità Mediterranea dei Trasporti si è riunita a Casablanca nei giorni 14-16 ottobre con all'ordine del giorno le problematiche connesse alle "Regole d'Amburgo" e all'esigenza ormai non più procrastinabile di realizzare una connessione telematica interportuale tra tutti i porti dell'area Mediterranea e del Mar Nero.

La "Comunità" è un'associazione apolitica e non governativa sorta per studiare i problemi dei trasporti mediterranei dal punto di vista tecnico ed economico.

Il tutto si concreta nel cercare di risolvere in concreto e nel comune interesse di tutti gli operatori i molti problemi aperti, anche attraverso proposte e raccomandazioni ai Governi dei paesi interessati e alle organizzazioni in

ternazionali (Camere di commercio internazionali, Unione Europea, ONU), al fine di migliorare i traffici mediterranei, difendendoli dallo strapotere dei porti del Nord Europa.
Nel corso dei lavori si è anche parlato dell'iniziativa della CDU, il partito del Cancelliere Kohl, di un'Unione Europea a due velocità; una prima riservata alla Francia, Germania e Benelux ed una seconda per gli altri partners. un'ipotesi che il Cancelliere Kohl si è affrettato a smentire ma, come sempre accade, queste voci nascondono sempre qualcosa di vero.

I rappresentanti della Comunità Mediterranea dei Trasporti hanno nel merito affermato che se quest’ipotesi si avverasse i paesi mediterranei dell’Unione Europea (Grecia, Italia, Portogallo e Spagna) sarebbero tutti nella seconda categoria, unica eccezione la Francia, peggiorando ulteriormente i ruoli e le disparità che invece l'Unione Europea doveva colmare.

È proprio all'interno di queste problematiche generali che si giustifica l'esigenza di una maggiore coesione dei porti mediterranei e di tutti gli operatori del trasporto ad essi connessi.

Non si tratta solo di realizzare delle occasioni di dibattito generale ma anche la messa in opera di gruppi di lavoro in grado di approfondire nello specifico le singole situazioni individuando di volta in volta le necessarie terapie che saranno avanzate nelle rispettive sedi internazionali.

I problemi più immediati da affrontare sono stati individuati nella "Politica Mediterranea dei Trasporti", nella "Rete interportuale" per definire le modalità della sperimentazione del progetto RIDI, delle "Regole Credifax" e da ultimo della "Formazione Professionale".

Nel corso dei lavori abbiamo voluto approfondire con il Presidente della Comunità, Maurizio Pasini, la natura del disagio provocato agli operatori del trasporto dalle nuove "Regole d'Amburgo", rivolgendogli una serie di domande.

Dr. Pasini, vuole brevemente spiegare ai lettori di Padova Economica cosa sono le "Regole d'Amburgo"?


È utile precisare che il 7 ottobre 1991 è stato depositato lo strumento di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sul

trasporto delle merci via mare (Regole di Amburgo) da parte del ventesimo Paese, lo Zambia, e pertanto, secondo quanto disposto dall'art. 30 della stessa, le Regole sono entrate in vigore dal 10 Novembre 1992.

I 19 paesi che in precedenza avevano depositato lo strumento di ratifica della Convenzione sono:

Barbados;
Botswana;
Burkina Faso;
Cile;
Egitto;
Guinea;
Kenia;
Libano;
Leshoto;
Malawi;
Marocco;
Nigeria;
Romania;
Senegal;
Sierra Leone;
Tanzania;
Tunisia;
Uganda;
e Ungheria.

Sebbene l'attuale modesto numero di Paesi ratificanti (che peraltro non comprende né i paesi più industrializzati né quelli marittimi per tradizione) induca a ritenere che questa nuova disciplina, almeno nel prossimo futuro, troverà una ridotta applicazione, bisogna constatare che essa costituisce sempre una nuova e rilevante realtà normativa notevolmente innovativa.

Ma quali sono in concreto le implicazioni connesse alle "Regole d'Amburgo"?

In conseguenza dell'entrata in vigore delle "Regole di Amburgo" le norme delle stesse saranno applicabili, in ciascuno dei paesi

contraenti, a tutti i trasporti in entrata ed in uscita su navi di qualsiasi nazionalità purché si verifichi una delle seguenti condizioni:

. il porto di imbarco previsto dal contratto di trasporto via mare sia situato in un Paese contraente le Regole;

. il porto di sbarco previsto dal contratto di trasporto via mare sia situato in un Paese contraente le Regole;

. uno dei porti opzionali di sbarco previsti dal contratto di trasporto via mare è il porto effettivo di sbarco e tale porto è situato in un paese contraente le Regole;

. la Polizza di Carico o altro documento attestante il contratto di trasporto via mare è emesso in un Paese contraente le Regole;

. la Polizza di Carico o altro documento attestante il contratto di trasporto via mare contempla che le disposizioni di cui alle presenti Regole o quelle previste da una legislazione nazionale che ne dia attuazione regolino il contratto.

Ne consegue che anche se un Paese non ha ancora ratificato le Regole, le sue navi che svolgono trasporti con i porti di Paesi che le hanno ratificate saranno soggette alle stesse.





Ma quali sono le differenze principali tra le "Regole d'Amburgo" e le precedenti "Regole di Bruxelles" del 1924?

Le "Regole di Amburgo" si applicano al trasporto di linea, sia che venga emessa Polizza di Carico o meno, laddove per le Regole di Bruxelles l'emissione, o l'intenzione di emettere una Polizza di Carico è un presupposto per il regime uniforme.

Le "Regole di Amburgo", così come quelle di Bruxelles, non si applicano ai trasporti di carico documentati da "charter party", salvo che in relazione ad essi siano emesse ed entrino in

circolazione Polizze di Carico.

Mentre la normativa delle "Regole di Bruxelles" si applica dal momento dell'inizio dell'imbarco al termine dello sbarco, la normativa di Amburgo si applica dal momento in cui il vettore riceve in custodia le merci nel porto di carico fino al momento in cui le riconsegna a destino nel porto di sbarco.

La differenza sostanziale tra i due regimi è quindi che la disciplina delle responsabilità del vettore anteriormente all'imbarco e successivamente allo sbarco, è soggetta, quando si applicano le "Regole di Bruxelles" alla legge nazionale mentre, quando si applicano le "Regole di Amburgo" è soggetta alle Regole stesse.

Con quali conseguenze?

Mentre in base alle Regole di Bruxelles il vettore è esonerato da responsabilità in relazione alle perdite o ai danni dipendenti da fatti colposi del comandante e dell'equipaggio nella condotta della navigazione o nell'amministrazione tecnica della nave, tali esoneri sono venuti meno nelle "Regole di Amburgo".

L'obbligo di esercitare una ragionevole diligenza per rendere la nave navigabile; che in base alle "Regole di Bruxelles" doveva essere curato prima e al momento dell'inizio del viaggio, in base alle "Regole di Amburgo" ha carattere continuativo.

Nella realtà le "Regole di Amburgo" non menzionano più in modo espresso l'obbligo di rendere la nave navigabile, ma nel prevedere che il vettore è responsabile per le perdite o i danni alle cose trasportate ove non provi che lui e i suoi dipendenti preposti hanno adottato tutte le misure ragionevolmente richieste per evitare l'evento e le sue conseguenze, e mantengono in essere un regime di responsabilità basato sulla colpa, nella sua sostanza simile a quello di Bruxelles.

Qual è il limite della responsabilità vettoriale?

In base alle "Regole di Bruxelles", alla data odierna, il limite della responsabilità vettoriale è di 666,67 diritti speciali di prelievo del

Fondo Monetario Internazionale per collo od altra unità di carico oppure 2 diritti speciali per kilo di peso lordo di merce danneggiata o perduta, applicando il valore limite più elevato.

Secondo le "Regole di Amburgo" i limiti predetti sono portati rispettivamente a 835 e 2,5 diritti speciali. I diritti speciali di prelievo del Fondo Monetario Internazionale sono l'unità di conto prevista dall'art.26; il valore odierno di queste unità è di circa lire italiane 2.000.

Per quanto riguarda le merci caricate sopra coperta, come vengono considerate in caso di danno o smarrimento?

Le "Regole di Bruxelles" non si applicano alle merci caricate in coperta e dichiarate in Polizza di Carico mentre le "Regole d'Amburgo" si applicano anche in tale ipotesi. Le "Regole di Amburgo" disciplinano anche la responsabilità del vettore e del sostituito vettore (art.10) cosa che non è invece prevista dalle "Regole di Bruxelles".

Caro Presidente Pasini, in conclusione le chiedo un giudizio finale su questa innovativa regolamentazione!

Prima di concludere desidero fare qualche commento, come ad esempio quello di valutare i bassi limiti di responsabilità (circa Lire italiane 5.000 per kilo lordo di merce e lire italiane 1.700.000 per collo od altra unità di carico); nella realtà le "Regole d’Amburgo" hanno aumentato del 25% i valori di quelle di Bruxelles.

I nuovi valori possono andar bene per i prodotti agricoli ma non per quelli elettronici. In effetti le "Regole d’Amburgo", contro un modesto incremento dei limiti di risarcimento, presentano delle innovazioni molto importanti che vengono ad aumentare le responsabilità dei vettori creando la necessità di nuove coperture assicurative i cui costi andranno ad incidere sui noli marittimi.

Ora analizzando il problema dobbiamo constatare che il trasporto marittimo non subisce cambiamenti e solo il rimborso dei danni e delle perdite varierà nel suo riparto; per la precisione gli assicuratori del carico rimborseranno sempre lo stesso valore

ma, nella realtà, ricaveranno di più dagli assicuratori della nave per la loro azione di rivalsa verso i vettori.

Con la citata variante si corre l'alea che gli assicuratori delle merci non riducano i loro tassi assicurativi mentre quelli delle navi li aumentino innestando, così, questo aumento in una spirale che toccherà prima il nolo marittimo e poi il costo finale di trasporto; il tutto senza fruire di alcun beneficio.

§

















In 120.000 trasportano merci

LA RIFORMA
DELL’
AUTOTRASPORTO
IN DIRITTURA
D’ARRIVO

IL DISEGNO DI LEGGE ESAMINATO DALLA COMMISSIONE TRASPORTI
DI UNIONCAMERE

Nel corso del novembre scorso, la Commissione Trasporti della Camera dei Deputati ha approvato con larghissimo consenso dei suoi componenti il disegno di legge sull'annosa questione della riforma dell'autotrasporto che ora attende l'approvazione definitiva della Camera.

Su questo importante argomento si è soffermata ultimamente la Commissione Trasporti e Telecomunicazioni di Unioncamere che in proposito ha tra l'altro invitato per una relazione illustrativa l'on. De Piccoli (Ulivo), relatore del disegno stesso e componente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati.


Era inoltre presente il Prof. Collevecchio, Direttore Generale del Ministero dei Trasporti.

Dalla relazione introduttiva è emerso che le questioni fondamentali che la commissione ha dovuto affrontare erano essenzialmente due. Da un lato la necessità di addivenire ad una riforma di un settore che alle condizioni attuali presenta una struttura debole a fronte della competizione con gli altri paesi europei derivante dalla definitiva liberalizzazione del mercato, dall'altro la necessità di delineare una riforma in linea con gli indirizzi dell'Unione Europea.

L'articolato è composto di nove articoli che entrano nel merito delle principali questioni che attualmente interessano il comparto.

Come abbiamo prima affermato, l'intervento di riforma è doveroso, anzi arriva purtroppo in grave ritardo, in quanto la struttura attuale dell'offerta dei servizi è caratterizzata da un’infinità di piccole e medie aziende, per la maggior parte mono-veicolari, non è certamente in grado di far fronte all'agguerrita concorrenza di aziende maggiormente strutturate, come quelle olandesi e tedesche.

All'articolo 1: infatti il testo afferma che "... la presente legge ha la finalità di favorire la ristrutturazione del sistema dell'autotrasporto italiano attraverso un complesso di interventi volti ad incentivare le aggregazioni tra imprese, nonché la riduzione delle imprese monoveicolari, ... un maggior grado di sicurezza nella circolazione stradale dei mezzi e un minore impatto ambientale in coerenza con le normative dell'Unione Europea in materia...".

La legge si propone di raggiungere i sopracitati obiettivi attraverso la canalizzazione finalizzata di risorse e benefici nel corso del triennio 1997-1999 che sarà definito con decreto dal Ministero dei trasporti.

I suddetti benefici sono destinati alle seguenti finalità: il 50% delle risorse complessive sarà finalizzato ad investimenti

innovativi delle imprese di autotrasporto e a sostegno di forme di garanzia di ulteriori investimenti aggiuntivi o integrativi da parte delle imprese.

Il 18% delle risorse complessive sarà impiegato per favorire l'esodo volontario delle imprese di trasporto mono veicolari.

Il 15% delle risorse complessive sarà destinato alla incentivazione delle aggregazioni tra imprese di autotrasporto e dei servizi intermodali.

Il rimanente 17% delle risorse complessive consentirà il finanziamento dei mezzi per la gestione del trasporto combinato, per l'acquisto di attrezzature dedite alla movimentazione delle unità di carico (ferrovia, nave, vie navigabili interne).
La legge stabilisce un rafforzamento di funzioni ed un maggiore grado di autonomia pur sotto la sorveglianza del Ministero dei trasporti e della navigazione, del Comitato Centrale dell'Autotrasporto.
In particolare:

il Comitato collabora con il Ministero alla definizione degli obiettivi e delle priorità;
esprime pareri obbligatori sui programmi e le direttive; propone provvedimenti amministrativi per il funzionamento delle commissioni esaminatrici, svolgimento delle prove e ai programmi di accesso alla professione di autotrasportatore;
coordina l'attività dei comitati provinciali; propone al ministero i criteri per l'accertamento della rappresentatività delle associazioni di categoria;
cura le attività formative della categoria con risorse proprie e dell'Unione Europea;
la gestione amministrativa delle quote è soggetta al controllo della Corte dei Conti.

L'articolo 2: della legge definisce gli interventi nel settore degli investimenti e della formazione professionale.

Essi riguardano: l'introduzione di tecnologie innovative

indispensabili allo sviluppo dell'intermodalità, del trasporto combinato e per l'innovazione d'impresa di trasporto, ivi compresi i servizi satellitari, telematici e la certificazione di qualità.

La realizzazione di aree attrezzate allo scambio e di immobili per lo stoccaggio delle merci, la riparazione degli autoveicoli e l'ottimizzazione della logistica e delle procedure gestionali dell'impresa.

La riconversione e modifica del parco veicolare circolante per conseguire anche un miglioramento delle condizioni di sicurezza stradale, nonché l'acquisizione di unità di trasporto per merci pericolose e prodotti deperibili.

La formazione professionale degli operatori e dei loro dipendenti finalizzata alla gestione di nuovi modelli d'impresa e nuove tecnologie di movimentazione.

Per gli interventi sopracitati, realizzati nel triennio 1991-1999 possono essere concessi mutui con tasso di interesse pari a 1/3 del tasso di riferimento di cui è prevista una specifica casistica dei tempi e dei valori massimi dei mutui stessi.

L'ammissione delle imprese di autotrasporto ai benefici finanziari, nei limiti delle risorse autorizzate, sarà deliberata dal Comitato Centrale, su richiesta delle stesse e nel rispetto delle modalità ivi specificate.

L'articolo 3: affronta i problemi di incentivazione all'esodo.

L'esodo volontario è finalizzato alla razionalizzazione dell'offerta dell'autotrasporto e alla riduzione della capacità di trasporto complessiva.

I contributi previsti sono subordinati congiuntamente: alla cessazione definitiva dell'attività; alla cancellazione dal registro delle imprese, dall'albo delle imprese artigiane e dall'albo degli auto trasportatori ed alla conseguente revoca e restituzione dell'autorizzazione di cui all'articolo 41 della legge 6 giugno 1974, n.298.

Possono usufruire dei contributi: gli imprenditori che esercitano da almeno dieci anni l'auto trasporto di cose per conto terzi senza lavoratori dipendenti, avendo in disponibilità un solo autoveicolo o un solo complesso veicolare.

Gli imprenditori che abbiano presentato domanda di cessazione dall'attività e contestuale richiesta di cancellazione nei sei mesi successivi all'entrata in vigore della legge; che abbiano provveduto alla restituzione dell'autorizzazione.

Le delibere relative saranno emesse dal Comitato Centrale, sentiti i Comitati Provinciali.

Il contributo è riconosciuto nella misura forfetaria di lire 60 milioni per ciascun operatore titolare di una autorizzazione per un veicolo di massa complessiva non superiore a 26 tonnellate che escluda la possibilità di agganciamento di rimorchi e di lire 110 milioni ai titolari di autorizzazione per un complesso veicolare fino a 44 tonnellate.

Le imprese nazionali autorizzate all'autotrasporto di merci per conto terzi che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge, rinunciano ad una percentuale fino ad un massimo del 30% del tonnellaggio accordato, e si impegnino a non acquisire nuove autorizzazioni in ambito comunitario per un periodo di cinque anni e presentino, nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un piano di investimenti triennali per il miglioramento della qualità del servizio.

Possono iscrivere tra le immobilizzazioni immateriali del relativo bilancio un saldo attivo di importo fino al 00% del valore totale dei titoli autorizzativi posseduti alla data di entrata in vigore della legge e oggetto di rinuncia.

L'articolo 4: incentivi per l'aggregazione tra imprese nel comparto dell'intermodalità e la razionalizzazione dell'offerta.

Possono beneficiarvi: le imprese che risultano da fusioni o sono destinatarie di conferimenti da parte di imprese di autotrasporto.

Possono essere conferiti, oltre alle aziende o a complessi

aziendali, anche altri beni materiali o immateriali ammortizzabili, nonché partecipazioni azionarie e non azionarie; le aziende che si associano in raggruppamenti, ovvero aderiscono a raggruppamenti già esistenti.

I raggruppamenti di imprese già esistenti che associano nuove imprese o altri raggruppamenti che non abbiano effettuato analoghi raggruppamenti nei cinque anni precedenti la data medesima.

Sono previsti inoltre altri contributi per la partecipazione dei dipendenti e dei soci d'opera a corsi di formazione e di aggiornamento professionale.

Anche su questa materia delibera il Comitato Centrale.

L'articolo 5: interventi e agevolazioni per il trasporto combinato ferroviario, marittimo e vie navigabili.

A favore delle aziende di cui sopra possono essere concessi mutui quinquennali fino al 60% dell'investimento, nel limite massimo di 1,5 miliardi.

Per il periodo 1997-1999 sono concesse riduzioni sulle tariffe alle imprese che utilizzano il trasporto combinato per ferrovia, per via marittima o per via navigabile.

Tali riduzioni sono calcolate in misura forfetaria correlata alla lunghezza della tratta e all'incremento dei volumi di traffico.

Il tragitto stradale iniziale o terminale effettuato nel quadro di un trasporto combinato è esentato dal sistema di "tariffa a forcella".

Sulla materia del presente articolo, il Ministero dei Trasporti emanerà decreti ed autorizzazioni specifiche.

L'articolo 6: ammissibilità delle domande, controlli e sanzioni.

L'articolo 6 bis: disposizioni diverse, ovvero, due decreti e due progetti, che saranno emanati entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, dal Governo e dal Ministero dei Trasporti.

I due decreti riguardano: il riordino della disciplina per l'accesso alla professione di autotrasportatore per conto terzi; il riordino della disciplina concernente il rilascio delle autorizzazioni per l'esercizio dell'attività di autotrasporto di cose per conto terzi.

I due progetti riguardano: il riordino del sistema tariffario in un mercato aperto e concorrenziale e per il graduale superamento del sistema di tariffe a forcella; la riforma organica dell'Albo Nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi.

L'articolo 7: Il Ministro dei Trasporti e della navigazione istituisce con proprio decreto, emanato entro trenta giorni, di concerto con il Ministero del Tesoro e con il Ministro dell'ambiente, il Comitato per l'autotrasporto e l'intermodalità.

Il Comitato dura in carica tre anni, ha sede presso il Ministero dei Trasporti e delibera l'ammissione delle imprese agli interventi finanziari previsti dalla legge.

L'articolo 8: Rifinanziamento della legge 240/90 sugli Interporti. In attesa del piano quinquennale degli interporti, il Ministro dei Trasporti ammette a contributo la realizzazione di interporti, dando priorità agli interventi nei nodi intermodali più congestionati e per l'incremento del trasporto combinato sulla base di un piano di interventi proposto dal Ministro dei Trasporti.

Per la realizzazione degli interventi è autorizzato un contributo di l0 miliardi per ciascuno degli anni 1997-1999.
Articolo 9: Disposizioni finanziarie.

Articolo 9 bis: Modifiche all'articolo 10 del codice della strada.

Il dispositivo si propone la modifica del decreto legislativo 10 settembre 1993, n.360 nel modo seguente:

"il trasporto di blocchi di pietra naturali o di manufatti prodotti siderurgici e industriali, compresi i coils ed i laminati grezzi, eseguito con veicoli eccezionali, anche se in uno o più pezzi, fino alla concorrenza della massa complessiva riportata nelle

rispettive carte di circolazione e comunque :

non superiore a 38 tonnellate se isolati a tre assi,
48 tonnellate se isolati a quattro assi,
86 tonnellate se complessi a sei assi
e 108 tonnellate se complessi a otto assi,

è lecito a condizione che i veicoli o i complessi rispettino le sagome massime previste all'articolo 61".
Seguono norme modificative per i percorsi ripetitivi e la concessione dell'autorizzazione e l'indicazione dei materiali assimilati.

Con l'approvazione della presente legge verrà pertanto a decadere l'articolo 202 del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada emanato con decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495.

Come dicevamo all'inizio, questa legge che speriamo venga al più presto approvata dal Parlamento, segna un grave ritardo nei processi di adeguamento dell'autotrasporto nazionale agli standard internazionali e soprattutto alle normative dell'Unione Europea.

Questi ritardi hanno delle cause specifiche. Il settore dei trasporti infatti, diversamente da altre attività agricole, industriali e commerciali è caratterizzato da un'ingessatura che non gli ha consentito di evolvere con i tempi.

Da un lato si ricorderanno le difficoltà presenti nel lavoro dei porti alle quali vanno aggiunte l'arretratezza del sistema infrastrutturale e gestionale delle ferrovie e della navigazione interna.

Dal canto suo, l'autotrasporto è cresciuto sulla spinta di dinamiche spontanee che in assenza di indirizzi e politiche governative è divenuto strutturalmente mono veicolare.

Una esperienza che aveva un senso in un mercato emi

nentemente nazionale ma che fa acqua da tutte le parti quando il confronto si determina con le aziende dei nostri concorrenti europei, strutturate in grado di far "correre" le merci indifferentemente su gomma, su acqua, su rotaia o su aereo, a seconda delle scelte di raffinata convenienza logistica.

Il fatto che abbiamo una struttura dell'autotrasporto fondata su 120.000 piccole aziende vuole anche affermare che abbiamo maggiori difficoltà nel gestire i "ritorni a vuoto" che caratterizzano in negativo i conti economici di queste imprese ed inoltre maggiori difficoltà nel gestire un traffico ormai orientato all'intermodalità e al trasporto combinato.

Bisogna quindi recuperare il tempo perduto ed assecondare una direzione di marcia che ci faccia recuperare efficienza, competitività e qualità del trasporto merci.

Questi problemi li sentiamo maggiormente caldi nei punti in cui la competizione è più agguerrita e dove il differenziale di costi del trasporto diventa decisivo per l'affermazione del nostro sistema economico sui mercati globali.

In conclusione vogliamo quindi ricordare al Governo e ai nostri rappresentanti politici e alle Regioni che se da un lato questa riforma va nella direzione giusta, da sola essa non è sufficiente a recuperare i ritardi gestionali e le insufficienze infrastrutturali.

È quindi necessario agire contemporaneamente su più fronti, in particolare, oltre alla riforma dell'autotrasporto, l'ammodernamento ferroviario, l'adeguamento strutturale dei valichi alpini e la realizzazione del corridoio trasversale a sud delle Alpi.

§







Un progetto incentrato su CERVED, propone una nuova missione
per le Camere di Commercio

CONNESSIONE
TELEMATICA
DEL SISTEMA
PORTUALE E INTERPORTUALE

LE TECNOLOGIE INFORMATICHE
APPLICATE AL TRASPORTO DELLE MERCI, RAPPRESENTANO UN'INNOVAZIONE, FAVORITA DALL'UNIONE EUROPEA



La questione dello sviluppo delle informazioni in tempo reale attraverso la telematica (interconnessione elettronica per lo scambio dei dati tra diversi centri informatici e trasmissione dei documenti e messaggi), costituisce una delle grandi opportunità per accelerare il processo di modernizzazione del nostro paese.

Proprio in queste settimane sono in corso anche a livello della Unione Europea una serie di iniziative per assecondare questo

processo ed affermare regole e processi di standardizzazione che siano in grado di superare l'attuale "babele" che caratterizza il settore.

In Italia l'evoluzione ha un andamento piuttosto lento e contraddittorio, anche condizionato dalla situazione di stagno dell'economia. Infatti a fronte di alcuni settori ed aziende che registrano un notevole progresso, esiste peraltro una generale situazione di arretratezza e disorganicità sconcertante.
Tra questi va sottolineato il sistema trasportistico, la cui modernizzazione, com'è noto, costituisce una delle condizioni fondamentali per lo sviluppo dell'intero sistema economico.

In Italia, la crescita della domanda di trasporto è stata soddisfatta in gran misura dall'autotrasporto con un incremento tra il 1970 e il 1990 del 214%. Il trasporto ferroviario invece, pur registrando un volume crescente di merci trasportate è appena superiore al trend di sviluppo. Infatti, fatto uguale a 100 il 1970, per il trasporto superiore a 50 chilometri, l'indice del trasporto ferroviario è salito nel 1990 a 115,5. Questa situazione ha determinato un aggravamento della situazione ambientale e l'appesantimento delle infrastrutture.

Un certo alleggerimento della situazione dovrebbe determinarsi con la realizzazione dell'Alta velocità ferroviaria che proprio in questi giorni sta prendendo l'avvio, almeno per le tratte Firenze-Bologna-Milano, mentre mancano ancora decisioni appropriate per quanto riguarda le tratte Roma-Napoli e Torino-Milano.

In questo contesto è noto che anche in relazione alla spinta impressa dal sistema camerale veneto sono in corso contatti tra le FS e la Regione Veneto per la tratta Milano-Verona-Venezia. Ma non si tratta solo di infrastrutture ed impianti. C'è un problema di efficienza ed organizzazione, spesso antiquata, che si riflette negativamente sui tempi e sui costi del trasporto, penalizzando gravemente la capacità competitiva del nostro sistema economico.



È proprio in ragione della volontà di mettere ordine e realizzare una maggiore competitività del nostro sistema che da alcuni anni si è avviata nel nostro paese una politica degli interporti, cioè dei centri intermodali collocati nei punti principali di snodo del traffico merci, capaci di realizzare lo smistamento ed il trasbordo delle merci tra le diverse modalità, in genere tra rotaia, gomma e navigazione.

Ha quindi senso l'introduzione dell'informatica e della telematica nel settore del trasporto delle merci? La risposta non può che essere positiva, anzi dobbiamo precisare che si tratta di una condizione essenziale per sviluppare un reale processo di modernizzazione e di efficienza.

Naturalmente, non si tratta di un giudizio personale. In questo senso vanno registrate numerose prese di posizione dei più importanti organismi nazionali ed internazionali che sovrintendono allo sviluppo del sistema economico:
. Sul terreno dell'innovazione informatica e telematica si sono più volte espresse le varie istituzioni della Unione Europea, anche con il supporto di cospicui finanziamenti finalizzati.
. In Italia, il Piano Generale dei Trasporti e successivamente il CIPET hanno ripetutamente ribadito l'essenzialità della introduzione delle tecniche informatiche e telematiche. Ci si riferisce in proposito alla delibera CIPET del 7/4/'93, in cui si delineano i campi di tale intervento nel settore del trasporto delle merci: sistema di incontro domanda-offerta, sistema di controllo e monitoraggio delle flotte e dei carichi, sistema di interscambio dati, sistemi di teleprenotazione, sistemi di informazione.

. Tale materia è ben presente nel sistema degli interporti. A Bologna è in fase di avanzata realizzazione di una rete per la trasmissione dei dati in tutta la rete interportuale, sulla stessa falsariga è in fase di realizzazione l'infrastrutturazione telematica dell'Interporto di Verona. Nell'Interporto di Padova il processo è nella fase ancora iniziale, ma si prevede entro il '94 la definizione di un progetto il cui finanziamento è già previsto dalla legge

240.

. Un altro elemento da considerare è la sensibilità che va emergendo in proposito a livello di talune regioni con la predisposizione di strumenti legislativi e relativi sostegni finanziari. In questo contesto si pone in termini significativi il ruolo di una importante azienda informatica e telematica padovana, espressione del sistema camerale, la CERVED. Com'è noto, essa è partner con il sistema degli Interporti nel Consorzio Tra.mi.te, sorto per la realizzazione della connessione telematica di tutto il sistema interportuale italiano.

CERVED è anche partner con la Bull e la Cesam per lo sviluppo dell'informazione e della telematica presso gli operatori del Porto di Venezia e la connessione con il sistema doganale. Il problema di un salto di qualità ed efficienza è molto sentito nell'area portuale veneziana e del Porto di Chioggia, soprattutto in relazione ai nuovi strumenti legislativi e alle annunciate ulteriori modificazioni che dovrebbero meglio regolamentare il ruolo degli operatori privati, delle compagnie e dell'Authority.

In questo scenario va prendendo corpo un progetto per la realizzazione della connessione telematica di tutti gli operatori interportuali con il sistema portuale veneto (Venezia e Chioggia), con il sistema informatico delle Ferrovie dello Stato, con il sistema informatico delle Dogane al quale potranno connettersi le principali aziende industriali e del terziario dell'area Padovana e veneta. Le indicazioni che qui sono state sinteticamente enunciate propongono una nuova missione per il sistema delle Camere di Commercio, quella di una presenza nel settore dei trasporti per accelerarne il processo di modernizzazione e con esso la capacità competitiva.

In relazione a quanto sopra le Camere di Commercio potrebbero inoltre contribuire alla realizzazione di un "Registro della mobilità delle merci in tempo reale", una banca dati utilissima che consentirebbe il monitoraggio dell'origine e della destinazione dei flussi, i nodi di incroci e di interscambio

intermodale, un servizio non solo utile per tutti gli operatori del settore ma anche per le istituzioni pubbliche nazionali ed internazionali che devono programmare e coordinare la politica del trasporto, per gli operatori privati, le banche, le società di assicurazione.

Una delle difficoltà con le quali necessariamente bisogna fare i conti è che allo stato attuale, quasi ogni centro operativo dispone di un suo modello informatico, spesso realizzato con tecniche artigianali da locali software-houses. Applicazioni spesso utili ed appropriate alle specifiche situazioni ma del tutto inadatte alla interconnessione telematica fra i vari sistemi. Spesso questa situazione non è casuale ma frutto di una azione di autodifesa perché consente di perpetuare privilegi e nicchie che assicurano spesso cospicui livelli di reddito.

Ma tutto ciò, va detto con chiarezza è anche uno degli elementi che contribuiscono al persistere dell'arretratezza, dell'inefficienza e del divario dei costi che penalizzano il prodotto italiano rispetto agli altri paesi che con noi competono sul scenario internazionale.
Che fare dunque in una realtà così complessa e difficile?

Il futuro dello sviluppo tendenziale dell'informatica e della telematica non sono in discussione. È un processo che può essere favorito o ritardato da provvedimenti normativi dei soggetti rilevanti che operano nel settore (autorità portuali, Interporti, Dogane, Ferrovie, Capitanerie di Porto, grandi società industriali o di servizio).

In definitiva è lo stesso processo che pur con diverse caratteristiche si è determinato nelle Camere di Commercio, all’INPS, nelle banche, nelle scuole e nelle università. Si tratta di chiamare in causa le Camere di Commercio e le Associazioni di categoria, i consorzi dei trasportatori, le Cooperative affinché vengano predisposti veri e propri progetti di alfabetizzazione informatica, telematica e del trasferimento della documentazione legale e bancaria con standard EDI.

Credo sia corretto insistere nel sottolineare che questo momento di transizione verso la riforma del lavoro e dei ruoli di programmazione e di gestione nei porti rappresenta una occasione storica irripetibile per la quale vale la pena di predisporre da subito un complesso di azioni coordinate. Si sottolinea inoltre che nel momento in cui il legislatore riconferma un ruolo prestigioso delle Camere di Commercio, e nei porti si va affermando la tendenza verso il ridimensionamento delle funzioni gestionali degli enti portuali e delle compagnie per trasferirle alle imprese in regime di libera concorrenza, sarebbe assurdo che le Camere di Commercio rinunciassero ad un loro ruolo di indirizzo e di coordinamento per far sì che questa trasformazione non sia solo un fatto meramente giuridico ma sia l'occasione
§











Importante riunione nell’isola di Cipro

CONTAINER SEMPRE PIU’ GRANDI: STOP DELL’EUROPA

LA QUESTIONE DELLA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI

Si è riunita nell'Isola di Cipro a Limassol, dal 6 al 9 maggio scorso, la Comunità Mediterranea dei Trasporti, ospitata dal Capitano Josep Bayada, Presidente dell' Autorità dei porti ciprioti. Dopo una serie di questioni formali concernenti aspetti statutari e gestionali l'assemblea è entrata nel vivo con la relazione del Presidente Maurizio Pasini. La prima questione riguardava le cosiddette "regole d'Amburgo" e le loro implicazioni sui trasporti nel Mediterraneo. Le regole disciplinano molti aspetti dei rapporti commerciali che coinvolgono le compagnie marittime e gli operatori portuali.

E però, a detta di tutti i presenti dell'Assemblea della Comunità Mediterranea dei Trasporti, solamente l'esercizio della volontà del più forte che viene imposta ad una moltitudine di operatori piccoli e medi. In sostanza, i grandi porti del Nord-Europa e le grandi compagnie marittime del trasporto e delle assicurazioni impongono le "loro regole" con l'obiettivo primario di salvaguardare il loro potere e la loro egemonia sui grandi traffici

marittimi. Il Presidente Pasini ha ricordato che le "regole d'Amburgo" purtroppo, sono entrate in vigore, nonostante una larga opposizione ed una minoritaria ratifica, fin dal novembre 1992.
A questo punto, secondo il presidente, non possono più essere rigettate ma si può solamente dibatterne le implicazioni giuridiche.

Ma su questo punto il dibattito dell'assemblea, stimolato anche dal rappresentante dell'Assoporti italiani, Luigi Robba, ha invece proposto una linea alternativa, quella di una Conferenza di tutti i paesi che non le hanno ratificate, per decidere insieme il da farsi.
Il Presidente Pasini ha quindi introdotto un nuovo argomento di grande interesse che riguarda le Regole Credifax. Su questa materia la Comunità Mediterranea dei Trasporti al fine di snellire e rendere più efficiente il servizio di trasferimento dei documenti, aveva inviato alla Camera di Commercio Internazionale una proposta concernente le modalità per l'uso del fax nella trasmissione di tutti i documenti d'uso marittimo e bancario.

Il Presidente ha però annunciato che la Camera di Commercio Internazionale nella sua riunione del 5 ottobre 1993 a Parigi, non ha riconosciuto la validità delle modalità suggerite dalla Comunità Mediterranea dei trasporti a causa dei pericoli inerenti all'uso fraudolento delle trasmissioni via-fax. Dopo una approfondita discussione l'Assemblea decide di costituire un gruppo di lavoro tra banche, compagnie di navigazione, ed operatori marittimi e portuali dei diversi paesi al fine di sperimentare la proposta stessa ed eventualmente introdurvi, se si rendessero necessari, appropriati emendamenti.

Un altro argomento molto dibattuto è stato quello della realizzazione dei progetti R.I.D.I. (Réseau Interportuaire D'Informations) e Re.T.I.M. (Réseau Télématique Interportuaire Méditerranéenne).

Il Presidente Pasini ha annunciato che per la realizzazione di questi progetti sono stati sensibilizzati 39 porti mediterranei

per sapere se:
- erano disposti allo scambio d'informazioni previsto dal progetto R.I.D.I.; - quale era la loro organizzazione informatica quale primo elemento per dare vita al progetto Re.T.I.M.;
- se erano interessati a partecipare ad un gruppo di lavoro per i due citati progetti.

L'Assemblea ha convenuto sull'opportunità dell'iniziativa anche per fronteggiare nel Mediterraneo un'agguerrita concorrenza dei sistemi portuali del Mare del Nord e del Baltico.

Il Presidente Pasini è passato quindi ad illustrare le problematiche delle assicurazioni nei trasporti marittimi ove in proposito è prevista una specifica iniziativa in occasione di Transpotec alla Fiera di Verona ed il problema della formazione professionale degli operatori del trasporto nel Mediterraneo.

A conclusione della conferenza, il Presidente Pasini ha annunciato che la Comunità Mediterranea dei Trasporti ha sviluppato in questi ultimi mesi una forte azione sia per l'acquisizione di nuovi membri, sia per la presa di contatto con l'ONU al fine di essere ammessa come "Organizzazione Internazionale non-Governativa" e, conseguentemente essere invitata alle riunioni della Economic Commission del dipartimento trasporti presso:
Economic Commission for Europe (E.C.E.),
problemi connessi for Africa (E.CA)
Economic and Social Commission of Western Asia (E.S.C.WA),
International Maritime Organization (I.M.O.),
United Nations Conference on Trade and Developement (U.N.C.T.A.D) Per le stesse ragioni, gli stessi contatti saranno presi nei confronti di:
Unione Europea (U.E.),
Chambre de Commerce Internationale (C.C.I.),
Organizzaz.ne Intern.le per la Standardizzazione (I.S.O.),
International Container Bureau (B.I.C.),
International Road Transport Union (I.R.U.),


International Railway Congress Association.

Fin d'ora la Comunità Mediterranea dei Trasporti è stata inserita dalla C.C. I. "Chambre de Commerce International" presso:
- il Working Party on multimodal/surface transport,
il Working Party of shipping Policy, - la Commission on marine and surface Transport.

Ma l'occasione della conferenza è stata anche caratterizzata da numerosi incontri con vari operatori del trasporto sia del Mediterraneo che del Mar Nero sulle grandi questioni che oggi si pongono nel settore. Ad esempio la questione delle nuove dimensioni dei containers.
Il Mediterraneo si trova infatti ad affrontare una questione rilevante che riguarda l'introduzione di container della cosiddetta seconda generazione.
Attualmente i containers riconosciuti dall'I.S.O., quelli appartenenti alla prima generazione, presentano le seguenti dimensioni: altezza: 8' - 8'6" e 9'6"; larghezza: 8'1; lunghezza: 10' - 20' - 30' e 40' (' = piedi)
Le altezze da 9'6" (metri 2,90) provocano già problemi circa la scelta dei mezzi di trasporto (per questa misura si è infatti in attesa della relativa ratifica). I contenitori che su pressione dei grandi gruppi americani, sono proposti come seconda generazione presentano le seguenti dimensioni:
altezza: 9'6"; larghezza: 8'6"; lunghezza: 24'6"- 45'- 48'- 49' e 53'1.

Queste misure ovviamente sono fortemente contrastate dai rappresentanti dei porti mediterranei in quanto rendono impossibile il loro trasporto su strada e su ferrovia, ed inoltre obbligherebbero a modificare le navi portacontainer e le infrastrutture portuali.
Ecco quindi le osservazioni di merito:
- per quanto concerne l'altezza 9'6" (metri 2,90), per le ferrovie è una dimensione che crea problemi soprattutto quanto è connessa ad una larghezza dei contenitori di 8'6":
per il trasporto su strada presenta problemi superabili


con nuove tecnologie che adottano sospensioni pneumatiche.

Per il trasporto marittimo non presentano invece un vero problema tanto per le operazioni di carico che di stoccaggio nelle navi. Per quanto riguarda la larghezza da 8'6" (metri 2,60), per le ferrovie essa presenta un problema reale se combinata ad una altezza di 9'6". Per la strada lo stesso problema soprattutto connesso alla lunghezza sempre presente delle combinazioni.

L'aumento della larghezza dei contenitori costituisce un elemento di rischio per il transito stradale. Non presenta invece serie questioni per il trasporto su nave anche se è indispensabile arrivare ad una standardizzazione dimensionale.

Riguardo alla lunghezza 24'6" (6,86 metri), 45' (13,72 metri), 48' (14,63 metri) e 53' (16,16 metri), questo è il problema dei problemi. E un nodo difficile da sciogliere in quanto implica tutte le modalità del trasporto ed i sistemi relativi al trasbordo e alla movimentazione delle unità di carico.

Per le ferrovie sarebbero necessari grandi investimenti per l'adattamento del materiale rotabile e delle infrastrutture.
Un solo esempio per tutti: l'utilizzazione di vagoni capaci di ricevere tre contenitori da 20' contro il trasporto di un solo contenitore da 45', corrisponde ad una perdita di possibilità di carico del 25%, con conseguente aumento dei costi unitari.

Il trasporto su strada sarebbe soggetto a tre obblighi: il primo di carattere legislativo, conseguenza delle regole CEE che definiscono esattamente le dimensioni e non permettono eccezioni. La seconda è una obbligazione materiale ed è connessa alla larghezza dei raccordi connessi agli ingressi delle autostrade.
Infine l'ultima ma non la meno importante è l'opinione pubblica e per conseguenza quella degli uomini politici. Le divergenze contro il gigantismo e la corsa verso l'aumento delle dimensioni e del peso trasportato è di tutta evidenza e non richiede commenti.



Per il trasporto marittimo i problemi sono veramente gravi e risolvibili solamente con grandi investimenti tanto per le infrastrutture preposte per il movimento a terra che a bordo, sia per le navi stesse. Gli spazi di carico hanno delle dimensioni utilizzabili che sono multipli delle dimensioni dei contenitori attualmente standardizzati. La stessa questione si pone per i meccanismi di ancoraggio delle navi che sono a loro volta adattati ai contenitori standardizzati. A conclusione di questo ragionamento basta riportare la sintesi del documento 10 r/11 della C.E.M.T. (Confèrence europèenne des Ministres de Transports) che riferendosi ai costi e alle perdite connesse alle modifiche e adattamenti necessari della flotta marittima esistente, rileva che le conseguenze di tale impatto sull'economia marittima sarebbe catastrofico.

§




Scarsa presenza
del Sistema Italia al Transport
di Monaco di Baviera
NELLA GALASSIA DEL TRASPORTO
L'INNOVAZIONE
PORTA VELOCITÀ E RISPARMIO

OCCORRE ESSERCI E COMUNICARE I NOSTRI PRODOTTI PIÙ INNOVATIVI, LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E LA LOGISTICA


La Munchen Messe ha organizzato per la quinta volta il Transport, un salone di centrale rilevanza per il trasporto delle merci, di persone e connessi problemi logistici e informatici.



La rassegna si è svolta dal 7 all'11 giugno 1994, con una presenza di circa 700 esposi tori di tutto il mondo industrializzato ed una superficie di oltre 52.000 metri quadri.

L'obiettivo era quello di verificare i progressi compiuti dai vari operatori del settore per le varie soluzioni sistematiche del trasporto delle persone e delle merci nelle diverse modalità in cui si svolge oggi il traffico (gomma, rotaia, aereo, fluviale, marittimo e per condotta).

L'esposizione è stata di grande effetto perché sono state presentate le più recenti innovazioni finalizzate ad una ottimizzazione dei flussi di traffico e per un più rapido trasferimento origine/destinazione del trasporto passeggeri e merci.

I trend dimostrano uno sviluppo crescente del settore non solo nell'Europa comunitaria, ma anche nei paesi dell'est europeo e delle repubbliche ex-sovietiche, oltre che nei paesi in via di sviluppo.

Per far fronte ai problemi connessi, si pone ovviamente il problema dell'utilizzo di immense risorse per adeguare le infrastrutture in parte obsolete e comunque insufficienti ad affrontare la crescita del traffico.

L'offerta del salone ha riguardato in particolare tutta la vasta gamma di prodotti tecnici connessi all'attività di trasporto, i sistemi di trasporto interaziendale, le attrezzature per i centri intermodali, i sistemi organizzativi del trasporto merci e persone, la connessione di vari sistemi di traffico con strumentazioni elettroniche e le innovative soluzioni per la trasmissione di documenti aventi valore legale e finanziario (EDI).

A prima vista, un osservatore italiano viene colpito da vari elementi, riflette e fa alcune osservazioni a caldo:

. si rileva una presenza massiccia di operatori tedeschi,

olandesi e scandinavi;
. emerge un boom delle applicazioni dell'informatica e telematica applicata a tutti i momenti della funzione trasportistica;
. si registra una presenza ancora insufficiente ma significativa dei paesi dell'est europeo;
. ci si rammarica per una scarsissima presenza, salvo alcune lodevoli eccezioni, degli operatori e istituzioni italiane.

Ma anche nei casi in cui tale presenza era formalmente assicurata, traspariva improvvisazione e mero formalismo, era assente una indispensabile capacità di esporre quanto di positivo sta comunque crescendo nel nostro paese (sono sempre fatte salve le poche eccezioni prima accennate).

Ma al Transport '94 si è venuti non solo per vedere ma anche per partecipare direttamente ai seminari e ai dibattiti organizzati sulle tematiche più scottanti del settore:

gli aspetti nazionali ed internazionali della politica e della pratica dei traffici;
le lacune degli organismi preposti alla programmazione del settore,
i limiti della offerta del trasporto in relazione alla prorompente crescita della domanda,
le problematiche dell'integrazione delle diverse modalità (rotaia, strada, acqua, aria, condotta).

Ma accanto a questi temi abbastanza tradizionali, si è discusso di "Just in Time" impostato nell'ottica economica ed ecologica, della cosiddetta "City-Logistik" e l'uso della telematica.

Questi dibattiti sono stati generalmente aperti da relazioni di scienziati, specialisti, manager e rappresentanti delle istituzioni che poi si confrontano direttamente con i partecipanti che sono in larga parte i visitatori del salone.

Recenti statistiche ci dicono che il traffico merci nella CEE, calcolato in tonnellate/chilometro, per il 70% è assolto dai

TIR, un fenomeno che nonostante tutte le proteste e preoccupazioni d'ordine ambientalistico, continua a crescere.

Le punte maggiori (complessivamente il 66% di tutto il trasporto delle merci è costituito dai tragitti fino a 50 chilometri. Il 20% delle merci viene trasportato su distanze tra i 50 e i 150 chilometri. Soltanto il 14% avviene su distanze maggiori.

Il 15% del traffico merci della CEE viene invece svolto dalla ferrovia e secondo fondate valutazioni, la metà di dette tonnellate/chilometro vengono trasportate per oltre 150 chilometri e circa il 15% per oltre 500 chilometri.

Per via d'acqua, nella CEE si svolge solo il 9% del trasporto complessivo delle merci.

Ad abbassare la media contribuisce tra l'altro il nostro paese, per la parte idroviaria.

La quota ricoperta dal trasporto per condotta è solo del 6% ed è costituita prevalentemente da idrocarburi.

Queste cifre, per la verità non nuove, testimoniano un malessere crescente della politica dei trasporti nell'ambito della CEE, per cui sono vive le sollecitazioni verso un riordino modale, una maggiore efficienza delle infrastrutture ed una più moderna ottimizzazione a partire dall'esistente.

Passando ad una osservazione più puntuale, considero più rilevante sottolineare il contributo del Fraunhofer-Institut per il flusso dei materiali e della logistica di Dortmund.

Detto istituto si è presentato al Transport '94 con il motto: la logistica... competenze da Dortmund, con temi centrali: il traffico, l'imballaggio, lo smaltimento, il magazzino e la distribuzione.

Il segmento settoriale logistica-ambiente ha presentato

soluzioni innovative per la pianificazione della rete dei trasporti, il controllo dei trasbordi assistiti dalla telematica, la pianificazione integrata dell'imballaggio, il controllo dell'imballaggio, la produzione dei modelli dell'imballaggio, nonché lo smontaggio di vecchie auto e piccoli apparecchi elettromeccanici.

Oggetto delle dimostrazioni del segmento sistemi di flusso dei materiali è stato il carico e lo scarico dei box logistici con sistemi di trasporto senza autista, una simulazione cinetica per veicoli su superfici di traffico e la logica del prodotto (qualità logistica e certificazione).

A queste dimostrazioni si è aggiunto il settore della logistica imprenditoriale con dimostrazione dei suoi strumenti di simulazione e controllo servendosi del multimediale.

Insomma, una panoramica di estremo interesse per tutti gli operatori che vivono ed operano nella grande galassia del trasporto.

L'unico vero neo è la scarsa presenza del sistema Italia (salvo poche eccezioni).

Da questo problema probabilmente si può partire per chiedere se i nostri operatori pubblici e privati nel contesto del grande mercato europeo si pongono il problema di una qualificata azione promozione, non solo quella tradizionale del "porta a porta" ma anche quella appunto di queste grandi manifestazioni in cui si possono contattare in una settimana decine di migliaia di operatori specializzati.

Il problema però non è solo esserci, ma esserci comunicando i prodotti più innovativi del nostro sistema produttivo e logistico, presentando le caratteristiche delle innovazioni infrastrutturali che pure con gradualità si vanno realizzando nel nostro paese e più in generale il ruolo delle diverse aree sistema, le loro vocazioni e l'offerta reale di servizi.



Questo naturalmente è un discorso che coinvolge la politica promozionale delle Camere di Commercio, dei Consorzi export, degli Istituti universitari e degli Enti e società che operano nel settore.

È noto che una presenza al Transport di Monaco di Baviera costituisce anche un onere per chi vi deve partecipare.

Spesso ciò costituisce una barriera invalicabile soprattutto per molti piccoli operatori, ma queste difficoltà possono essere superate da uno sforzo consortile e sistemico, quale quello patrocinato dalle Camere di Commercio ed Enti per lo sviluppo territoriale francesi, tedeschi, olandesi e perfino croati.

In questo ambito, va segnalata una qualificata presenza dello stand dell'Emilia Romagna e dell'Interporto di Bologna che ha saputo presentare con intelligenza il suo ruolo nel settore dell'intermodalità.

La prossima Transport di Monaco avrà luogo nel '98.

Speriamo che il nostro paese, ma anche il Veneto e lo stesso sistema Padova, da subito, si pongano con serietà e rigore il problema di una nostra efficace presenza

§








Intervista a Maurizio Pasini,

RILANCIAMO
IL PARTENARIATO
L’EUROPA DEVE COINVOLGERE NEL SUO SVILUPPO I PAESI DEL BACINO MEDITERRANEO


Si deve arrivare al più presto ad una "Unione Euro-Mediterranea" e, per ottenerla, è necessario che la Francia, la Grecia, l'Italia, il Portogallo e la Spagna lottino per far accettare nell'Unione Europea quei Paesi del Mediterraneo che ne hanno fatto richiesta ed opporsi all'entrata di quelli dell'Est tanto voluti per loro convenienza dai tedeschi.
Se diamo uno sguardo al commercio internazionale l'import e l'export dei Paesi dell'Unione Europea ed i 12 Paesi dei Partenariato Mediterraneo dimostrano chiaramente che l'interscambio è già oggi molto elevato.

Nell'ambito dell'interscambio con e tra i Paesi dell'Unione Europea troviamo ai primi posti nell'import Malta (75.5%), il Portogallo (745%) e la Tunisia (71,3%) mentre nell'export primeggiano il Portogallo (80,3%), la Tunisia (80,2%) ed il Marocco (70,9%); sono percentuali molto elevate ma anche gli altri Paesi superano quasi tutti il 50%, così come molti degli altri

Paesi Mediterranei non compresi tra quelli del Partenariato. Da questo si dovrebbe dedurre che, nonostante i dissidi, la civiltà mediterranea, di fatto, ha dato vita ad un'Unione Commerciale Euro-Mediterranea che dà noia ai nostri partner del Nord-Europa.

Io penso che guardando al futuro, i Porti del Mediterraneo potranno recuperare una buona parte del traffico che si è perso a favore dei Porti del Nord Europa; per far questo è necessario offrire: prezzi convenienti, tempi rapidi, servizi garantiti e frequenza di approdi. Un esempio è Gioia Tauro che a soli due anni dalla nascita, nel '97, punta a movimentare più di 1.200.000 TEU e, al momento, il porto può contare su 260 navi/mese; inoltre si dice che la Evergreen di Taiwan dovrebbe lasciare Cipro per operare a Gioia Tauro con circa 100.000 TEU/anno.

Tra i Porti Hub del Mediterraneo, oltre a Gioia Tauro, ci sono Algeciras (1.305.000 TEU/anno), Malta (575.000) e Damista (450.000) - dati del 1996.Inoltre in questi giorni dovrebbe prendere il via il nuovo porto di Cagliari che inizialmente ritengo possa puntare su 500.000 TEU/anno.

Molti Porti si stanno potenziando; Barcellona, Genova e Marsiglia si sono coalizzati con un patto chiamato Intermed col quale ritengono di potersi presentare con maggior forza presso l'Unione Europea come pure di risparmiare costi comuni e proporsi per una leadership mediterranea.

Un'idea della ripresa del traffico container nel Mediterraneo rispetto al Nord-Europa si può rilevare dal fatto che nei nove Porti che movimentano di 500.000 TEU/anno (dati 1996) l'incremento è stato quantitativamente quasi identico (1.110.000) TEU/anno contro 1.185.000) ma la percentuale è stata del 19,54% nel Mediterraneo contro il 7,39% del Nord-Europa.

§



A Venezia il convegno
"Euro-Med Traffic Focus"

Il Mediterraneo
ritorna strategico
per l'Europa

L'EUROPA MEDITERRANEA
E GLI INTERESSI COSTITUITI
DEL MARE DEL NORD?

Si è svolto nei giorni dal 13 al 15 ottobre scorso a Venezia, all'Auditorium S. Margherita, il convegno internazionale Euro-Med Traffic Focus organizzato da Unioncamere Veneto in collaborazione con la Comunità Mediterranea dei Trasporti.

L'obiettivo degli organizzatori dell'iniziativa, diversamente da tanti altri incontri che si vanno facendo in varie località della nostra penisola e del Mediterraneo, non puntava a mettere in luce una specifica struttura portuale o la validità di una determinata modalità trasportistica a scapito di altre, ma si poneva invece l'obiettivo di una analisi realistica se il Mediterraneo, nel nuovo contesto europeo, dopo la caduta del muro di Berlino, può ritornare ad essere un elemento strategico importante ai fini delle relazioni intercontinentali tra l'Europa ed il resto del mondo.

In definitiva, se in Europa l'unica vera porta di ingresso o di uscita delle merci continuerà ad essere anche per il futuro il Mare

del Nord, o se invece vi sono le condizioni per uno sbocco a sud, non solo per i traffici sud-europei e mediorientali, ma anche una prospettiva reale per le grandi rotte, verso l'estremo oriente, l'Australia e le Americhe.

La questione non è astratta. In questi ultimi anni nel Mediterraneo sono cambiate molte cose che se opportunamente guidate e plasmate dall'intelligenza politica e da una adeguata intraprendenza imprenditoriale, possono determinare una vera svolta ad una lunga fase di decadente sonnolenza ed ignavia, che hanno visto ridursi la capacità competitiva dei nostri scali fino al limite di far preferire alle nostre stesse industrie la scelta dei porti del nord per tutte le maggiori relazioni commerciali internazionali.

Quali sono quindi questi elementi di novità? Innanzitutto il dato politico generale. Il Mediterraneo, fino alla caduta del Muro di Berlino, era un luogo di separatezza in cui si fronteggiavano due grandi ideologie politiche e militari, in cui più che una politica di relazioni contava la netta determinazione dei confini. In questo contesto le stesse relazioni commerciali erano direttamente strumentalizzate da scelte politico strategiche più che dai bisogni di scambio mercantile e culturale tra i popoli che in questo mare vi si affacciano. In questi anni novanta lo scenario è cambiato, anche se restano molti problemi irrisolti.
Con la fine dell'Impero sovietico si sono avviate con la Russia e gli altri paesi dell'est europeo e dell'Asia nuove relazioni fondate sui problemi veri dell'economia e dello sviluppo sociale, trainate anche da una intelligente politica di supporto messa in atto dall'occidente ed in particolare dall'Unione Europea.

Anche sul versante culturale e religioso, il Mediterraneo è stato ed è ancora il luogo dove si fronteggiano culture, interessi e tradizioni i cui poli di riferimento, cristianesimo ed islamismo, sono alternativi, ma sarebbe sbagliato non intravedere che anche in questa realtà stanno emergendo pur nella diversità, spazi di dialogo, di convivenza e di reciproco rispetto che vanno incoraggiati. È evidente che in questo nuovo contesto un ruolo fondamentale spetta all'Italia, non solo dal punto di vista della sua

collocazione geografica al centro del Mediterraneo, ma per il suo apporto culturale frutto di una lunga storia di relazioni fra i popoli.

Ma questa grande prospettiva culturale, politica ed economica non è per nulla scontata, nemmeno in Europa. È inutile nascondersi le difficoltà. I Paesi del Nord-Europa piuttosto che aprire un nuovo "gate" a Sud preferiscono rafforzare il "north range" supportato dalle potentissime lobbyes anseatiche dei porti di Rotterdam, Anversa ed Amburgo. Ma è evidente che se ieri la partita in gioco si svolgeva con forze impari, oggi i nuovi equilibri determinati si nel Mediterraneo consentono rapporti più competitivi.

Sul terreno della competitività commerciale, le rotte intercontinentali dall'estremo Oriente al Centro Europa, via Suez-Mediterraneo consentono un risparmio di almeno cinque giorni nave rispetto alle rotte di circumnavigazione del continente africano fino alla Manica. La stessa rotta dall'Estremo Oriente fino alla costa Est-America (Filadelfia New York) passando per Suez-Mediterraneo-Gibilterra è decisamente competitiva rispetto a quella sul lato Ovest del continente americano (attraversamento del Pacifico-Los Angeles).

Infine il Mediterraneo è in diretta connessione con il Mar Nero che rappresenta la grande porta di ingresso della Russia fino alle più remote latitudini asiatiche, sia su terra che su acqua grazie al sistema imponente di navigazione fluvio-marittima quale il Volga-Don-Mar Caspio. Non a caso, in questo ultimo decennio, nel Mediterraneo sono sorti numerosi terminals container (Malta, Cipro, Egitto, Algesiras, Gioia Tauro) la cui caratteristica non è tanto legata ad una funzione di assorbimento locale dei flussi di merce, quanto invece quella di veri e propri "hub" che consentono lo snodo tra una modalità transcontinentale dei grandi flussi ad un servizio feeder verso i numerosi porti locali.

Il Mediterraneo quindi, usando la moderna tecnologia organizzativa comunemente chiamata "logistica", ha le condizioni per dimostrare la sua forza competitiva rispetto agli altri sistemi.

Ma questo non basta, è necessario che il processo di modernizzazione dei porti attraverso la privatizzazione degli scali ed una intelligente regia programmatica delle authority prosegua senza indugi, ed inoltre vanno affrontate con urgenza alcune strozzature infrastrutturali che penalizzano fortemente il sistema trasportistico europeo a sud delle Alpi.

Mi riferisco in particolare alla grande questione dei valichi Alpini, in particolare il Brennero e più in generale all'essenzialità di un corridoio intermodale Est-Ovest che dalla penisola 1berica, passando per la Provenza, entri nella Valle Padana e prosegua nella pianura Danubiana e verso i Balcani. Senza questo complesso di infrastrutture purtroppo la grande prospettiva della nuova porta a sud dell'Europa non avrà la forza di affermarsi.

Su questa grande questione strategica qualche tempo fa si è soffermato lo stesso Parlamento di Strasburgo indicando la prospettiva del Corridoio Adriatico, sul quale il comitato delle Regioni e la stessa Unioncamere hanno sviluppato un importante contributo di idee e proposte progettuali, quali ad esempio "1'Adriatic Desk". Ora, dopo che sarà stato definito il progetto di fattibilità commissionato a Fiat e IRI, la partita dovrà giocarsi a Bruxelles. In quella occasione si toccherà con mano se l'Europa vorrà davvero affrontare la grande questione Mediterranea o se invece continueranno a dominare incontrastati gli interessi costituiti lungo le nebbiose rive del Mar del Nord.

§




Unioncamere ha colto
l'opportunità economica
LUNGO L’ADRIATICO
UN VELOCE ASSE
NORD-SUD


L'OBIETTIVO È FARLO ACCETTARE
QUALE ELEMENTO STRATEGICO DELLA RETE TRANSEUROPEA
DEI TRASPORTI
In merito al dibattito avviatosi sulla grande questione strategica del "Corridoio Adriatico" le Camere di Commercio fin dall'inizio hanno deciso di svolgere un ruolo attivo in relazione alla grande posta in gioco sia per il sistema economico di tutto il territorio coinvolto, sia per la grande valenza che la questione del "Corridoio Adriatico" ha assunto nel nuovo scenario europeo.

In passato è noto infatti che l'Adriatico rappresentava in Europa un segmento importante dello spartiacque tra mondo occidentale e Unione Sovietica.

Ciò, dal secondo dopoguerra ad oggi ha costituito una palla al piede per lo sviluppo della portualità e dei traffici. La situazione si è ulteriormente aggravata con la guerra nei territori della ex Jugoslavia.



Ora però, con la caduta del Muro di Berlino si è avviata una fase completamente nuova nelle repubbliche ex-sovietiche che consentono di prevedere per il futuro uno sviluppo che influenzerà tutta la Comunità Europea ed in particolare i paesi come il nostro, sia per ragioni e caratteristiche economico-geografiche che sociopolitiche. Il fatto sarà ancora più consistente se la politica di pacificazione avviata nelle repubbliche ex-jugoslave avrà il successo che tutti speriamo.

Dicevamo all'inizio che il sistema delle Camere di Commercio ha colto subito il grande valore dell'iniziativa sul "Corridoio Adriatico".

Ne fa testo una lettera inviata a fine marzo '96 dal presidente nazionale Danilo Longhi ai responsabili di tutto il sistema camera1e italiano:

"... numerose iniziative si sono sviluppate in queste settimane per rendere fattibile il finanziamento europeo sul Corridoio Adriatico. Il sistema camerale ha continuato a sviluppare il confronto - come deciso nell'incontro del 31 gennaio a Roma - con i Ministeri e con le sette Regioni interessate. Queste 24 ultime, che nello scorso ottobre avevano sottoscritto un protocollo di intesa, a gennaio hanno stipulato un accordo di programma per rendere più stringente il coordinamento delle rispettive iniziative.

D'intesa con il dr. D'Ambrosio, Presidente della Regione Marche e del "Centro di Coordinamento per il Corridoio Adriatico", abbiamo richiesto ufficialmente al Ministero dei Trasporti e a quello dei Lavori Pubblici la partecipazione del sistema camerale all'accordo di programma che il Governo ha in corso di definizione con le Regioni e con gli altri enti coinvolti (ad esempio F.S. s.p.a.) ...".

Ecco la parte più significativa della lettera inviata da Unioncamere alla Direzione Generale del Ministero dei Trasporti:
"... il sistema della Camere di Commercio, rappresentato da questa Unioncamere, ha deciso fin dagli inizi di dare il suo

appoggio alla realizzazione del Corridoio Adriatico, che è di interesse nazionale prioritario e che è fortemente voluto dalle 35 Camere operanti nelle sette Regioni della fascia adriatica...".

Queste, nello svolgere il loro lavoro istituzionale di assistenza e promozione dello sviluppo delle imprese, con cui sono in quotidiano contatto, sanno bene che uno dei principali ostacoli a questo sviluppo verso il mercato interno e soprattutto verso il Mercato Unico Europeo e gli altri mercati internazionali, è costituito dalle gravi insufficienze del sistema dei trasporti adriatici.

Esse sono costituite principalmente da:

incomplete infrastrutture terrestri, sia longitudinali che trasversali verso la sponda tirrenica;
difficoltà di accesso ai valichi alpini;
carenze gravi nell'utilizzo dei porti e nel sistema della
intermodalità.


A queste insufficienze si può riparare solo in un quadro progettuale organico come quello ipotizzato dal Corridoio Adriatico, che sia parte costituente di uno dei principali Assi Nord-Sud della Rete Transeuropea dei Trasporti.

Di qui, fin dagli inizi, l'appoggio incondizionato del sistema camerale e la sua proposta di collaborazione alle 7 Regioni, sia per accelerare razione di riconoscimento a Bruxelles di "progetto prioritario" al progetto del Corridoio Adriatico, sia per contribuire agli adempimenti pratici, fra cui quelli progettuali, che sono necessari per giungere a quel riconoscimento ...".

Ma sarà in occasione della riunione a Roma del 3 Aprile 96 che dopo una approfondito dibattito il sistema delle Camere di Commercio delineerà compiutamente la sua azione sul Corridoio Adriatico:

"... I partecipanti ( i Presidenti ed i rappresentanti di 7 Unioni

Regionali e di 16 Camere di Commercio), che in qualità di enti pubblici di riferimento per le imprese, sono direttamente interessati alla creazione del Corridoio Adriatico:
. hanno innanzitutto espresso apprezzamento e piena approvazione per la decisione, presa da Unioncamere a nome e per conto del Sistema camerale, di appoggiare e di partecipare concretamente all'azione che si sta sviluppando in Italia, a seguito delle delibere del Parlamento Europeo di Strasburgo e della Commissione dell'Unione Europea, per inserire il Corridoio Adriatico tra i progetti prioritari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti;

. esprimono un giudizio positivo sulle iniziative finora intraprese e sull'impegno in atto da parte del Centro di coordinamento delle Regioni, con le quali si è registrato finora un costruttivo confronto, da sviluppare ulteriormente;

. auspicano un'iniziativa comune con le Regioni per sollecitare il Governo e le diverse amministrazioni dello Stato interessate al problema, perché vengano concretizzate forme organizzate di coordinamento e di collegamento tra le Regioni, sistema camerale e altri enti, anche attraverso specifici accordi di programma.

I partecipanti sottolineano che:

. la presenza operativa del sistema camerale (con tutto il supporto economico, tecnico ed organizzativo che esso può dare) nell'auspicato accordo di programma può contribuire in maniera significativa alla formazione di un progetto di fattibilità del Corridoio che corrisponda:

sia alle finalità costitutive ed operative della Rete Transeuropea dei Trasporti, di cui il Corridoio deve costituire elemento fondamentale di uno dei più importanti Assi Nord-Sud;

sia alle finalità di quella urgente riorganizzazione del sistema dei trasporti adriatici che lo porti all'effettivo servizio - il che oggi non è - delle imprese (e, fra queste, soprattutto, di quelle piccole e medie) che operano nelle Regioni Adriatiche;

. il Corridoio Adriatico è una iniziativa di interesse strategico per il sistema dei trasporti italiano; ma è tanto più prioritaria se si considera la gravità dei problemi che, da tempo irrisolti, ostacolano quotidianamente e direttamente lo sviluppo e l'espansione verso il Mercato Unico Europeo delle Regioni Adriatiche;

. le Camere di Commercio sono gli Enti economici territoriali che, vivendo accanto alle imprese, ne conoscono meglio il travaglio, originato anche dalla inefficienza del sistema dei trasporti, alle quali esse, nell'attuale contesto - pur assolvendo con impegno le funzioni di assistenza e promozione istituzionale affidatele - non possono porre che ripari frammentari e precari.

Soltanto nel quadro di una riorganizzazione generale, come quella possibile con la creazione del "Corridoio Adriatico", le imprese operanti nella fascia adriatica possono gradualmente e organicamente liberarsi dagli ostacoli che attualmente ne frenano lo sviluppo.

In base a quanto sopra accennato, i partecipanti confermano la necessità di sviluppare un impegno delle Camere di Commercio per contribuire alla creazione del Corridoio Adriatico.

Se si guarda ad alcune, significative cifre relative ai territori coinvolti dal progetto, si comprende anche il motivo dell'appoggio del sistema camerale:

nelle 7 Regioni che hanno aderito finora al Centro di coordinamento operano infatti, circa 1.250.000 imprese, cioè il 29% circa dei 4 milioni di imprese italiane;

sono, queste imprese, le protagoniste indiscusse dello sviluppo del Nord-Est, dell'Emilia-Romagna, delle Marche, della Puglia: dalle 7 Regioni adriatiche parte circa il 35% del totale delle esportazioni del nostro Paese.

Le Camere di Commercio adriatiche e il sistema camerale italiano intendono far evolvere il sistema di trasporto adriatico in un fattore di consolidamento dello sviluppo, mentre oggi si corre il

rischio, in assenza di nuovi rilevanti interventi strutturali, che esso diventi un fattore di progressiva penalizzazione.

Si sta trattando ora, per costruire un progetto di fattibilità del Corridoio Adriatico, nel quadro di un accordo di programma guidato dal Governo e mirante a produrre un risultato che, in quanto elemento della Rete Transeuropea dei Trasporti, possa venire accettato e approvato dagli altri 14 Stati Membri dell'Unione Europea.

Per rispondere alle esigenze di sviluppo dell'economia territoriale adriatica e alle esigenze europee, il progetto di fattibilità:

deve essere inquadrato:

nelle relazioni marittime da instaurare, nel quadro della politica europea, d'accordo con la Grecia e gli altri Paesi del Sud del Mediterraneo;

nello sviluppo delle relazioni marittime con i Porti dei Paesi della sponda balcanica dell'Adriatico: Albania, Federazione Serbia-Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Slovenia, per contribuire a stabilire con questi un ordinato e realistico incremento degli scambi commerciali ed economici;


nelle relazioni e negli sviluppi da concordare a Nord su base terrestre in collaborazione con l'Austria, verso il Centro e Nord Europa e verso i Paesi dell'Est europeo;

deve essere costituito mirando, attraverso una rigorosa selezione delle priorità:

a completare funzionalmente il potenziamento in atto delle vie d'accesso ai valichi alpini, e a definire una coerente politica di superamento delle strozzature dei valichi alpini verso i paesi del Centro-Europa e dell'Est Europeo;

a predisporre incroci operati vi efficienti con il creando



Corridoio Plurimodale Est-Ovest a Sud delle Alpi;

a completare e ad organizzare le linee longitudinali terrestri adriatiche della Penisola, viarie e ferroviarie con priorità per il completo raddoppio della linea ferroviaria adriatica. Ciò vuoi dire prevedere ed organizzare anche i punti di partenza e di arrivo cui dovranno far capo, lungo le linee longitudinali, comunicazioni certe, viarie e ferroviarie, da stabilire fra la sponda adriatica e la sponda tirrenica della Penisola;

a realizzare un sistema articolato di intermodalità, che faccia leva sui porti e gli interporti;

per quanto riguarda la portualità, alla luce del lavoro già svolto e in corso di svolgimento da parte di Uniontrasporti, si sottolineano i seguenti aspetti:

occorre pervenire alla definizione, in una logica di sistema, delle capacità funzionali e quindi delle svariate specializzazioni dei numerosi Porti del Corridoio Adriatico;

occorre potenziare in misura sinergica il corridoio adriatico attraverso un efficiente sistema di infrastrutture portuali e di collegamento con le grandi reti di comunicazione stradale e ferroviaria per assicurare lo sviluppo dei trasporti intermodali e combinati;

occorre sviluppare un sistema di collegamento marittimo veloce a corto raggio (Cabotaggio Feeder) tenendo anche conto dell'entrata in funzione del Porto di Gioia Tauro;
occorre favorire una efficace interconnessione tra il sistema marittimo e il sistema idroviario padano-veneto;
occorre introdurre sistemi innovativi nei settori della logistica per innalzare il livello di efficienza e di efficacia dei servizi;
Devono, inoltre, essere messi in evidenza prioritaria i seguenti aspetti:



all'interno della portualità adriatica, se questa vuole affrontare la sfida dei porti del "range" del Mare del Nord, devono impiantarsi sinergie trasportistiche e logistiche che fin da ora consentano ai porti del "range" adriatico di fornire un livello di servizio analogo a quello offerto dai porti del Nord;

come premessa al soddisfacimento dell'esigenza di cui sopra, si avverte con urgenza la necessità di armonizzare le procedure amministrative e di controllo per snellire i rapporti con l'utenza, in particolare organizzando il sistema di comunicazione EDI.

Il sistema camerale, anche avvalendosi delle proprie strutture specializzate in campo informatico, si impegnerà nei confronti delle Autorità responsabili perché si adoperino, fin d'ora a questo scopo;

alle stesse Autorità responsabili si chiede, infine di garantire un elevato grado di sicurezza, considerato lo straordinario valore ambientale e paesaggistico dell'ecosistema adriatico.

Per quanto riguarda la costruzione vera e propria del progetto di fattibilità, i rappresentanti delle Camere di Commercio adriatiche, ben consci che l'opera ha da svolgersi all'interno della cornice dell'auspicato accordo di programma.

Si tratta infatti di poter utilizzare, nell'eventuale "Gruppo ad hoc", tutte le competenze degli Enti coinvolti nell'accordo stesso, sottolineano la necessità che l'opera si sviluppi in coerenza con le esigenze delle imprese, cui dev'essere data, tramite la partecipazione del sistema camerale che le rappresenta, la possibilità di contribuire ad una sorta di monitoraggio delle soluzioni che man mano vanno proposte.

A questo fine le Unioni regionali e le Camere di commercio presenti concordano sulla necessità di:



. sviluppare una forte azione di sensibilizzazione, soprattutto a livello regionale e locale, nei confronti del mondo delle imprese, per ottenere il loro n sostegno al progetto;
. coinvolgere, a livello di scelte operative, gli enti interessati (Ferrovie, ANAS, Autostrade, Autorità portuali, ecc.).

Per quanto riguarda, infine, la conduzione ed il coordinamento dell'opera, le Camere di commercio adriatiche sottolineano la necessità che questa si realizzi utilizzando le esperienze già fatte.

In particolare, lo strumento tecnico di Unioncamere, Uniontrasporti, per aver già concepito e realizzato con finanziamento della U.E. come vera prefigurazione "in nuce" del Corridoio Plurimodale Adriatico.

Il Corridoio Sperimentale e Pilota di trasporto combinato Grecia-Germania via Italia, dispone di un patrimonio di dati e di esperienza anche operativa, che viene messo a disposizione degli enti pubblici e parrebbe necessario utilizzare nella costruzione del progetto di fattibilità.

Esse auspicano che l'accordo di programma tenga conto di questa opportunità, che rientra nella più generale offerta di contributo che il sistema camerale è disposto a mettere in campo.

Le Camere di Commercio adriatiche affidano in conclusione all'Unioncamere il compito di fare tutti i passi necessari presso il Centro di coordinamento delle 7 Regioni e presso il Governo per concretizzare l'appoggio del r sistema camerale italiano alla creazione del Corridoio Plurimodale Adriatico.

A questo fine viene costituito un Comitato di Coordinamento che opererà, in stretta intesa con Unioncamere e Uniontrasporti, composto dai rappresentanti delle Unioni Regionali interessate, anche al fine di garantire un rapporto unitario con il Governo e le Regioni.

§





Presentato a Ravenna
il progetto Adriatic Desk

UN SISTEMA INTEGRATO
DEI PORTI ADRIATICI
COSTRUIRE UN DATA BASE
DEL TRAFFICO MARITTIMO
INTRA MEDITERRANEO

Nel corso del convegno di Ravenna del 6 marzo u.s. è stato annunciato da autorevoli personalità (il Dr. D'Ambrosio, Presidente del Comitato delle Regioni Adriatiche e dal Dr. Collevecchio, Direttore Generale del Ministero dei Trasporti) che allo stato esistono due importanti contributi propedeutici alla formazione del Progetto di fattibilità sul Corridoio Adriatico, quello tecnico progettuale della Regione Emilia Romagna e quello di Uniontrasporti realizzato su incarico del Sistema camerale italiano.

È importante questa premessa in quanto gli approcci partono da presupposti molto diversi, il primo fondato sostanzialmente sulle statistiche dei flussi e valutazioni infrastrutturali connesse al Piano Generale dei Trasporti e al modello econometrico Leontief-Costa, il secondo invece considera il Corridoio Adriatico un vero e proprio "contenitore di business" nel quadro di un sistema di relazioni fra l'Europa comunitaria, il Mediterraneo, il

Mar Nero e le nuove potenzialità espresse dalle rotte di traffico con O/D l'Estremo Oriente.

Potremmo dire che l'approccio dei tecnici regionali si è basato soprattutto su fonti tradizionali, mentre invece quello di Uniontrasporti ha cercato di individuare un percorso progettuale supportato da una strumentazione coerente con la complessità delle problematiche connesse al sistema delle relazioni fra gli attori in gioco a livello nazionale ed internazionale attraverso l'attivazione di un "Adriatic Desk".

Con ciò non intendo affatto dire che il modello econometrico Leontief-Costa, fondato sulle matrici input output sia sbagliato, anzi allo stato è ciò che di meglio è riuscita a sfornare la ricerca programmatoria del settore, solo che è sbagliato il suo uso approssimativo ed improprio come quello adottato, fondato su dati ipotizzati nel 1980, al momento della realizzazione del Piano Generale dei Trasporti.

Che senso ha infatti ragionare sulle proiezioni all'anno 2015 se partivano da una permanenza nel tempo della ripartizione modale, mentre tutti sanno che proprio in questo ambito si è realizzato un forte spostamento dei flussi di traffico a favore della strada.

Che senso ha ragionare sui dati e sui presupposti posti nel 1980 alla base della realizzazione del Piano Generale dei Trasporti senza tenere conto dello sconvolgimento politico ed economico intervenuto sul finire degli anni 80 e che costituisce il vero banco di prova dello sviluppo futuro, ma anche di fenomeni meno eclatanti ma altrettanto dirompenti come i referendum della Svizzera e dell'Austria sul transito delle merci autotrasportate o la presenza del nuovo hub Mediterraneo a Gioia Tauro.

Non a caso, intervenendo nel corso del citato convegno di Ravenna il Ministro Claudio Burlando ha affermato che il solo evento Gioia Tauro, di per sé è sufficiente ad una doverosa riscrittura del Piano Generale dei Trasporti.



Ritornando all'"Adriatic Desk", proposto dallo studio di inquadramento generale sul corridoio plurimodale Adriatico da Uniontrasporti, esso propone un tavolo permanente di monitoraggio, chiamando a raccolta tutti gli operatori coinvolti (le Camere di Commercio Italiane e straniere coinvolte nel progetto, i soggetti istituzionali, in primis le Regioni, i principali operatori del trasporto o le loro associazioni).L'Adriatic Desk deve caratterizzarsi come una struttura estremamente leggera in termini organizzativi ma in grado di supportare, ai vari livelli decisionali, nazionali ed internazionali, la progettualità relativa al Corridoio Adriatico. L'attività prevalente dell'Adriatic Desk sarà costituita da un insieme di rapporti nell'area del Corridoio Adriatico in grado di garantire la continuità e la regolarità dei flussi informativi fra i soggetti che vi partecipano e che dovrà costituire la base per le decisioni progettuali.

Con questo strumento si può quindi ipotizzare un percorso progettuale e gestionale in grado di garantire nel tempo il protagonismo di tutti gli attori, non solo quelli istituzionali ma anche coloro che operano attivamente sia dal lato della domanda che da quello dell'offerta, nelle strutture e nei servizi del settore

Si tratta cioè di individuare i nodi che debbono essere oggetto di specifiche analisi per favorire sul piano più generale la consapevolezza delle sfide che occorre superare per l'affermazione del "Corridoio" come sistema integrato e competitivo. L'obiettivo è quello di ricostruire il quadro dell'offerta del traffico di linea con origine/destinazione nei porti interessati al Corridoio Adriatico, definendone le caratteristiche strutturali, in termini di punti di forza e di debolezza e di processi evolutivi.

Questo data-base del traffico marittimo intra-Mediterraneo online che Uniontrasporti propone nel contesto dell'Adriatic Desk consentirà anche una corretta valutazione delle linee di intervento per una progressiva crescita dei livelli di efficacia e di efficienza dal lato dell'offerta. Parallelamente si dovrà attivare un "censimento" dei progetti di sviluppo relativi alle strutture

portuali in tutti i paesi della costa Mediterranea e del Mar Nero, ciò al fine di avere una corretta valutazione precedente agli interventi di progetto.

L'Adriatic Desk dovrà inoltre identificare i fabbisogni formativi, rivolti sia ai soggetti istituzionali della portualità sia alle aziende commerciali interessate. In questo ambito dovrà essere avviato un progetto per lo sviluppo della certificazione di qualità delle aziende di trasporto.

Infine, anche se alcuni porti, interporti, aziende ferroviarie, autostradali e Dogane si sono già attivati per la creazione di sistemi telematici locali, manca ancora una visione a livello di corridoio in grado di unificare ed omogeneizzare standard e tecnologie indispensabili alla interconnettività delle informazioni e alle garanzie di affidabilità, trasparenza e riservatezza rispettive dei dati.

In questo senso, l'iniziativa denominatasi "Gilda" tendente ad una gestione informatica della logistica distribuita nello spazio Adriatico, se non opportunamente chiarita negli obiettivi, negli attori e nei rapporti con il sistema istituzionale, finisce per costituire una inutile fuga in avanti, incapace di rappresentare correttamente la pluralità e la complessità dei soggetti operanti nel corridoio Adriatico. In conclusione, considero di grande importanza questa riflessione di più soggetti (istituzioni pubbliche, operatori privati, associazioni imprenditoriali e sociali e ricerca universitaria) sulla questione Adriatica.

È un avvenimento che solo la caduta del "Muro di Berlino" consente di affrontare nei suoi termini reali e non più condizionati dalle ideologie. Non dimentichiamo che l'Adriatico rappresenta per l'Europa la vera porta a Sud, cioè il varco dal quale con maggiore facilità possono transitare i traffici dalle rotte del Mar Nero e dall'Oriente. Nulla di nuovo sotto il sole, tutte cose già intuite e praticate dalla Serenissima Repubblica molti secoli or sono, ma che oggi, nel nuovo contesto politico ed economico sono ritornate d'attualità.



Sta alla classe dirigente che ci governa ai vari livelli, ma anche all'insieme di attori che ogni giorno nel proprio posto di lavoro operano nell'economia e nel sociale comprendere l'importanza strategica di questa prospettiva

§




La Commissione di Unioncamere
ha fatto il punto

LE SCELTE STRATEGICHE
NEL TRASPORTO
DELLE MERCI

UN ELEMENTO ESSENZIALE
DELLA CATENA PRODUTTIVA
CHE TROVA IN ITALIA STROZZATURE SU STRADE, FERROVIE, VALICHI E VIE D'ACQUA

Organizzata dalla Commissione Nazionale Trasporti e Telecomunicazioni di Unioncamere, si è svolta a Roma l'8 maggio scorso, l'Assise nazionale. L'iniziativa voleva essere una messa a punto della situazione del trasporto delle merci in Italia, soprattutto dal punto di vista della domanda, ovvero dalla parte del sistema delle imprese che utilizzano le infrastrutture e le diverse unità operative per trasferire le merci acquistate o prodotte dall'origine alla destinazione.

Com'è noto, questa funzione è strettamente connessa alle scelte del sistema economico. Oggi, il trasporto e la logistica sono giustamente considerati elementi essenziali ed indissolubili della catena produttiva. Infatti, si può affermare che un paese che ha

un sistema di trasporti inefficiente e costoso avrà contemporaneamente un'economia vulnerabile e poco competitiva.

Va sottolineato che c'è un quadro di riferimento che in quest'ultimo decennio è andato affermandosi in tutta la sua complessità, ma anche con la sua carica di opportunità: il mercato costituito dai paesi dell'Unione Europea e contemporaneamente, dopo la caduta del muro di Berlino, le maggiori possibilità di penetrazioni nei paesi membri dell'ex Unione Sovietica.

Questa nuova dimensione territoriale e quantitativa del mercato europeo ha una relazione primaria con la funzione trasportistica. Senza un moderno sistema di trasporti non ci sarebbe mai stato un vero mercato europeo.

Ma non basta uno scenario promettente per poter partecipare da protagonisti. In un mercato aperto alla competizione il settore del trasporto merci nazionale ha possibilità di successo solo se fonda la sua azione su una rete infrastrutturale moderna ed integrata fra le diverse modalità, se possiede una conoscenza ed una capacità organizzativa moderna ed efficiente.

Sappiamo però che queste condizioni non sono scontate, anzi a situazioni ottimali si contrappongono ampie sacche di arretratezza ed inefficienza.

Se non si migliorerà con urgenza il quadro complessivo del nostro livello di capacità competitiva, non solo non saremo dei protagonisti nel settore ma addirittura il nostro territorio potrà diventare (in alcune nicchie lo è già diventato), territorio di conquista per molti operatori stranieri.

Uno dei problemi più rilevanti è costituito dallo squilibrio modale. Come si può vedere dalla tabella, la ripartizione dei flussi di trasporto delle merci in Italia è molto diversa rispetto agli altri principali paesi europei. Abbiamo infatti una concentrazione eccessiva sulla modalità stradale ed uno scarso utilizza della ferrovia e delle acque interne e fluviali.


L'arretratezza del sistema dei trasporti in Italia ha nomi e cognomi che possono essere così sintetizzati:
- siamo un Paese in cui le merci viaggiano essenzialmente con 1'autotrasporto;

la rete stradale ed autostradale italiana è già satura in molti punti essenziali;

- abbiamo circa 150 porti, troppi, spesso inefficienti e poco integrati con le reti di comunicazione e le piattaforme logistiche;

- le nostre infrastrutture ferroviarie, nate in tempi ormai lontani sono ormai obsolete;

- siamo un paese che non ha saputo sfruttare le opportunità della sua collocazione geografica, né ha saputo dare soluzioni adeguate all'ostacolo costituito dalla catena alpina, predisponendo dei moderni valichi, in particolare per la modalità ferroviaria.


Queste preoccupazioni non sono nuove, erano infatti alla base degli obiettivi degli estensori del Piano Generale dei Trasporti. Un Paese come il nostro che per certi aspetti geografici ha le condizioni per essere una piattaforma ideale per lo sviluppo dei trasporti continentali, come lo è stato nei secoli delle repubbliche marinare, oggi si trova a rimorchio dell'aggressività competitiva dei sistemi trasportistici insediati principalmente sulle darsene del Mare del Nord.

I periodi storici più significativi della storia economica e politica italiana si sono avuti in corrispondenza di una nostra attenzione ai sistemi di trasporto nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Si veda ad esempio gli itinerari delle flotte e i capisaldi della Repubblica di Venezia.

Altrettanto potremmo dire rispettivamente per Genova, Pisa ed Amalfi.



Queste riflessioni sono meno datate di quanto possa sembrare. Certo, oggi il problema dei collegamenti marittimi dell'Europa non riguardano solo il Mediterraneo ma l'intero globo terrestre. Il Mediterraneo però ha tutte le condizioni per tornare ad essere uno snodo strategico delle grandi rotte internazionali, come sta concretamente dimostrando la crescita del Porto di Gioia Tauro.

Il Mediterraneo infatti, attraverso Suez, a certe condizioni, costituisce una direttrice competitiva rispetto al sistema portuale del Mare del Nord, la rotta più corta dall'Estremo Oriente (Giappone, Hong Kong, Singapore) verso New York ed i porti del Est-Coast americana.

In questo contesto si inserisce anche tutto il ragionamento sul "Corridoio Adriatico" e sul rilancio dei porti del Tirreno. Naturalmente, a certe condizioni, ovvero se sapremo utilizzare con intelligenza le nostre chances, se sapremo fare sistema, qualificare gli investimenti, riordinare il complesso normativo.

Purtroppo, troviamo invece con un sistema trasportistico inefficiente e che assorbe una quantità rilevante di risorse. Dobbiamo pertanto invertire la rotta e puntare al miglioramento dell'efficienza e della qualità dei servizi.

Ma per raggiungere questo obiettivo è necessario riequilibrare la domanda tra le diverse modalità di trasporto, bisogna qualificare gli investimenti anche coinvolgendo il settore privato attraverso i project financing (pensiamo ad esempio al Brennero e alla Torino-Lione), creare le condizioni di una vera concorrenza su regole condivise. È evidente che ciò postula un'azione di politica economica coraggiosa e qualificata.

In questi anni invece, abbiamo avuto una crescita spontanea soprattutto nel comparto ,dell'autotrasporto, costituita da centinaia di migliaia di micro-imprese, frutto dell'inventiva e della grande vivacità imprenditoriale del nostro paese; una realtà che però richiede un urgente, generale riordino, in relazione alle dimensioni assunte nell'ultimo decennio dal mercato e dalla

improcrastinabile necessità di distribuire più equamente il trasporto delle merci sull'insieme delle modalità operative.

In questo contesto va valutata con attenzione ed interesse l'unica vera novità determinatasi in Italia, prima che in altri paesi europei, nel settore del trasporto delle merci: la nascita degli interporti. A puro titolo di esempio si riporta un istogramma che descrive lo sviluppo quantitativo dei flussi di container nell'Interporto di Padova. Sulla stessa linea, seppure con caratteristiche diverse, in ragione della specifica specializzazione, sono i flussi degli interporti di Verona e Bologna.

Quella degli Interporti è una rete ancora incompleta ma che ha consentito l'avvio di importanti processi di intermodalità e di trasporto combinato. Oggi ce ne sono 7 di funzionanti, altri sono in fase di costruzione e di progetto. Parallelamente ed in alcuni casi, in siti integrati ai centri intermodali, sono sorte numerose aree per la logistica distributiva delle merci. Sono segni positivi di un paese attento ai processi innovativi in atto nel settore del trasporto delle merci ma che attende anche una coerenza di scelte ed una destinazione mirata degli investimenti.

Un'altra sfida da vincere per competere in Europa è quella sul versante della qualità e della certificazione delle aziende di trasporto. È questo uno dei passaggi più difficili perché connesso alla dimensione e alla struttura organizzativa delle imprese operanti nel settore. Dobbiamo però sapere che uno sviluppo moderno, del trasporto e della logistica, non può essere disgiunto da un adeguata modernizzazione del sistema informativo con tecnologie informatiche e telematiche in grado di mettere online tutti gli operatori coinvolti.

In questo senso, importanti passi avanti sono stati compiuti in questi ultimi tempi dalle dogane. Non siamo di fronte solo a procedure di trasmissione ma alla sostituzione dei documenti cartacei attraverso protocolli Edi - Edifact su standard convenuti in sede ONU. Il prossimo grande balzo nella telematica dei trasporti sarà realizzato, speriamo entro il 1997, quando si darà corso legale alla cosiddetta "firma elettronica" di convalida dei

documenti.

Certamente il settore più arretrato nella gestione del traffico delle merci in Italia è quello ferroviario che a causa dell'inefficienza e dell'obsolescenza delle sue reti infrastrutturali ha perso, regalandole all'autotrasporto, importanti fette di mercato. Non si tratta solo di aumentare l'offerta infrastrutturale ma anche di migliorarne la qualità affermando una maggiore integrazione con porti, interporti e centri merci e con l'immissione di maggiori innovazioni tecnologiche in grado di gestire una domanda crescente di trasporto combinato e intermodale.

È in questo quadro che il sistema camerale italiano si è fatto partecipe del sostegno dei progetti di quadruplicazione egli assi Nord-Sud (da Napoli a Milano) ed Ovest-Est (da Torino a Trieste e da Genova a Milano) della rete ferroviaria nazionale, nel quadro del progetto di potenziamento e velocizzazione della rete ferroviaria europea.

Non c'è dubbio che senza questo progetto di intervento infrastrutturale, tecnologico ed organizzativo non si potrà trasferire una parte del traffico merci dalla strada alla ferrovia, né realizzare una più moderna integrazione fra trasporto passeggeri a lunga distanza e sistemi di trasporto pubblico nelle grandi aree metropolitane.

Questo progetto vive oggi in una condizione di precarietà. Infatti, mentre la dorsale Nord-Sud ha molti cantieri aperti ed avanza a ritmi accettabili, la tratta trasversale che tra l'altro corrisponde a quella di maggiore interesse per il servizio merci, è invece ancora bloccata dalle procedure burocratiche e dagli adeguamenti progettuali connessi alle richieste di mitigamento ambientale.

Bisogna però che vi sia un maggiore slancio operativo perché altrimenti di questo passo si rischia di arrivare alla modernizzazione delle nostre infrastrutture ferroviarie fuori tempo massimo.

I principali porti italiani, dopo una ingessatura durata decenni, a

seguito della legge di riforma del 25.01.94 n.84, stanno vivendo un importante risveglio, connesso alla realizzazione delle Authority che conservando il ruolo di programmazione e di controllo dei vecchi enti portuali hanno invece avviato la privatizzazione delle attività operative anche grazie al superamento, seppure per gradi, del monopolio della riserva di manodopera portuale.

In questo contesto vanno segnalate in termini positivi anche le esperienze delle Aziende speciali portuali istituite da alcune Camere di Commercio, il cui ruolo è stato riconosciuto dalla legge di riforma portuale.

Il trasporto delle merci nel territorio italiano avviene prevalentemente su gomma. Questa condizione non poteva che riflettersi pesantemente sulle infrastrutture, causando grossi problemi di congestionamento, soprattutto sulle principali dorsali, nelle connessioni con le grandi aree urbane, nei raccordi con gli scali marittimi ed interportuali ed in corrispondenza dei principali valichi di confine.

Ma più in generale, l'intera rete stradale ed autostradale nazionale deve oggi supportare un traffico sproporzionato rispetto alla capacità fisica delle infrastrutture, determinando una serie di ricadute non più rinviabili per quanto riguarda la valutazione dei costi effettivi dell'auto trasporto, sia dei costi diretti che di quelli esterni, oltre che dei problemi della tutela ambientale e della sicurezza.

Sappiamo però che mentre dobbiamo puntare ad una diversa distribuzione modale del traffico, per intenderei, dalla strada alla ferrovia, alle idrovie, al trasporto fluvio-marittimo, cabotaggio e feeder, dobbiamo comunque mettere mano con urgenza ad alcune strozzature nella rete stradale ed autostradale che penalizzano fortemente la circolazione delle merci in Italia.

Ci riferiamo alla variante di valico della Firenze-Bologna, alla Pedemontana Lombardo-Veneta, alla Romea commerciale, alla Salerno- Reggio Calabria e ad alcuni tronconi di attraversamento

della dorsale appenninica.

Lo sviluppo economico ed industriale dell'Europa, almeno in questi ultimi due secoli ed ancor più nel secondo dopo-guerra si è consolidato soprattutto a nord delle Alpi, in una area che partendo da Parigi, passa per la Rhur, il Belgio, l'Olanda fino ad Amburgo, quella che viene appunto definita la "banana" dello sviluppo europeo. In questo contesto, gli scambi commerciali tra l'area mediterranea dell'Europa e la grande area di sviluppo a Nord delle Alpi devono fare i conti con l'attraversamento delle Alpi e dei territori della Svizzera e dell'Austria, un problema complesso, a maggior ragione dopo le restrizioni conseguenti ai referendum contro l'attraversamento dei TIR.

I valichi, in particolare quelli ferroviari (Tarvisio, Brennero, Gottardo, Sempione e Frejus) sono stati realizzati ancora nell'ottocento ed ora mostrano tutta la loro inadeguatezza soprattutto nei confronti della rivoluzione intervenuta con l'avvento del "container" e l'esigenza di attivare le tecnologie del "trasporto combinato". Se non affronteremo la questione dei valichi alpini come una delle urgenti priorità per il nostro sistema economico ci troveremo ben presto in grandi difficoltà.

Il problema più urgente è certamente costituito dai ritardi nella realizzazione della nuova galleria di base del Brennero e risiede nella difficoltà dei rapporti accresciutasi in questi ultimi anni, tra i tre stati interessati (Italia, Austria e Germania), e in particolare dal raffreddamento intervenuto in quest'ultimo paese in ragione dell'incorporamento della ex-Germania Est e il suo inevitabile riposizionamento strategico verso i paesi dell'ex-Unione sovietica.

Il sistema camerale dovrebbe fare uno sforzo per evidenziare la gravità di questo stato di fatto, attivando uno strumento di "monitoraggio permanente" dei flussi di traffico sui valichi alpini e sviluppando una conseguente sensibilizzazione delle istanze parlamentari nazionali ed europee e degli altri enti preposti.

Da un lato la nostra presenza in Europa non può fare a meno di forti assi di penetrazione verticale Nord-Sud, ma nello stesso

tempo, dobbiamo stare attenti a sviluppare un corridoio di relazioni forti Est -Ovest, a sud delle Alpi, lungo l'asse del 45° parallelo, in grado di favorire l'interscambio tra le aree mediterranee della penisola iberica, ai Balcani, alle aree danubiane.

Questo obiettivo ha una grande valenza non solo dal punto di vista delle relazioni economiche ma anche in termini di contro bilanciamento politico: un'Europa con aree di diversa cultura e vocazione economica ma senza gerarchie di subordinazione.

La vera questione strategica è quella di aprire in Europa una grande porta a Sud, in grado di contro bilanciare il sistema del North Range e del Baltico. Il sistema camerale, di concerto con le Regioni Adriatiche, ha collaborato attivamente ad approfondire le tematiche che dovranno figurare al centro del progetto, in particolare considerando il corridoio Adriatico come una importante area di business; ha elaborato uno studio di inquadramento generale del "corridoio plurimodale adriatico"; ha inoltre proposto la realizzazione di un "Adriatic desk", uno strumento che con le moderne tecnologie informatiche sia in grado di descrivere in tempo reale lo stato di fatto, gli sviluppi progettuali e le potenzialità operative delle due sponde marittime.

Non possiamo concludere questo intervento senza soffermarci su altri due problemi: il primo, quello idroviario. La legge n.380 del '90 definisce l'ambito del sistema idroviario nazionale, in parte recepito nella rete idroviaria europea. Va detto senza mezze misure che aver abbandonato al suo destino una cultura peraltro secolare della navigazione interna nella valle padana è stata una scelta miope che oggi paghiamo a caro prezzo.

Ma seppure in ritardo si può recuperare il tempo perduto. Intanto lungo l'asse Chioggia, Volta Grimana, Cremona è ripreso in questi anni un importante traffico idroviario, così come va segnalato un crescente interesse della Regione Lombardia per il completamento del Canale Cremona-Milano e per la connessione di Mantova al Po e al FisseroTartaro-Canal Bianco.

Sull'altro versante, quello dell'Emilia-Romagna, cresce l'interesse

per il completamento dell'Idrovia Ferrara-Ravenna. Parimenti in seno alla Regione Veneto e Friuli Venezia Giulia si registra una nuova sensibilità per il completamento dell'Idrovia Venezia-Padova e la riattivazione ai fini turistici della Litoranea Veneta.

Se è vero, che le condizioni fisiche dell'Italia non sono paragonabili, dal punto di vista idroviario, alla valle del Reno e del Rodano o a quella del Danubio, va però sottolineato che altri paesi, diversamente da noi non hanno la possibilità di realizzare una sinergia, come noi possiamo, tra sistema idroviario e cabotaggio marittimo lungo le coste dell' Adriatico e del Tirreno con itinerari che possono raggiungere anche il Mar Nero, il Mar Caspio ed i grandi fiumi della Russia, il Dnjeper ed il sistema Volga-Don.

Il secondo problema: ha un futuro il trasporto aereo delle merci in Italia? Intanto va detto che già oggi il servizio postale e della messaggeria usa largamente la modalità aerea, così come determinate produzioni di alto valore aggiunto, mi riferisco al comparto dell'oreficeria, dell'elettronica e dell'alta moda.

Ma vi è anche un mercato trasversale, quello fondato sul "just in time" o sulle lunghe distanze che trova conveniente pagare più caro il trasporto a condizione di una maggiore tempestività, sicurezza e qualità del trasporto. Anche in questo settore arriviamo in ritardo, mentre per effetto della liberalizzazione del trasporto aereo va crescendo l'aggressività della concorrenza. Sono le organizzazioni delle compagnie aeree straniere, in particolare Lufthansa e Air France a farla da padrone.

Certo il trasporto aereo delle merci richiede una logistica specifica ed una organizzazione fortemente strutturata, ma possiamo certamente dire che anche questa modalità ha un futuro nel trasporto delle merci.

In questo senso vanno accolte con interesse alcune iniziative dell'Alitalia di valorizzare l'aeroporto di Torino-Caselle, ma se resta solo questo l'impegno è decisamente troppo limitato, perché lascerebbe indisturbata l'azione della concorrenza delle

compagnie transalpine nella Valle Padana. Riteniamo invece che vada ridefinito il ruolo di hub anche per il settore cargo di Malpensa e di Tessera.

L'approccio realizzato in questo intervento ha voluto evitare la lista della spesa, soffermandosi invece, necessariamente in modo schematico, sulle principali questioni strategiche del trasporto delle merci in Italia. Dobbiamo dire con forza che quello che lo spontaneismo, nel bene e nel male, da solo poteva fare, l'ha già fatto. Ora il settore attende una politica fondata su interventi qualificanti che ci aiutino, anche per questa via, ad essere collocati da protagonisti nel contesto europeo.

Da un sistema moderno ed efficiente del trasporto delle merci, lo ripetiamo, dipende in buona misura lo sviluppo economico e sociale.

§


I progetti TEN

ANALISI E PROSPETTIVE
DEL CORRIDOIO
MULTIMODALE
EST-OVEST
UNA DIRETTRICE DI SVILUPPO DELL’EUROPA MEDITERRANEA

All'interno del bacino del Mediterraneo; l'arco territoriale che si estende dalla Spagna Nord-Occidentale fino ai paesi dell'Est europeo; attraverso le regioni meridionali della Francia e il nord Italia, rappresenta a tutti gli effetti, la parte economicamente più sviluppata dell'Europa meridionale.

La direttrice Ovest-Est delineata da questo "itinerario mediterraneo" assume una rilevanza di primo piano proprio come asse di congiunzione ed integrazione tra i vari Paesi che; sia dal punto di vista geografico, sia dal punto di vista economico, possono essere indicati come il "Nord" dell'Europa del Sud.

Pertanto, il potenziamento del corridoio mediterraneo Ovest-Est consentirebbe un "abbassamento", o meglio un'estensione, a sud delle Alpi delle principali tendenze di sviluppo europee legate al sistema dei trasporti, che attualmente sono concentrate nelle regioni dell'Europa centro-settentrionale. In tal modo si

eviterebbe che le regioni della fascia mediterranea settentrionale vengano tagliate fuori dalle principali direttrici del traffico internazionale e, quindi, vedano ridurre le proprie opportunità di crescita economica, nonostante l'elevato potenziale che le caratterizza.

In questo senso, lo sviluppo del corridoio Ovest-Est a sud delle Alpi non deve porsi come alternativo o concorrenziale con quello già esistente e funzionante che scorre a nord delle Alpi; ma piuttosto deve collocarsi in una posizione complementare a quest'ultimo, contribuendo così a dare concretezza alla logica dei collegamenti a rete.

Proprio in quest'ottica, diventa prioritario il problema di eliminare gli "anelli mancanti" all'interno del sistema trasportistico europeo; in particolare:

è necessario che le infrastrutture di trasporto vengano potenziate e/o realizzate in modo da consentire lo sviluppo del trasporto combinato e dell'intermodalità in genere; pertanto, il corridoio Est-Ovest in questione deve essere concepito come corridoio multimodale o plurimodale.

le scelte relative all'Alta Velocità ferroviaria devono orientarsi verso soluzioni tecniche standardizzate, così da realizzare una rete integrata del servizio;


per la rete autostradale, che oggi in Europa rappresenta il sistema di trasporto ancora più sviluppato, occorre trovare soluzioni ad alcune delle sue principali carenze, soprattutto in termini di saturazione e congestionamento dei traffici.


In altri termini, gli "anelli mancanti" della rete di trasporto europea sono rappresentati da tutti i "vuoti" e le "strozzature" esistenti, sia nell'ambito delle singole modalità di trasporto (soprattutto strada e ferrovia), sia tra di esse (trasporto combinato strada-ferrovia-navigazione interna-mare, intermodalità).



La presenza di tali "vuoti" e "strozzature" impedisce evidentemente lo sviluppo di una rete trasportistica europea in forma integrata e rappresenta, di conseguenza, una causa della marginalizzazione di alcune aree.

È evidente che il Nord Italia, e in particolare la Padania, possano beneficare in larga misura delle potenzialità di sviluppo insite nella creazione del corridoio plurimodale Est-Ovest, soprattutto in considerazione della loro favorevole posizione geografica, collocata in un'area strategica di incrocio dei traffici in direzione Nord-Sud e di quelli in direzione Est-Ovest, e della possibile intensificazione dei contatti commerciali con l'Est europeo, non solo da parte italiana ma europea in generale.

Tuttavia è altrettanto evidente che, proprio per la strategicità del Nord Italia lungo la direttrice, la creazione del corridoio risulta subordinata alla soluzione di alcuni importanti nodi del territorio italiano direttamente interessato dal progetto.

Prima di elencarli, conviene però sottolineare un concetto centrale nella logica di tutta l'analisi effettuata: quando si parla di "corridoio" non si fa riferimento ad un percorso "lineare", con tracciato unico in direzione Est-Ovest; al contrario, il corridoio è rappresentato da una "fascia territoriale" all'interno della quale sono possibili anche spostamenti trasversali e/o in direzione Nord-Sud, benché l'asse di riferimento sia sempre quello Est-Ovest.

Ciò premesso, si comprende l'importanza di evidenziare i seguenti nodi problematici:

L'allacciamento al corridoio in territorio italiano sul versamento occidentale può avvenire tramite il collegamento con il nodo di Genova o con il nodo di Torino. Invece, sul versante orientale sono possibili tre diramazioni: dal nodo di Verona verso il Brennero, il Tirolo e la Baviera; dal nodo di Padova/Mestre verso Bologna e il Centro-Sud Italia, verso Udine-Tarvisio da/per ViennaBudapest-Ucraina-Russia, verso Trieste Villa Opicina da/per Lublijana, Zagabria, Belgrado, Sofia, Atene e i flussi di


merci movimentate dal sistema portuale Alto Adriatico (Chioggia, Venezia, Portogruaro, Monfalcone, Trieste).

In tutti i casi, non sembra che esista incompatibilità tra le varie soluzioni, data la definizione di corridoio come fascia e non come percorso lineare: infatti, è così possibile immaginare; ad ovest; un "quadrilatero" composto dai poli di Marsiglia, Lione, Genova e Torino, confluente verso l'area di Milano; mentre ad est, due "triangoli": a) Verona, Innsbruk, Monaco; b) Padova/Mestre, Vienna, Zagabria;

l'area milanese rappresenta un nodo cruciale per la confluenza dei traffici provenienti sia dalla direttrice Nord-Sud (valico del Gottardo), sia dalla direttrice Est-Ovest; ma questo congestionamento è in buona parte connesso al ritardo della modernizzazione del tunnel e delle linee ferroviarie sul versante Nord-Est, Brennero, Pontebbana e Villa Opicina, nonché alla storica assenza di un valido e moderno percorso ferroviario nel territorio veneto;

l'aereo porto della Malpensa e i suoi collegamenti con la rete infrastrutturale terrestre costituiscono un punto nodale all'interno del progetto Est-Ovest: infatti, la possibilità di disporre di un aeroporto intercontinentale, al servizio del Nord Italia e ben integrato con la rete ferroviaria regionale e locale in direzione della metropoli milanese, realizzerebbe un significativo guadagno di efficienza e competitività a livello internazionale. Contemporaneamente il livello raggiunto in questi ultimi anni dallo sviluppo economico-produttivo e dai traffici del Nord-Est richiede una diversa soluzione per quanto riguarda il trasporto merci via aereo, che attualmente confluisce tutto su Malpensa;

uno dei problemi maggiori connessi con la realizzazione del corridoio e, in generale, con lo sviluppo dei collegamenti internazionali della Padania è quello dei valichi; con riferimento specifico alla direttrice Est-Ovest e alle sue interconnessioni con l'asse Nord-Sud, è possibile individuare i seguenti punti critici:



il collegamento della Liguria con la regione francese Provence-Alpes-Cote d'Azur attraverso il valico del Gottardo, da valutare in considerazione delle posizioni svizzere connesse con lo sviluppo della rete ferroviaria Alp Transit; in questo ambito, di particolare importanza è il collegamento ferroviario di Milano con Lugano e Zurigo, verso la Germania;

il nuovo valico del Brennero, il cui decollo è peraltro attualmente ritardato a causa dello scarso interesse da parte tedesca;


non c'è alcuna incertezza circa i possibili sbocchi ad est del corridoio; le direttrici maggiormente interessate sono quelle di Cervignano-Tarvisio, per il quale esiste un ulteriore potenziamento della linea ferroviaria e, quella in direzione di Cervignano- Trieste;

infine, il potenziamento/coordinamento del sistema portuale; con particolare riferimento ai porti liguri (Genova-La Spezia), ed ai porti dell'Alto Adriatico (Ravenna-Chioggia-VeneziaPortogruaro-Monfalcone-Trieste). È indispensabile, allo scopo di sviluppare il trasporto combinato già attivatosi negli interporti di Padova-Verona-Bologna al fine di recuperare una maggiore competitività nei confronti del sistema portuale del Mare del Nord.


In questo senso va sviluppata una forte progettualità del cabotaggio marittimo interconnessa alla navigazione interna. Inoltre va recuperato un diverso ruolo della portualità adriatica, in quanto corridoio di mare che penetra nel centro Europa e, nell'altra direzione, più connesso con l'area del Mar Nero e dell'estremo Oriente via Suez, evitando la circumnavigazione dell'Africa.

Sulla base delle considerazioni precedenti, è possibile individuare una tendenza di fondo propria, oltre che del corridoio Est-Ovest

in particolare, anche di tutta la politica dei trasporti europea: l'integrazione tra i vari modi di trasporto e il conseguente sviluppo dell'intermodalità.

A questo proposito conviene sottolineare che l'integrazione tra il trasporto stradale, ferroviario, fluvio-marittimo e aereo deve essere considerata come uno strumento finalizzato ad aumentare, da una parte, l'efficienza di ogni singola modalità trasportistica, dall'altra, l'efficienza del sistema nel suo complesso, sia dal punto di vista della competitività sui costi, che della competitività sulla qualità dei servizi offerti.

In altri termini, integrare i vari modi di trasporto significa sfruttare al massimo le sinergie tra essi esistenti e, pertanto, dare più rilievo ai fattori di complementarietà che non a quelli di concorrenza, al fine di adeguare l'offerta agli stimoli provenienti dalla domanda. In tal modo, ogni singolo modo di trasporto potrebbe trovare all'interno del sistema integrato uno spazio opportuno allo sviluppo delle sue potenzialità, senza generare "effetti di spiazzamento" nei confronti di altri modi.

È questo, tuttavia, un rischio ancora attuale: per esempio, lo sviluppo dell'Alta Velocità ferroviaria può, in alcuni casi, "spiazzare" l'utilizzo del mezzo aereo, in quanto essa risulta in grado di coprire distanze elevate a costi relativamente inferiori, soprattutto su un territorio piuttosto limitato come quello europeo.

Per scongiurare tale pericolo è necessario creare all'interno del corridoio Est-Ovest strutture adeguate, già esistenti in molti poli dell'Europa centro-settentrionale: si tratta di particolari "piattaforma" che raccolgono su differenti piani la stazione aeroportuale; la stazione ferroviaria e la stazione metropolitana e che realizzano, quindi, oltre ad una efficiente integrazione ferrovia-aereo, anche un forte coordinamento tra il trasporto urbano e quello interurbano ed extraurbano.

Pertanto, l'obiettivo principale che non deve essere perso di vista nella realizzazione del corridoio Est-Ovest è quello di

promuovere l'integrazione in tutte le sue forme: integrazione tra le varie modalità di trasporto e integrazione tra i vari livelli di trasporto (internazionale, nazionale, regionale, locale, metropolitano), senza per questo generare dannose sovrapposizioni ma, al contrario, sviluppando le complementarietà.

È interessante osservare come sia possibile riscontrare 1a presenza di queste problematiche anche all'interno dei vari nodi geografici che caratterizzano il corridoio sul fronte italiano:

Il nodo di Milano: come accennato nelle pagine precedenti, il problema principale dell'area milanese è il suo mono-centrismo all'interno della Lombardia. Allo scopo di sviluppare il sistema regionale in forma policentrica e, quindi, di valorizzare quei poli che hanno raggiunto, probabilmente proprio grazie alla vicinanza del polo milanese, un peso economico di un certo rilievo, appare necessario:

sviluppare l'Alta Velocità ferroviaria sia "orizzontalmente" (TO-MI.VE) sia "verticalmente", in direzione dei valichi del Sempione e del Gottardo;
intensificare e velocizzare la rete del trasporto ferroviario regionale e locale: è rilevante a questo riguardo il completamento del passante ferroviario;
potenziare gli itinerari merci che aggirano il nodo urbano: l'itinerario medio-padano e la gronda nord o Pedemontana ferroviaria;
creare un interporto adatto a recepire i volumi di traffico che interessano l'area metropolitana (Segrate);
sollecitare la realizzazione del progetto "Mal pensa 2000".
/I nodo di Torino: per Torino il problema maggiore è quello di adeguare le reti di trasporto esistenti ai flussi di traffico nazionali e internazionali. n particolare, è necessario:
promuovere l'Alta Velocità ferroviaria Torino-Lione, potenziando il valico del Frejus, e Torino-Milano;
creare nell'area metropolitana un sistema di trasporto pubblico integrato (Fs, autolinee urbane ed extraurbane). 3) /I nodo di Genova: il problema principale è la congestione causata dai traffici provenienti dall'asse costiero e dal retroterra verso il porto

e dai traffici diretti verso Torino, Milano e il nord Europa.

I punti più rilevanti sono pertanto i seguenti:
promuovere l'Alta Velocità ferroviaria GE-MI e completare il raddoppio su Ventimiglia;
sviluppare l'asse Sempione-porti liguri;
garantire una maggiore integrazione tra area portuale e linee ferroviarie;
creare un quadrilatero di scorrimento tangenziale (lato Nord-lato Est-lato SudOvest) che realizzi itinerari ! stradali alternativi a quelli esistenti attraverso la città.
4) Il nodo di Verona: la particolare posizione geografica della città, strategica per i traffici verso sud e verso Nord-Est, fa di Verona un nodo centrale nella rete dei collegamenti nazionali/internazionali del nord Italia.
In particolare, gli aspetti più problematici sono:
il potenziamento dell'asse del Brennero e la realizzazione di una nuova galleria al valico per l'interconnessione con l'Alta Velocità tedesca;
il potenziamento dei collegamenti verso est, in cui assume carattere prioritario la soluzione della strozzatura Padova-Venezia. Urge il quadruplicamento dei binari ed il potenziamento dell'itinerario alternativo verso Trieste e Udine, lungo la Vicenza-Treviso-Portogruaro, anche in considerazione della necessità di dare uno sbocco ai traffici dei porti-interporti di Venezia-Chioggia-Padova.
Il nodo di Bologna: è un polo cruciale per il raccordo dei traffici in direzione Nord-Sud. I punti critici sono i seguenti:
l'Alta Velocità MI-BO-FI-Roma, la cui realizzazione è già, stata approvata;
il raddoppio della Verona-Bologna.
l'asse Brennero-porti liguri ed emiliani, attraverso il potenziamento della Pontremolese ed il collegamento ferroviario tra l'area parmense e l'area Veronese.
Il nodo di Padova/Venezia: è un polo nevralgico perché collocato su un punto strategico del corridoio mediterraneo Est-Ovest in quanto è qui che confluiscono le direttrici di Tarvisio e Villa Opicina e perciò buona parte dei traffici dell'Est Europeo verso l'Italia, il sud della Francia e la penisola iberica. I punti

critici sol)o i seguenti:
la linea ferroviaria Mestre/Padova è satura, urge il quadruplicamento anche in relazione allo sviluppo dell'Interporto di Padova; va inoltre potenziata la direttrice verso Milano e verso Bologna;
riconfermare la priorità del raddoppio della Pontebbana;
ristrutturare la stazione di Mestre realizzando binari passanti per favorire la marcia dei convogli provenienti dalle linee di Udine e Trieste;
collegamento ferroviario tra l'Interporto di Padova ed il Porto di Chioggia, utilizzando sedi ferroviarie secondarie (Adria) o dismesse (Piove di Sacco) e sviluppando a tal fine una connessione con il sistema di trasporto metropolitano regionale;
potenziamento della Padana Inferiore (Cremona-Mantova-Monselice-Padova);
potenziamento stradale e ferroviario della direttrice Adriatica (Romea) su cui grava buona parte del sistema portuale Alto Adriatico (Ancona-RavennaChioggia-Venezia).
Il nodo di Trieste: fondamentale punto di snodo per i traffici da/per l'Est europeo. Allo scopo di sviluppare la sua funzione di "ponte" per i collegamenti verso est, è necessario:
potenziare l'area portuale;
potenziare i collegamenti con Udine e Tarvisio, attraverso il raddoppio della Pontebbana;
potenziare le funzioni dello scalo ferroviario di Cervignano, prevedendo anche la interconnessione con la Litoranea Veneta, per i traffici idroviari provenienti dalla Lombardia, dall'Emilia Romagna, dal Triveneto e diretti verso l'Austria, l'Europa Danubiana, i Balcani, l'Ucraina, la Bielorussia e la Russia.
8) I nodi di Trento e di Bolzano: i problemi principali sono connessi con il potenziamento dell'asse del Brennero e con lo sviluppo, lungo di esso, del trasporto combinato.


Considerazioni conclusive
A questo punto, per concludere la presentazione del lavoro effettuato, appare conveniente accennare alle principali pressioni esistenti attorno alla realizzazione del corridoio plurimodale Est-

Ovest. Esistono indubbiamente pressioni di natura ambientale, connesse con l'esigenza di contenere i fattori inquinanti e di salvaguardare il paesaggio.
Al riguardo, la scelta di favorire la modalità ferroviaria rispetto a quella stradale; per realizzare un maggior equilibrio nella distribuzione dei traffici tra strada e rotaia, appare in sintonia con la politica anti-inquinamento; tuttavia, la costruzione di nuove infrastrutture (per esempio quelle connesse all'Alta Velocità ferroviaria) viene spesso osteggiata in considerazione della limitatezza del territorio "libero" di cui ancora dispone il nord Italia, mentre viene preferito il potenziamento delle infrastrutture esistenti.

Questa problematica è particolarmente sentita nell'area orientale del corridoio e soprattutto nella Regione Veneto. Infatti, il policentrismo e la diffusa urbanizzazione che caratterizzano il territorio rendono difficile il suo attraversamento da parte di infrastrutture ferroviarie ad Alta Velocità e rendono pertanto necessarie soluzioni diverse da quelle potenzialmente valide per la Lombardia o il Piemonte.
Del resto, bisogna anche considerare che proprio le aree orientali della Padania sono oggi quelle più dinamiche dal punto di vista del sistema produttivo: esse, quindi, non possono rinunciare ad adeguare le proprie infrastrutture di trasporto alla crescita dei volumi di traffico, ma devono comunque provvedere alloro potenziamento, anche con soluzioni specifiche.

Un altro aspetto estremamente importante che alimenta l'interesse attorno alla realizzazione del corridoio è quello relativo al trasporto ferroviario delle merci. Lo sviluppo del trasporto combinato e la ricerca di itinerari alternativi per le merci rappresentano i punti nodali del problema: come accennato precedentemente, il potenziamento dell'itinerario medio-padano e della gronda nord consentirebbero l'aggiramento del nodo di Milano, con notevoli guadagni in termini di efficienza del servizio.
Ma anche i grandi itinerari internazionali, che attraversano principalmente i valichi del Sempione, del Gottardo e del Brennero, consentirebbero un notevole miglioramento del

servizio offerto, grazie allo sviluppo del trasporto combinato.
È evidente che la realizzazione del corridoio plurimodale Est-Ovest porterebbe notevoli vantaggi alle regioni della Padania, soprattutto in termini di nuove opportunità economiche per le imprese localizzate nell'area; tuttavia, anche le aree più periferiche potrebbero beneficiarie delle positive ripercussioni generate dal corridoio, in quanto la loro attuale "marginalità" verrebbe attenuata grazie all'esistenza di una rete di trasporto integrato.

Infatti, regioni come la Liguria, il Trentino Alto Adige, la Valle d'Aosta e la stessa Sardegna, oggi inevitabilmente periferiche rispetto ai flussi di traffico internazionale e, quindi, anche relativamente svantaggiate dal punto di vista dello sviluppo del sistema produttivo locale, potrebbero sfruttare la loro posizione come punto di partenza per i contatti del corridoio con il "resto del mondo".

Infine, conviene sottolineare un ultimo aspetto, con riferimento alla capacità progettuale dei soggetti interessati al corridoio Est-Ovest. Esaminando i vari piani regionali dei trasporti, ci si sorprende della ricchezza di proposte e progetti che ogni Regione avanza relativamente all'area territoriale di sua competenza.

Tuttavia, nell'ottica del corridoio e, quindi, della realizzazione e/o potenziamento di grandi infrastrutture, non si
può prescindere dal considerare due vincoli di diversa natura:
le risorse finanziarie: per la realizzazione delle opere di infrastrutture previste, sono necessarie ingenti risorse il cui reperimento deve avvenire sia nella sfera pubblica che nella sfera privata.
La collaborazione pubblico-privato si rivela un importante fattore "moltiplicativo" delle risorse esistenti e pertanto indispensabile alla concreta attuazione dei progetti elaborati;
la cooperazione interregionale: ogni singola regione deve impostare la propria attività di programmazione in ambito trasportistico tenendo conto, oltre che delle proprie specifiche esigenze, anche della dimensione extra regionale in cui le


infrastrutture vanno a collocarsi.

Alcuni progetti possono essere realizzati soltanto congiuntamente, in quanto coinvolgono il territorio di più regioni o aree regionali; ma anche i progetti di rilevanza più strettamente locale-regionale devono comunque seguire la logica del corridoio, ovvero la logica dell'integrazione. Cooperare diventa oggi; più che in passato, una condizione per competere.

§
Ritorna alla Home Page
Vai alla pagina seguente

Nessun commento: